Capitolo 4: Apri la porta, Elena

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Non appena tornai a casa dei Godson, mi rinchiusi nella mia stanza. Avevo salutato velocemente Lisa, che mi aveva informato che per quella giornata avrei potuto dedicarmi ai miei studi.

Griffin aveva invitato alcuni amici a casa, quindi io potevo rimanere nella mia cameretta, mentre lei si occupava del resto.

Ero sorpresa che non mi avesse chiesto di occuparmi di loro, ma non mi lamentavo della sua decisione, affatto. Ero felice di non entrare nel loro campo visivo. Mangiai ciò che Lisa mi aveva preparato per cena e rimasi in stanza per il resto della giornata, facendo i compiti e concludendo dei progetti che avevo in arretrato.

Quando guardai l'orologio erano le 20:30.

Allungai le braccia sopra la mia testa, quando sentii qualcuno bussare alla mia porta.

Forse Lisa aveva bisogno di aiuto per pulire, gli adolescenti potevano rivelarsi piuttosto disordinati.

Presi l'elastico dalla scrivania desiderosa di legarmi i capelli in una coda, odiavo tenerli sciolti mentre svolgevo le mie mansioni ed aprii la porta.

Le mie braccia si fermarono a mezz'aria.

In piedi, di fronte alla mia porta non c'era Lisa.

I suoi occhi vagarono sul mio braccio, dove la mano scompariva per stringere i capelli.

Abbassai rapidamente le braccia colta di sorpresa, ed i suoi occhi seguirono i miei capelli, che mi ricaddero disordinatamente sulle spalle.

"Come posso aiutarti, Griffin?" Gli chiesi.

Mi spostai per bloccargli la vista, facendogli contorcere le labbra.

Mi porse un pezzo di carta, che afferrai con riluttanza.

E se mi avesse porto qualcosa di burocratico, ora avrei avuto l'obbligo di adempiere a ciò che vi era riportato sopra, perché l'avevo stupidamente afferrate senza fare domande.

Spalancai gli occhi e guardai ciò che mi aveva dato, lanciandogli un'occhiataccia.

"Perché sospetti così tanto di un pezzo di carta?" Mi chiese.

"Perché non mi hai detto prima di cosa si trattasse?" Domandai di rimando.

Guardò il foglio, avendo anche l'audacia di sospirare, come se fossi io la bambina irragionevole, tra i due.

Si riprese il biglietto, appoggiandoselo sul petto così che potessi leggerlo.

Citava 'Modulo per il consenso dei genitori'.

Le mie labbra si strinsero in una linea sottile, mentre alzavo lo sguardo verso il ragazzo, ora sotto una nuova luce.

La palla da calcio doveva averlo colpito molte volte, distruggendo inconsapevolmente ogni sua opportunità di entrare in una buona Università.

Era una cosa positiva che la sua famiglia fosse ricca, almeno avrebbero potuto occuparsi della radiografia al suo cervello ed a trattamenti per fargli tornare la sanità mentale che aveva perduto diversi anni prima.

"Griffin..." Dissi debolmente, "Questa è per tuo padre. La sua stanza è in fondo al corridoio, a sinistra." Dibattei se accompagnarlo o meno.

"No, questo è per te," mi disse.

Come potevo dirgli che era stupido? Senza offenderlo, ovviamente.

"Griffin..." Riprovai.

Griffin si pizzicò il ponte del naso con due dita e guardò il soffitto come se stesse pregando il Dio supremo di non fargli perdere la pazienza.

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