Capitolo 34: Imprigionata

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Un gemito mi sfuggì dalle labbra quando cercai di muovermi. Aprii lentamente gli occhi e sollevai la mano per scostarmi le ciocche di capelli dal volto, ma nel farlo sentii un suono metallico. Abbassai lo sguardo e notai delle manette che mi contornavano i polsi, legati alla sedia appoggiata al pavimento. Il cuore mi palpitò nel petto, cercai di liberarmi i polsi, senza successo. Cercai di comprimere insieme le mie dita, così da rendere la mia mano più piccola e di farla passare in mezzo alla manetta, ma improvvisamente sentii un dolore irradiarsi dalla mia mano, "Ahia," urlai addolorata. 

Con tutte le forze che avevo in corpo, cercai di trascinare la sedia, ma sembrava essere ancorata al pavimento. Tutto il mio corpo tremò quando la strattonai, ma nulla, non si mosse.

La sedia cadde al suolo con un forte tonfo. Esalai bruscamente dal naso. Mi stava venendo un attacco di panico, il mio cuore palpitava ad una velocità inaudita, mentre il mio stomaco si contorceva, tremando per la paura. Mi guardai attorno, la stanza era buia e la leggera illuminazione era dovuta ai pochi buchi presenti sul tetto. L'odore di olio e di gasolio che riempiva l'aria mi fece arricciare il naso.

Dei rivoli di sudore mi colarono lungo la schiena mentre guardavo ogni angolo della stanza, ogni angolo mi creava ancora più paura, sembrava di essere all'interno di un vortice nero, non riuscivi a vedere cosa si celava dietro, ma ciò che c'era dietro poteva vedere te.

Una sensazione di nausea mi risalì lungo lo stomaco, facendosi strada su per la mia gola ed io aprii la bocca per vomitare, ma non uscì nulla. Quella sensazione continuò a persistere ed io mi abbracciai le ginocchia per farmi compagnia.

La stanza era piuttosto silenziosa.

Il mio corpo era freddo, nonostante il sudore e mi strinsi le gambe al petto. Analizzai la stanza buia, "C'è qualcuno?" Urlai. Attesi, pensai di aver sentito un movimento in uno degli angoli della stanza, così mi focalizzai su quel punto ed il mio battito aumentò. Il fetore di quella stanza aumentò ed io dovetti trattenere il respiro.

Cercai di assottigliare le palpebre per abituarmi all'oscurità. Attesi per quella che mi era sembrata un'eternità, ma niente.

La stanza era ancora completamente oscura con i soli raggi lunari a filtrare dal soffitto. Sentii dei versi di animali notturni provenire dall'esterno, ruggiti. Sentii il suono del vento, che colpiva le pareti dell'edificio, ma all'improvviso sentii un rumore metallico rimbombare da qualche parte e dei brividi mi incresparono la pelle. Mi concentrai sull'udito, riuscivo a sentire dei tonfi in lontananza, dovevano essere passi. Trattenni il respiro e cercai di concentrarmi ancora di più, voltai il capo verso quel suono, ma era tutto immerso nell'oscurità. Niente.

Il vento che colpì la parete mi fece sobbalzare.

"Aiuto!" Urlai per la centesima volta, solo che ora la mia voce era più debole a causa della mia completamente secca. L'unica cosa che mi faceva sentire calore era la lacrima solitaria che mi scorreva lungo la pelle fredda della guancia.

Mi svegliai nel sentire qualcosa strofinarmi la pelle, abbassai lo sguardo e notai un piccolo topo strisciare sul mio braccio nudo. Cacciai un urlo, cercando di togliermelo di dosso. Scossi il braccio, producendo un rumore metallico. Il topo cadde contro il pavimento freddo, tornandosene nel suo angolo buio.

Avevo la gola arida, cercai di deglutire diverse volte.

La sensazione di nausea mi invadeva il petto, però ora veniva accompagnata da un'emicrania.

Mi guardai attorno ed i miei occhi si soffermarono sul sacchetto del McDonald's posato davanti a me, con affianco una bottiglia d'acqua.

I miei occhi scansionarono freneticamente la stanza.

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