54. In punizione

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[Papà] [Lunedì mattina 10/06/2019]

Sono al secondo caffè della mattina. Certo, ammesso si possa chiamare caffè, questo della macchinetta in sala docenti. Pure questa macchinetta non ne può più. Ti sputa con lentezza quel poco di finto caffè che le è rimasto in corpo, la ditta ormai nemmeno manda più il ragazzo a rifornirla, lo sanno pure loro che la scuola è finita.

E infatti, eccomi qua. Alcune classi sono totalmente assenti. In altre, due, tre presenti sono stati abbinati ad altri reduci. Della mia classe terza preferita, son presenti in quattro. Pure Samu, con il suo gruppetto, si è concesso un giorno di riposo; gli altri sono stati abbinati a un'altra terza e assegnati al collega di scienze. Mi ritrovo così libero per un'ora, e annoiato.

Mando giù il caffè, dissimulando una smorfia, lancio il bicchierino di plastica nel bidoncino della spazzatura, schiacciato all'angolo tra la macchinetta e la fila di armadietti personali, poi faccio qualche passo verso il centro della sala. L'ambiente è calmo e silenzioso, con poche persone sparse qua e là. Alcuni colleghi sono intenti a sfogliare annoiati libri o riviste, mentre altri si scambiano qualche battuta scherzosa. È un momento di pausa, un respiro profondo prima della fine dell'anno scolastico.

Ho caldo e ho già la camicia appiccicata alla schiena sudata, e sono solo le dieci.

Mi sposto verso uno degli angoli più tranquilli della sala, dove una finestra offre una vista piacevole del cortile della scuola. Le tende sono socchiuse, permettendo solo un sottile filtraggio di luce solare. Al di fuori, le foglie degli alberi ondeggiano dolcemente al vento, creando una danza delicata e rilassante. Giù, al campetto da calcio, un gruppo di ragazzi gioca a pallone, mentre le ragazze si accalcano attorno la giovane professoressa di educazione fisica. A un certo punto, prima uno, poi un altro, i ragazzi, accaldati e sudati, lanciano via le magliette, restano a petto nudo, giocando come nulla fosse. Osservo la scena con un sorriso: la collega si accorge della situazione solo perché le ragazze non riescono a camuffare il loro interesse, i sorrisi maliziosi, gli sguardi di complicità, le risatine, finché ecco che la prof si volta e lancia un rimprovero ai ragazzi smaliziati, che si affrettano a rivestirsi.

Mi allontano dalla finestra, un gesto automatico, inconscio, mi porta a prendere il telefonino dalla tasca, quando sono a scuola tendo a ignorarlo, mi dà un fastidio intollerabile essere interrotto mentre spiego o comunque faccio lezione, così lo tengo spesso in modalità silenziosa, anche se rischio di perdermi notifiche in diretta dal registro elettronico dei ragazzi, ormai, però, non ci possono essere sorprese.

Be', stamattina c'è stata un po' di tempesta. Ormai mi sono abituato all'idea che sia mia moglie a svegliare e portare i ragazzi a scuola, così all'inizio nemmeno li avevo sentiti litigare, stavo ancora a letto, ma poi hanno alzato la voce e mi sono destato dal dormiveglia, mi sono precipitato fuori, in corridoio, ritrovandomi colpito dalla luce diretta che entrava dal bagno, spalancato, nonché dalle finestre delle camere dei ragazzi, e dalle urla di Luca, seguite da quelle di mia moglie.

Al solito, ho pensato. Capricci per andare a scuola... e sì che è quasi la fine. Domani dai gemelli faranno la festa di fine anno, in classe, al posto delle lezioni, così anche da Giulietto. E di pomeriggio il saggio di musica... e insomma, ho creduto fosse quello, la solita discussione, Luca che cerca di convincere mia moglie a non mandarli a scuola, Marco che spinge avanti il fratello ma non si espone, e invece no, c'era un'altra e solida motivazione, Luca perdeva tempo perché cercava qualcosa (ancora non ho capito cosa fosse) e non riusciva a trovarla, mia moglie lo sgridava mentre lo inseguiva, lui insisteva fosse in un posto, mia moglie ribatteva che aveva già controllato, insomma, li ho lasciati perdere e mi sono chiuso in bagno.

Quando ne sono riemerso, è scoppiata un'altra emergenza. E stavolta il copione è stato rispettato in pieno: il piccolo faceva i capricci per non andare a scuola, lamentando che si sarebbe annoiato, che aveva sonno, che ci sarebbe andato domani, per la festa e poi il saggio, e che un giorno poteva anche concederglielo. Mia moglie non ha nemmeno provato a usare l'ovvio e sempre valido argomento – non possiamo lasciarlo a casa da solo, avremmo dovuto portarlo dai miei genitori, avvisandoli prima – e ha incautamente fatto ricorso a un argomento che è finito col gettare benzina sul fuoco. "Certo, questo perché ieri sei riuscito ad andare a letto oltre il tuo orario, ti pare che non lo so, e questo è il risultato!"

Le nuove regole di papà (vol. 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora