8. Diamoci un taglio

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[Papà] [Sabato pomeriggio 11/05/2019]

Il resto della mattina è trascorso in un battibaleno. Mi sono ricongiunto a mia moglie, alla quale ho spiegato brevemente il senso delle sculacciate date al piccolo, per poi riprendere le faccende domestiche, i preparativi per domani, gli abiti, nostri e dei ragazzi... poi ho portato l'auto a un veloce controllo e rifornimento, ci attende un viaggetto di due ore circa, prima di raggiungere il paese dei miei suoceri.

Finito di pranzare, il pomeriggio si presenta subito denso di cose da fare. Sorseggio la mia tazzona di caffè e penso alla scaletta degli impegni di oggi pomeriggio: lasciare i tre al luogo d'incontro con Mattia alle 16.00, per prelevarli un'oretta più tardi, quindi portarli dal barbiere – ecco, ho procrastinato finché mi è rimasto veramente l'ultimo giorno per farlo – ma prima è meglio che riporto a casa Giulietto, altrimenti è un casino tenerli buoni tutti e tre dal barbiere. E poi... la sculacciata di Marco. Meglio farlo subito, appena tornati a casa dal barbiere, così avrà il resto del pomeriggio e della serata per riprendersi.

"E daiii ti muoviiii!", sento esclamare in corridoio, anzi, viene dalla camera di Riccardo, l'inconfondibile voce di Luca. "Giulio dai!"

"Un attimo, che palle che sei!", sbotta il piccolino, sboccato come ogni volta che pensa di non farsi sentire da me. Apro la porta e li sorprendo: Riccardo sta steso sul letto, il cellulare in mano, visibilmente infastidito dai fratelli, il piccolo si sta mettendo le scarpe, seduto sul suo letto, mentre Luca sta in piedi, dandomi le spalle. Luca è impaziente di uscire e, come al solito, mette fretta al fratellino.

"Dov'è Marco?", domando.

"In bagno, si sta lavando i denti", risponde Luca, senza voltarsi. "Oh, finalmente!", commenta, mentre il piccolo si rimette in piedi, le scarpe finalmente allacciate.

"La prossima volta, invece di lamentarti, dagli una mano", lo rimprovero.

"Non ho bisogno di una mano!", prontamente replica Giulietto, rifiutando l'aiuto – non offerto – del fratello e scansando l'immagine del bambino che non sa allacciarsi le scarpe da solo.

"Muoviamoci, dai", taglio corto. Usciamo nel corridoio e nel mentre sopraggiunge Marco, di ritorno dal bagno, già vestito: jeans, camicia a scacchi rossa e nera, aperta su una maglietta con il logo di un videogioco. "Bene, anche tu sei pronto, forza, andiamo". I tre ragazzini mi seguono diligenti, mentre faccio strada verso la porta d'ingresso. "Mi raccomando, voi due", mi volto, la porta appena aperta, verso i gemelli, "fate partecipare anche vostro fratello al gioco".

"Sììì", recitano in coro, scocciati.

"E tu comportati bene", dico infine al piccolo, che ripete la stessa identica espressione dei fratelli. Bene, ora possiamo andare.

* * *

Più tardi...

Il pomeriggio mi scivola via come sabbia tra le dita. Alle quattro ho lasciato i tre monelli, Mattia non era ancora arrivato. Ho atteso qualche minuto, anche se Luca insisteva a farmi andare via, così ho controllato il posto: un locale al pian terreno di un normale edificio, due vetrate che danno su una saletta d'ingresso decorata di oggetti d'arredo e locandine di genere misto: fantastico, horror, noir... le sale di gioco, a quanto ho appreso, stanno in fondo, non ho potuto entrare e vedere, ma all'ingresso stava un ragazzo che mi ha rassicurato. Finito il turno precedente ho visto uscire un gruppo di adolescenti, che aveva giocato in una sala, e una famiglia con quattro bambini da un'altra saletta. Allora è proprio come mi hanno assicurato, è un gioco anche per bambini. La difficoltà sta solo negli enigmi e quello, insomma, è il bello del gioco. Se si divertono così, tanto meglio. Almeno mettono in moto un po' di materia grigia.

Le nuove regole di papà (vol. 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora