Era mattina presta e stavo camminando lungo il corridoio, questa volta con i raggi solari che filtravano dalle finestre. Guardai oltre il vetro, l'enorme balcone con una splendida vista, poi ripresi a camminare, scendendo le scale.
Queste conducevano ad un'enorme stanza, alla mia sinistra c'era un ampio spazio con un divano di dimensioni notevoli riposto davanti ad un camino con una grandissima TV attaccata al muro, sopra ad esso.
Alla mia destra, invece, si trovava un grande tavolo in legno che poteva ospitare senza difficoltà venti persone, che era stato posto al centro della stanza. L'intera parete anteriore della casa era in vetro e concedeva una meravigliosa vista sullo spazio esterno.
Un profumino invitante mi diresse verso la cucina. Quando entrai, trovai Griffin che cucinava dietro ai fornelli. Mi fermai al centro di quella grande stanza.
Come se potesse sentire la mia presenza, si voltò lentamente. I suoi capelli erano stati tirati indietro ed i suoi occhi erano stanchi. Teneva tra le mani una padella, facendo slittare l'omelette nel piatto. "Non pensavo che saresti uscita dalla tua stanza," mi disse, senza guardarmi.
"Neanche io," dissi, sedendomi in uno degli sgabelli attorno all'isola.
Il suo cellulare squillò. Mi guardò per un lungo momento, prima di rispondere, "Sì? Mi ha mandato il contratto, gli do un'occhiata il prima possibile," parlò.
"No, lo chiamerò io, domani. Digli che l'accordo rimane lo stesso, che lo faccia esaminare anche ai suoi avvocati." Disse.
I suoi occhi si spostarono su di me.
"Sì, sarà concluso in un paio di giorni. Faglielo firmare ed inviaglielo. No. Invia la bozza a Shane, ci penso io a contattare Bailey. Ok," riattaccò.
"Sai cucinare?" Gli chiesi.
Griffin mi guardò, "Non molto, ma ho dovuto cucinare un bel po' durante il tirocinio, so preparare il minimo indispensabile per non morire di fame," mi rispose.
"Tu e Jackie non uscivate a mangiare?" Chiesi.
"Hai chiamato il professore di matematica?" Controbatté.
"Come fai-? Lascia stare. Avrei dovuto," gli risposi.
Appoggiò bruscamente la padella, "Elena," mi disse, in segno di avvertimento.
"Tu puoi avere Jackie, ma io non posso avere Oliver?" Domandai.
"Chi cazzo è Oliver?" Mi chiese Griffin.
"Il nome del Signor Mattigon," dissi, cominciando a tagliare la mia omelette.
Nell'istante dopo sentii la sua presenza alla mia destra, guardai Griffin appoggiare le mani sul mio sgabello e ruotarlo, il suo volto si trovava a pochi centimetri dal mio.
"Forse non sono stato abbastanza chiaro. Mi appartieni, Elena. Questo è il motivo per cui sei qui," affermò.
"Non ti appartengo," la rabbia era udibile nella mia voce.
Il suo sguardo divenne duro, "L'ultima volta che ho controllato, c'era un foglio con il tuo ed il mio nome scritti sopra."
I miei occhi si strinsero duramente a quelle parole.
"Quando finisci, ti faccio fare un giro della casa."
"Non mi va," ammisi.
"Dovresti. Ho fatto costruire questo posto, con te nella mia testa," lo guardai.
Il suo sguardo rimase fermo su di me, "Quando te ne sei andata, volevo bruciare questo posto."
Camminammo lungo il perimetro esterno.
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Griffin
ChickLitElena trascorreva la sua vita pacificamente, fino a che non fu obbligata ad unirsi alla famiglia Godson per pagare i debiti creati dalle generazioni prima di lei. A complicare ulteriormente le cose è Elena, che purtroppo cattura le attenzioni indesi...