16 - La porta sul retro

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Il nuovo venuto aveva tutt'altro atteggiamento rispetto al barista. Sembrava a suo agio a parlare con una ragazzina vestita di modo sgargiante e circonfusa di luce, quasi divertito. La sciarpa però nascondeva il suo volto in maniera inquietante, tanto che i suoi occhi sembravano avere qualcosa di bizzarro.

 Sylvia non mostrava alcun sospetto riguardo il tizio, le interessava solo aver trovato qualcuno che volesse ascoltarla. Andò verso di lui e gli mise la foto sotto il naso. «Noi stiamo cercando lei.»

L'uomo guardò l'immagine con attenzione, si piegò anche un po' in avanti, per osservarla attentamente. «Questo complica le cose. Però è solo un motivo in più per muoverci via di qui al più presto.»

«Per quale motivo dovremmo darti retta?»

L'uomo si abbassò la sciarpa. La pelle del suo volto era scura, ma di un'oscurità tendente al blu che poteva ricordare l'ossidiana o una qualche altra roccia vulcanica. La sua bocca era incredibilmente larga, andava quasi da orecchio a orecchio, armata con una chiostra di denti azzurri in mezzo a cui si muoveva una lingua sottile. «Questo non è per fidarti di me, naturalmente, ma per dirti che sei sulla strada giusta.»

Lo scettro di Azure Foxtrot prese a brillare. «Ghoul!»

«Probabilmente puoi distruggermi con un colpo, chiunque tu sia. Ma poi ti ritroverai ad avere a che fare con le altre maghette e mi sembra chiaro che non stai giocando nella loro stessa squadra. L'alternativa è seguirmi e sentire cosa ho da dire.»

«Seguirti? E dovrei fidarmi di te?»

Il mostro indicò il barista, sfoderando una mano che era un artiglio con lunghe unghie appuntite. «Hai sentito lui? Non siamo nemici.»

«Dovrei abbassare la guardia perché l'ha detto lui?»

In quel momento entrò un cliente. Con la coda dell'occhio, nel vederlo aprire la porta, a Francis era sembrato un normale avventore di mezz'età, ma quando fu dentro fu come se quell'immagine si sciogliesse, lasciando emergere quella di un pupazzo di plastica bianca come quelli creati da White Bishop, solo grande come una persona. Aveva in mano un qualche tipo di arma, ma prima che potesse sparare, Azure gli rivolse contro la sua onda di energia, spazzandolo via.

«Sai come funziona White.» spiegò sempre sicuro di sé il ghoul. «Ne arriveranno altri. Molti altri.»

Francis guardò fuori dalle vetrate del locale, gli pareva di vedere delle persone, persone che sembravano persone solo finché non gli puntavi direttamente gli occhi addosso. Se provavi a guardarli con attenzione la loro figura si faceva sfocata e sotto il loro profilo si intuiva qualcos'altro. «Sylvia.» disse «Se esiste una possibilità di evitare un'altra battaglia su larga scala in pieno giorno sfruttiamola.»

«Andare con lui?»

«Devi dirmi tu se possiamo. Io fino a cinque minuti fa nemmeno sapevo parlassero!»

Francis non poteva giudicare la creatura che avevano davanti, la sua presenza aveva aumentato ulteriormente la sua confusione, se possibile. Per lo meno, fino a poco prima, i mostri erano  mostri e le ragazzine erano ragazzine. La guerra contro i ghoul non gli era sembrata così terribile finché si era figurato i ghoul solo come delle creature affamate e violente che assalivano tutto quello che si muoveva. L'individuo che era apparso nel bar invece sembrava significare che anche i ghoul avessero un qualche tipo di società, che fossero razionali, li avvicinava alla razza umana. Erano completamente neri, avevano bocche di squalo e occhi privi di emozioni e a volte artigli al posto delle mani, ma non erano troppo diversi dalla razza umana. Era l'ennesima cosa complicata da accettare.

La porta si aprì, le marionette di White Bishop si stavano spintonando per attraversarla e presto sarebbero sciamate dentro. Per quanto fragili, impossibile fermarle tutte. «Portaci via.» disse Sylvia d'istinto. Anche la bilancia della fiducia della maghetta appariva completamente dissestata, per anni si era fidata di persone che avevano provato a ucciderla e ora si trovava a chiedere aiuto al suo nemico giurato.

«Venite.» disse il ghoul. Aprì la porta della cucina e li invitò a oltrepassarla. Azure Foxtrot prese per mano Francis e lo trascinò con sé mentre saette di energia cominciavano a scaturire dalle armi delle marionette. Francis lasciò che Sylvia lo tirasse, trasformata aveva forza sufficiente a trasportarlo di peso quindi si limitò a non opporsi mentre se lo portava dietro. Al massimo abbassò la testa mentre i lampi di luce andavano a schiantarsi contro i muri.

Varcarono la porta, ma dove avrebbe dovuto esserci la cucina del Rabbit Café c'era solo buio, un buio completo che si estendeva in tutte le direzioni. Sotto i loro piedi, Sylvia e Francis sentivano un pavimento, un pavimento liscio quasi fosse di vetro, ma che non potevano vedere a causa delle tenebre. Dopo un momento il buio perfetto si incrinò, finalmente qualcosa si accese, una cornice di piccole luci violacee sospese a mezz'aria. Le luci definivano il perimetro di una stanza e una loro interruzione sembrava indicare una porta, che dava su un corridoio illuminato alla stessa maniera.

Dietro di loro il ghoul si era tolto tutti i vestiti, ora appariva mostruoso come gli altri che li avevano attaccati sull'autostrada, il corpo scuro tutto spigoli, gli artigli, le gambe deformi da predatore, il viso adunco tutto denti, naso aguzzo e occhi rossi. «Benvenuti in The Box.» disse ghignando.

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