Capitolo 6

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Nonostante l'appuntamento con Vascolaro sia per le undici mi sono svegliata molto presto oggi. Non riuscivo più a dormire, ho bisogno di prepararmi con calma. Voglio fare una buona impressione già al nostro primo incontro. Ieri ho finito di leggere il suo ultimo libro e ho tantissime domande alle quali non sono riuscita a dare delle risposte. Dovrò tentare di introdurre l'argomento così da porle direttamente a lui. Sicuramente parleremo di cosa ha scritto in precedenza per capire cosa, invece, adesso si aspetta da questa nuova, nostra, collaborazione. Indosso il completo grigio antracite, una camicia bianca con ruches, raccolgo i capelli in uno chignon alto, lasciando cadere qualche ciocca sparsa. Do un'ultima occhiata alla mia immagine riflessa nello specchio mentre indosso il cappotto. Le décolleté che ho scelto hanno il tacco non troppo alto, non volevo esagerare ma mi slanciano ugualmente, devo dare l'impressione di una professionista seria ma non altezzosa. Afferro la borsa ed esco. Sono ancora le nove ma voglio passare prima dall'ufficio, ho bisogno di altri documenti.

I fiori sono ancora bellissimi e risplendono sotto il raggio di sole che li illumina attraversando la finestra, sorrido e accendo il Mac. Stampo tutto il necessario e lo ripongo ordinatamente in una carpetta che infilo nella mia borsa, oggi più pesante che mai, tra iPad, libri e documenti vari.
Saluto Anna che mi strizza l'occhio 

« in bocca al lupo» 

« viva il lupo» 

le rispondo ed esco. 


Sul mio solito Uber, sto raggiungendo lo studio del Dottor Belilli Vascolaro, la metro non arriva così vicino al suo indirizzo, avrei dovuto camminare molto e con il vento gelido di stamattina non sarebbe stato piacevole. Non so davvero cosa aspettarmi ma sono sicuramente entusiasta, ho letto tutti e tre i suoi libri durante questa settimana e sono curiosa di scoprire cosa sta scrivendo al momento. Spero solo che non mi faccia aspettare molto, visto che ci vedremo allo studio dove sicuramente riceve anche i suoi pazienti. L'auto si ferma davanti ad una palazzo signorile con un cortile pieno di alberi, siamo vicini a Villa Borghese, al Pinciano direi, credo si chiami così il quartiere, chiedo conferma all'autista che col suo proverbiale accento risponde di si, aggiunge che siamo in uno dei quartieri più antichi.

Suono il citofono e dopo qualche istante una voce di donna chiede chi è, 

« sono la dottoressa Augusti della Ca» 

« Si, certo, terzo piano, si accomodi» 

mi dice senza farmi finire la frase. Attraverso il cortile, curatissimo, la luce del sole rischiara tutti i fiori e le piante che si trovano nelle aiuole. Il portiere mi saluta indicandomi la scala. Chiamarla così credo possa definirsi un eufemismo, infatti, davanti a me si erge maestosa una immensa scalinata di marmo e, nonostante speri di trovarlo in un angolo, non esiste, ovviamente, ascensore in questo genere di palazzi, per fortuna sono allenata e malgrado i tacchi arriverò in cima senza il fiato corto. Inizio a salire. Dopo le prime rampe però penso che sarebbe stato meglio che lo studio si trovasse al primo piano e non al terzo che per inciso è l'attico di questo palazzo e con questi gradini così alti è quasi come salire al sesto piano di un palazzo moderno. Finalmente intravedo la porta, mi fermo sul pianerottolo per riprendere fiato, anche se non poi così tanto e a darmi una sistemata, alzo lo sguardo e una telecamera mi sta osservando, uffa, avrei dovuto accorgermene prima, pazienza, suono il campanello e pochi istanti dopo una signora sulla sessantina mi accoglie 

« Benvenuta dottoressa, prego si accomodi» 

dice e si sposta di lato per lasciarmi entrare.

Rimango stupita per un momento. Un ampia stanza si apre ai miei occhi, tutte le pareti sono rivestite da mensole dallo stile super moderno e sono colme di libri, al centro un tappeto persiano immenso e sopra una scrivania di fine ottocento, addobbata però con un Mac di ultima generazione. Nel lato destro della sala tre poltroncine di pelle e dal soffitto, altissimo, a volta ricoperto da stupendi affreschi raffiguranti angeli, scende al centro un lampadario a forma di gabbia per uccelli ma che all'interno racchiude non so quante piccolissime lampadine che riscaldano l'ambiente con la loro luce calda. 

Quando il cielo non bastavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora