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Sono in classe ad aspettare Nicholas per le due ore che dobbiamo passare insieme. Ho già unito i banchi e la mia impazienza mi fa camminare avanti e indietro per l'aula.
Sono impaziente di vederlo e soprattutto di chiarire con lui quello che mi ha detto il preside.
Vengo buttata giù dalle nuvole da un dito che mi tocca la spalla.
<<Finito di fare la trottola? >> il suono della sua voce mi giunge alle orecchie e mi giro a guardarlo. Sembra stanco e i capelli corvini sono come sempre in disordine.
<<Non hai nulla da dirmi? >> chiedo con un tono un po troppo accusatorio.
Lui mi guarda perplesso prima di sedersi e iniziare a girarsi la solita sigaretta di routine.
<<Allora?>> ripeto trattenendomi senza sembrare isterica.
<<Non so di cosa tu stia parlando>> risponde secco lanciandomi un'occhiata prima di concentrarsi di nuovo sulla cartina che tiene tra le dita.
<<Il preside oggi mi ha detto che i tuoi professori non vedono miglioramenti nel tuo studio, anche se non è vero dato i compiti perfetti che mi porti ogni giorno, e ha pure detto che se entro un mese non vedrà dei risultati ti assegnerà un insegnante di recupero>> dico tutto d'un fiato e poi continuo
<<Non capisco, rubi i compiti a qualcuno oppure cosa? Perché se fosse così sappi che mi sentirei offesa per essere stata presa in giro da te per settimane credendo fossero tuoi>>
Lui mi fissa con sguardo curioso mentre sta al passo con le mie parole sparate alla velocità della luce per il nervoso.
<<Finito?>> mi domanda semplicemente dopo che mi son seduta accanto a lui poggiando la testa tra le mani.
<<Si... >> rispondo mentre mi stacco le mani dalla faccia e le osservo attendendo una risposta.
<<Non rubo a nessuno i compiti. I miglioramenti non ci sono perché non li porto in classe>>
Lo guardo perplessa mentre lui con tutta tranquillità lecca la cartina per chiudersi la sigaretta.
<<Cosa? E perché mai non glieli porti? Sono perfetti>>
<<Li porto a te>> alza le spalle e mi guarda a sua volta.
<<A me? Io non sono un'insegnante, devi mostrarli pure a loro per far vedere che le cose le sai>>
<<Ti dispiace di più che il preside non veda miglioramenti o stai facendo tutto questo trambusto perché se non li mostro entro un mese non mi farai tu le lezioni? >> sul suo viso appare un sorrisetto e sento il calore divampare sulle guance. Poso gli occhi di nuovo sulle mie mani e giocherello con le maniche della felpa.
<<Oppure, non vuoi far brutta figura con lui>> domanda riferendosi al preside.
Poso gli occhi di nuovo su di lui e quasi non gli tiro un pugno per questa domanda.
<<Non m'interessa niente della figura col preside, semplicemente non voglio che ti prendano per stupido>> Rispondo convinta delle mie parole ma sembra un po deluso dalla risposta
<<E anche perché mi fa piacere essere io a farti le lezioni. Mi piace passare queste due ore con te>> aggiungo infine abbassondo lo sguardo.
Che imbarazzo, perché gliel'ho detto? Adesso sembrerà che mi ci son affezionata e lui non sembra un tipo da ricambiare.
<<Va bene>> risponde e sento il mio braccio essere colpito leggermente da qualcosa.
Guardo nella sua direzione e lo vedo con un quaderno in mano mentre aspetta che io lo prenda, e così faccio.
<<Li mostrerò anche in classe se ti fa piacere, anche se non m'interessa particolarmente l'opinione che hanno di me>> Aggiunge infine spaparanzandosi sulla sedia.
Sorrido più tranquilla da questa sua affermazione e inizio a sfogliare le pagine in cerca dei suoi compiti come sempre in ordine ed eseguiti perfettamente.
<<Mi domando se prima o poi ci troverò un errore>> mormoro mentre richiudo il quaderno e lo appoggio sul banco.

Le due ore passano velocemente, troppo oserei dire. Mi stiracchio sulla sedia per poi alzarmi ed uscire col moro dietro di me.
Nessuno dei due dice niente ma non sembra uno di quei silenzi imbarazzanti. Semplicemente camminiamo l'uno di fianco all'altra godendoci il silenzioso corridoio e i rumori degli alberi all'esterno. Qualche uccellino cinguetta e i passi dei nostri piedi accompagnano le loro melodie.
Arriviamo al portone e sento un po una tristezza avvolgermi. Ogni volta che il tempo con lui passa così velocemente e dobbiamo salutarci mi sento un po triste.
<<Ciao>> cado dalle nuvole quando sento la sua voce e lo vedo incamminarsi alla macchina della polizia.
Lo seguo con lo sguardo finché non è salito e prima che la macchina parta vedo che mi guarda pure lui dal finestrino.

Tornata a casa passo il pomeriggio insieme alla nonna.
<<Ti vedo più felice del solito. È successo qualcosa>> mi domanda e io alzo la testa dalla sua spalla per guardarla interrogativa.
<<Hai avuto una bella giornata? >> richiede mentre io mi riappoggio a lei accoccolandomi al suo braccio
<<Si>> non voglio entrare nei dettagli e la ringrazio mentalmente che non insista.
La guardo smanettare ai ferri con la lana color mogano attorcigliata alle dita. Vengo rapita dai suoi movimenti veloci e precisi.
<<È una sciarpa? >> domando fissando ancora le sue mani
<<Un maglione>> risponde dolcemente e io chiudo gli occhi per sentire il suono del suo smaneggiare ma il mio relax finisce quando il bussare alla porta ci fa girare entrambe.
<<Vado io>> dico alzandomi dal divano, un po controvoglia.
Vado verso l'entrata e apro la porta ritrovandomi Simon d'avanti.
Mi saluta con la mano prima di sorpassarmi ed entrare in casa come se fosse sua.
Lo sento salutare la nonna e poi dirigersi verso camera mia, dove lo seguo subito dopo.
<<Che stanchezza>> dice mentre si butta sul mio letto dopo essersi tolto le scarpe
<<Perché? Cos'hai fatto? >>
<<Niente>>
Alzo gli occhi al cielo sorridendo e andandomi a sedere di fianco a lui.
<<Davvero non vuoi venire alla festa? >>
<<Davvero>>
Mi stendo di fianco a lui ed entrambi fissiamo il soffito.
Passano alcuni minuti e noi rimaniamo nella stessa posizione senza dire nulla, entrambi pensierosi.
Adoro la nostra amicizia anche per questo. Per i piccoli momenti di silenzio che ci concediamo insieme senza dover parlare per forza.

Il Silenzio Della NotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora