Quando arrivo nel salone lo trovo seduto sul bordo del divano con la testa tra le mani mentre affonda le dita tra i capelli, il capo chino, non mi nota subito. Rimango a guardarlo finché non alza lo sguardo e inchioda i suoi occhi ai miei. Si alza per venirmi incontro, lo blocco col gesto della mano che gli intima di fermarsi.
« Aurora, io...»
« Tu, cosa?»
« Io... ti rego poso avvicinarmi?»
lo fermo ancora una volta.
« No, voglio che ci sia distanza tra di noi, quella che c'è stata per anni, quella che tu hai messo ogni volta che mi hai impedito di vederti.»
« Ma io non volevo questo, l'ho fatto per te.»
« Per me?»
Dico con tono aspro.
« Per me, per me...»
inizio a ripetere camminando avanti e indietro dall'altra parte della stanza in cui si trova lui. Lo vedo che si avvicina ad ogni passo anche se faccio finta di niente.
« Fammi spiegare, mi hai spaventato prima, quando sei corsa via, sei quasi svenuta, io non ho mai voluto questo.»
« Ah no? E cosa volevi allora? Giocare? Farmi cadere ancora una volta ai tuoi piedi?»
« No, non hai capito, quando ti ho rivista quella sera non potevo crederci ma non sapevo nulla, se fossi sposata, fidanzata e io cosa potevo dirti, sono Marco, ti ricordi?»
« Cosa c'entra se sono sposata o fidanzata... certo avresti dovuto dirmi chi eri. Invece no, hai fatto come sempre i tuoi giochetti, ti sei sempre sentito più furbo di me, e lo eri, ero solo una ragazzina e tu eri così bravo a parlare. Ma ora non lo sono più.»
« Lo so, lo vedo. Sei una donna e migliore di quanto mai potessi immaginare»
« Ma smettila, pensi che i complimenti possano farmi cambiare idea, io ti odio»
« Mi odi?»
« Si, ti odio, hai sentito bene»
Abbassa lo sguardo e si passa una mano tra i capelli, sbuffa e inizia a camminare verso di me, puntando gli occhi nei miei con una luce così intensa da non riuscire a distogliere lo sguardo.
Il silenzio nella stanza è irreale, dalle finestre passa invece poca luce per via delle nuvole e la penombra è mia acerrima nemica, il suo volto sembra ancora più bello in questo momento.
Ormai è a venti centimetri da me, allunga il braccio e mi sfiora la guancia sorridendomi.
« sei sempre stata così bella e ora che posso toccarti davvero e non solo nelle mie fantasie...»
« no, lasciami»
gli tolgo la mano spingendola via
« Aurora ti prego...»
« Mi hai lasciata, avevo bisogno di te...»
« credevo fosse le cosa migliore, dovevi vivere la tua vita, delle tappe che io avevo già vissuto... pensavo fossi sposata con tre figli...»
« non è andata come pensi tu...»
« l'ho capito quando ti ho vista la sera della presentazione, non potevo crederci, eri lì davanti a me per la prima volta in carne ed ossa e avrei voluto solo venire da te...»
« perché non l'hai fatto?»
« Ma dai Aurora cosa avrei dovuto fare, non ci sentivamo da vent'anni e all'improvviso mi presentavo come se nulla fosse...»
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Quando il cielo non bastava
RomansaIl Destino sa esattamente cosa fare, anche se non sembra così.