«Ti senti meglio?» Domanda accarezzandomi le guance rosse dal pianto.
Annuisco.
«Vuoi ritornare a casa?»
Annuisco.
«Sai che non ti lascerò sola.»
Continuo ad annuire con un sorriso più profondo.Mi ero sentita mentita, ma sopratutto umiliata davanti a molta gente.
Ma ora sono qui, insieme a lui, nella sua macchina, che ci dirigiamo nel mio piccolissimo appartamento vicino al collage.
Mentre guida Vincent, tiene fissa una sua mano sulla mia coscia, e con il pollice ne accarezza la superficie.Non ci potevo credere che, minuti prima, esso stava piangendo.
Be', è una cosa che non fa mai.
Ma sopratutto ha pianto perché aveva paura di perdermi, se non credevo a cosa mi ha detto nel tragitto.
Ma, ha detto che la maggior parte di cose, me le dirà quando siamo arrivati a casa mia.Siamo arrivati sotto al mio palazzo.
Ci dirigiamo nell'ascensore, e clicco il numero sette.Nel frattempo che aspettiamo che l'ascensore arrivi al settimo piano, lui mi prende per il polso e mi stringe a se, appoggiando una mano sulla mia testa che svolge una leggera pressione, per far sì che si appoggi al suo torace.
E con il braccio mi avvolge il giro vita.«Non ti mentirò mai.» Dice, mentre ha il suo mento appoggiato sulla mia testa.
Arriviamo al mio piano.
Dopo tre porte d'ingresso affianco l'ascensore, c'è il mio appartamento.
Sfilo le chiavi nella borsa, e apro la porta.Il mio appartamento non è chi sa che.
Subito dopo la porta d'ingresso, si trova un soggiorno, è una cucina.
A destra c'è la porta del bagno, e sinistra la porta di camera mia.
Il mio soggiorno è arredato da un divano tre piazze, una TV su un mobiletto, un tavolo di vetro, con quattro sedie, ricoperte di pelle finta nera.
La cucina, che si trova nella stessa stanza del soggiorno, è arredata da una piccola cucina beige.«Questo è il mio appartamento.»
Non è mai venuto nel mio appartamento.
Be', io non volevo che venisse nel mio appartamento, essendo piccolo, e pensavo che lui poi pensasse che ero una sfigata a vivere in quel posto.
Invece la sua reazione è tutt'altro: «Bello.», «Caldo, e accogliente.» Prosegue.
«Prima di entrare però, levati le scarpe.» Dico, mentre mi mantengo alla stipite della porta, per sfilarmi i tacchi.«Hai fame?» Mi domanda.
«Be', la domanda dovrei farla io a te.»
«Mi porta sapere solo se tu hai fame, di me non m'importa.»
«No.»
«D'accordo. Cosa hai in frigo?» Domanda dirigendosi al frigo.
«Niente.»
«Ma dai è impossib-» Si ferma subito dopo averlo aperto. «Ah.»
«Te l'ho detto. Oramai vivo a casa tua in poche parole.»
«Giusto.». Dice ridacchiando, per poi girarsi.
«Però, ho qualche tisana, e un pacco di biscotti nuovo.»
«Meglio di niente.» Dice aprendo qualche mobile, anch'essi vuoti.
«È quello in basso, sotto il lavello.» Dico ridacchiando.
«Molto gentile, grazie.»
Lo vedo da lontano, mentre io sono seduta a gambe incrociate sul divano, e lui, e lì in cucina, che prepara la tisana.
Mette l'acqua nelle tazze, e subito dopo le infila nel microonde.
Afferra i biscotti, e si dirige verso il soggiorno, laddove mi trovo.
Abbassa delicatamente il busto, e appoggia i biscotti sul tavolino.
Subito dopo si siede affianco a me, afferrandomi i fianchi, facendomi sedere su di lui.
Ci troviamo faccia a faccia, naso contro naso, con le labbra che si sfiorano.
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Il mio satellite
RomanceLuna Anderson, una ragazza di 17 anni nata a New York. Vive con sua nonna Anna,in una casa in Canada, da quando aveva 12 anni dopo la morte di sua mamma Selena. Il padre? Beh un vero e propio padre per lei non c'è stato. Abbandonata da suo padre all...