Capitolo 10

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Come sempre credo di aver esagerato con il bagaglio, si sono una donna, lo so, porto sempre cose che molto probabilmente non metterò mai, ma, in particolare io, ho questa fissazione di aver sempre tutto per un eventuale imprevisto, non si sa mai.

Si, adesso sono sicura di avere esagerato guardando il suo mini trolley perfetto, è in piedi accanto al binario, lo guardo mentre mi avvicino, indossa una delle sue solite giacche di velluto e il dolce vita abbinato, il cappotto in mano, non deve soffrire assolutamente il freddo o forse sono io che ancora non riesco ad abituarmi a queste temperature, sono completamente avvolta nel mio cappotto di cachemire e la mia sciarpa versione mantello mi avvolge completamente fino quasi agli occhi, sono anche le otto del mattino e il sole ancora non splende alto nel cielo.

Lui si volta un attimo prima che io lo raggiunga, indossa gli occhiali da sole e mi sorride, può un uomo essere così sexy, anche se completamente vestito, i suoi capelli sono mossi da una leggera corrente e io, sto iniziando a sentire caldo.

« Buongiorno Aurora»

abbassa la testa guardando il mio bagagli e sorride, alzo gli occhi al cielo

« donne»

dice in maniera sarcastica

« c'è l'iPad dentro»

dico cercando di giustificarmi

« ah beh certo, allora è quello che prende tutto lo spazio»

lo ignoro e mi dirigo verso il treno, mi raggiunge togliendomi la valigia dalle mani per poi poggiarla sul vagone e porgermi la mano per aiutarmi a salire

« grazie, non c'è bisogno»

« lo so che ce la fai, ma volevo.»

Afferro la sua mano e salgo, troviamo i nostri posti, uno di fronte l'altro nel vagone di prima classe. Solo un piccolo tavolino tra noi, sistema le valigie nella cappelliera, intanto io inizio a spogliarmi, adagiando cappotto e sciarpa accanto a me, nella poltrona, alzo lo sguardo e lo trovo che mi sta guardando dalla testa ai piedi mentre morde la punta dell'asta degli occhiali, oh mio Dio, adesso potrei anche morire e sarei felice, i suoi occhi indugiano ancora su di me e io non lo fermo. Probabilmente avrei dovuto scegliere una mise più pratica ma adesso sono contenta di aver scelto quest'abito di lana, semi attillato, color prugna, mi fascia perfettamente e anche se non ho pensato che a lui potesse piacere mentre lo indossavo, qualcosa mi dice che non gli dispiace affatto.

E ancora penso che Anna abbia completamente ragione, sicuramente è meglio lavorare con lui che con professori ultra novantenni. Non sono neanche le nove del mattino e già non riesco a fare calmare i miei battiti. Mi siedo facendo finta di niente, serro le ginocchia e non perché devo assumere una posa composta ma perché ho bisogno di stringere la parte più intima di me che non mi da tregua da quando l'ho conosciuto.

Il treno inizia a muoversi, aspetto un pò e poi estraggo dalla mia borsa dei fogli, i miei appunti su un altro lavoro di cui mi sto occupando, prendo la penna e indosso gli occhiali da vista, immergendomi completamente nelle parole, sono in imbarazzo e non saprei cosa chiedergli, né tantomeno posso sapere se lui voglia fare conversazione, sento i suoi occhi su di me, alzo lo sguardo e lo vedo sorridere, poi apre il suo laptop e inizia a scrivere, vorrei solo sentire la sua voce e guardarlo e parlare con lui ma so che questo silenzio, questa professionalità tra noi è la cosa migliore, mi aiuterà a mantenere le distanze, sono sicura di poterci riuscire.

Dopo un'ora circa di viaggio, mi sento già intorpidita, cambio la posizione sulla poltrona, girandomi su me stessa, muovo le gambe e nonostante la distanza, per sbaglio tocco le sue, lui alza lo sguardo per poi farlo ricadere verso il basso 

Quando il cielo non bastavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora