Capitolo 7

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Apro gli occhi e guardo il soffitto, stanotte non sono riuscita a dormire molto, mi sono svegliata diverse volte durante la notte e poi faticavo a riaddormentarmi, menomale che è sabato e non devo lavorare. Guardo la sveglia sono già le dieci. Scendo dal letto e arranco verso la cucina, aprendo tutte le finestre, nonostante sia Novembre c'è un bel sole e ho bisogno di aria nuova. Riscaldo i pancake proteici che preparo in quantità industriale per averli a disposizione tutte le mattine e accendo l'iPhone. Inizia a suonare ininterrottamente. Sono già stufa. Scorro tra i messaggi e vedo diversi avvisi di chiamata di Manatti, conoscendolo vorrà il rapporto di ieri, come è andata, cosa ci siamo detti, bevo il caffè e lo chiamo.

Risponde al secondo squillo.  

« Aurora, finalmente» 

finalmente, come se fossi arrivata in ritardo o chissà da quanto mi stava aspettando, si ricorda che oggi siamo chiusi, comunque ignoro il suo tono 

« Buongiorno anche a te, dimmi tutto» 

« No, tu dimmi tutto, pensavo che ieri mi chiamassi, volevo sapere come è andata» 

« Hai ragione ma sono andata via dallo studio di Vascolaro alle sette di sera, abbiamo lavorato tutto il giorno» 

« allora immagino sia andato tutto bene» 

« si, certo, avevi dubbi?» 

Lo incalzo 

« no, Aurora, lo sai mi fido ciecamente di te ma lui è particolare, sicuramente lo avrai notato» 

si, ho notato il colore particolare dei suoi occhi, quelle pagliuzze dorate incastonate sull'iride castano scuro, le sue mani curatissime, come se fossero state disegnate dagli dei in persona, oh mio Dio, Aurora riprenditi. 

« Si, l'ho notato, certo, ma è stato davvero gentile, disponibile. Ben predisposto, abbiamo già impostato una sorta di iter e mi ha chiarito da subito che lavoreremo nei weekend e la notte probabilmente, visti i suoi svariati impegni» 

« immaginavo ti proponesse questi orari» 

« lo sai vero?» 

« cosa?» 

« dovrai fare preparare un sostanzioso bonus per me» 

lui ride ma sa che ho assolutamente ragione, poi ho visto quella borsa in Via Condotti e non vedo l'ora di comprarla.

« Va bene, intanto ti lascio al tuo weekend, riposati, ci vediamo lunedì» 

« certo, saluta Katia, buona giornata». 

Corro in bagno e poi preparo il borsone.

Raggiungo la palestra che si trova nel quartiere proprio accanto al mio e posso andarci a piedi, quando non diluvia. Saluto i ragazzi del bar e prenoto il pranzo per dopo. Come al solito c'è molta gente, a me non da fastidio, mi cambio e indosso gli AirPods, trovo un tapis roulant libero e ci salgo immediatamente, loggo il mio profilo nello schermo dell'attrezzo e faccio partire la musica nelle cuffie, cammino mentre mi guardo intorno, il ragazzo accanto a me mi sorride, ricambio ma riprendo la mia concentrazione, dopo qualche minuto quando la musica si intensifica inizio a correre, senza fermarmi, a sudare.
Al sesto chilometro rallento e riprendo fiato camminando, le note di Piccola stella senza cielo si diffondono nelle mie orecchie, scaricandola fa parte della mia musica automaticamente, ma l'avevo dimenticata, dopo l'incontro di ieri con Vascolaro non avevo più, completamente, pensato al mio ammiratore segreto, qualsiasi altra cosa era sparita davanti alla consapevolezza di aver rincontrato l'uomo della giacca, nonostante conosca adesso il suo nome, mi piace chiamarlo così, dopotutto quella sera mi ha aiutata davvero e anche se, rispetto a me, sapeva esattamente chi fossi, non era obbligato a farlo, in fondo eravamo due estranei. Si ma, forse l'ha solo fatto per galanteria o per deformazione professionale, aiutare qualcuno in difficoltà, solo e soltanto per questo. Da una settimana fantastico su un uomo e non so neanche se è impegnato, sposato, gay magari o semplicemente indifferente alla mia persona. Eppure ho visto qualcosa nei suoi occhi quando mi guardava mentre parlavamo, si, era pietà Aurora, tenerezza. È solo tremendamente educato e tu stai ricominciando a viaggiare troppo con la fantasia. Scaccio via questi pensieri e ricomincio a correre più velocemente, come se avessi la polizia alle calcagna e stessi scappando da chissà quale rapina. Nonostante la fatica immane penso solo che vorrei che fosse già venerdì e sette giorni sono troppi senza vederlo, senza sentire la sua voce, senza guardare quelle spalle e senza sentirmi a casa, dopo tutto questo tempo. Scuoto la testa e aumento la velocità ancora, ma non riesco a cacciare via la sua immagine dai miei pensieri.

Quando il cielo non bastavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora