Giorni NO

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A volte capitavano dei giorni no, o meglio... NO.
O mi svegliavo col piede sbagliato e rimanevo così tutto il resto del giorno, se non succedeva qualcosa di bello, o qualcosa andava storto.
Quelli più brutti erano quelli in cui ci diventavo. Spesso era colpa della scuola e a volte anche di mia madre o degli amici.

Ricordo che un giorno andai a scuola ed ebbi un'ora di religione. Quell'ora fu noiosa, ma andava bene apparte l'ansia e tachicardia. Però non dissi nulla, come sempre da un anno.
L'ora seguente ebbi fisica, interrogò. Per fortuna non a me, ma rimasi tutta l'ora con la paura che mi potesse chiamare.
Con fisica ho sempre avuto un problema, o per meglio dire tutti abbiamo avuto un problema. Forse è il problema era il professore. Aveva modi di insegnamento antichi, metteva ansia e non si riuscivano a capire le lezioni.

A terza ora ebbi verifica di matematica. Ero preparata. Stavamo studiando i sistemi e li sapevo fare benissimo, ma qualcosa non andò bene. Non riuscii a fare un esercizio, mi bloccai e dimenticai tutto.
Fu da quell'ora che passai le seguenti con le braccia conserte e la testa sul banco.
Mi venne un nodo in gola e sentivo di dover piangere, ma non capivo il motivo.
A ultima ora ebbi un professore che mi è sempre stato antipatico, lo definivo non professionale.
Anche lui interrogò, ma non a me. Seguii tutte le interrogazioni e chiedeva cose che non ricordavo di aver mai fatto. Era l'ultimo mese di scuola, perciò tutti stavano interrogando e prima o poi sarebbe toccato pure a me. Mi venne più ansia, sentivo il nodo alla gola che aumentava e le lacrime che volevano scendere come fiumi. Come se non fosse abbastanza il professore fece una battuta sul mio non parlare mai e tutti si misero a ridere.

Iniziai a pensare che nessuno mi capiva. Nessuno capiva che non ero io a non voler parlare, ma non riuscivo. Pensai pure che forse avrei dovuto cambiare indirizzo.
Uscita da scuola continuai a trattenere le lacrime e raggiunsi mia madre in macchina.
Non riuscivo a dire niente. Pensavo soltanto "trattieniti", "forza Alaska, trattieniti", "devi diventare un'attrice, se non riesci a trattenerti non lo sarai mai".
Ma non ci riuscii.

Mia madre mi chiese come stessi e allora scoppiai in un fiume di lacrime. Mi domandò cosa avessi, se era successo qualcosa. Non sapevo cosa risponderle. Piangevo soltanto.
Le dissi che non lo sapevo. Come facevo a spiegarle qualcosa che non capivano né i professori né i miei amici. Non lo capivo neanche io. Ormai non riuscivo più ad essere davvero felice. A stare bene. Non sapevo più cosa poteva rendermi contenta. Forse avevo bisogno di un po' di affetto, di amici o di tempo per me.
Mi chiese se volessi andare da una psicologa. Non le risposi, sperando che capisse che quel mio silenzio era un si.
Forse l'unica persona che mi avrebbe potuta aiutare era una psicologa.

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