Capitolo 45: In giardino

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"Ehi, non pensarci neanche. Non è stata colpa tua. Per qualche motivo, Jackie ha un palo infilato su per il culo. Chi diamine si crede di essere?" Mi chiese Kate, continuando a spingermi lungo i corridoi dell'ospedale.

"Lei sarà la sua fidanzata," ammisi ad alta voce, facendolo apparire ancora più pesante di quanto in realtà non fosse.

Kate smise di spingermi. "Cos'hai detto? Penso che tu stia diventando pazza."

"Si fidanzeranno, Kate," ripetei, facendomi del male da sola.

"Stai zitta. Andiamo," mi intimò.

Voltò la mia sedia a rotelle in direzione dell'uscita e premette il bottone automatico, portandomi in giardino. Mi spinse fino ai pressi di una panchina, sulla quale si sedette davanti a me. "Mi dispiace, dovevo sedermi per riuscire ad elaborare questa nuova informazione. Ne sei certa?" Un'espressione preoccupata fece capolino sul suo volto.

Annuii.

"Merda." Kate si posò una mano davanti alla bocca, mentre processava quest'informazione scioccata. La sua espressione era profondamente pensierosa, come se stesse correndo a 100 km/h, poi si destò e tornò a guardarmi.

"Come fai a saperlo?"

"Me l'ha detto quando è venuto a salvarmi."

"Te l'ha detto quando è venuto a salvarti? Ma questa cosa non ha senso. Perché avrebbe dovuto dirti una cosa simile quando eri già sottoposta ad un enorme stress? É più stupido di quanto pensassi. Sapevo che quel ragazzo era stupido. Dio, perché ho messo in dubbio la mia sensazione?" Sospirò Kate, prima di appoggiare la sua mano sulla mia.

"Cos'hai intenzione di fare?" Mi chiese.

Guardai i bellissimi fiori che circondavano il giardino, mentre il sole mi accarezzava la pelle. Si sentiva il cinguettio degli uccellini.

"Non lo so ancora. Non posso scappare, visto come è finita l'ultima volta. Ma non posso neanche rimanere," guardai la mia migliore amica.

I suoi occhi erano un miscuglio di emozioni, mentre mi stringeva la mano.

"Fanculo. Questo è un vero disastro," mi disse, passandosi una mano tra i capelli.

"Penso che l'unica opzione che hai, sia quella di parlare con lui," continuò.

"E se non mi ascoltasse, Kate? Sai quanto può essere testardo. É così fissato nel proseguire solo ed unicamente nella sua direzione, non gliene frega un cazzo di nient'altro." Stavo diventando ogni secondo più frustrata.

"Gli importa di te," mi disse Kate, in un sussurro appena udibile.

"No, non è vero, Kate. Se gli interessasse di me, perché c'è la sua fidanzata seduta al suo fianco in questo momento?" 

Kate sembrava persa quanto me.

"Non lo so. Ma so che lui è l'unico a poter rispondere a questa domanda." Guardò verso l'ingresso dell'edificio.

"Abbiamo compagnia," il suo tono si mise in allerta.

Mi voltai, un signore anziano che sembrava avere una settantina di anni, vestito in un completo grigio, si aiutava a camminare con l'ausilio di un bastone. Il suo capo era coperto da un cappello di feltro di colore blu ed il suo viso segnato dall'età, mi sembrava di averlo già visto.

Sorrise, mostrandoci i suoi denti bianchi.

Mi sembrava un predatore pronto a mangiare la sua vittima.

"Ciao, sono Henry Godson, il nonno di Griffin. É un piacere conoscerti, finalmente," mi disse, avvicinandosi a noi.

Fece un segno verso il cancelletto da cui era entrato poco fa. Guardai dietro di lui e notai due uomini in completo posizionarsi davanti alla porta.

"Non preoccuparti, è solo una precauzione."

Assottigliai gli occhi alla familiarità di quelle parole.

"Ho sentito molto parlare di te, ma non abbiamo mai avuto l'occasione di presentarci."

Si fermò a qualche passo da noi.

Mi schiarii la gola. La sua espressione era rilassata, immaginai fossero gli anni di pratica, ma non c'era niente di calmo nell'aria che gli vorticava attorno. Potevo sentire ed odorare la forza che emanava. L'aria elettrica era pronta a fare scintille in qualsiasi momento.

Scelsi attentamente le mie parole.

"É un piacere conoscerti, Signor Godson," dissi.

"Per favore, chiamami Henry," mi rispose con un sorriso, guardando verso Kate ed annuendo in segno di riconoscimento, "Kate, piacere di conoscerti."

Un sorriso tirato gli incurvò le labbra, "Henry," fu tutto ciò che gli disse.

Non la biasimavo, quest'uomo trasudava pericolo.

Kate si mise in piedi, venendo al mio fianco. Una delle sue mani era posata sulla mia sedia e sfiorava la mia schiena, mentre guardavamo entrambe l'uomo in piedi davanti a noi.

Henry Godson sorrise.

"Guardatevi. É un'amicizia così bella la vostra, anche se non vi vedete più tanto aspetto, oserei dire. Ma lo ammiro, davvero," continuò.

"Sei qui per fare visita a Griffin, Signor-" Sollevò un sopracciglio.

"Henry," conclusi.

"Sì, sono venuto a vedere mio nipote. É in buone mani, Jackie è una brava ragazza e sono sicuro che rimarrà al suo fianco nella buona e nella cattiva sorte." L'angolo dei suoi occhi si sollevò, il labbro inferiore sporse all'infuori. I suoi occhi mi guardavano, seduta sulla sedia.

"Come sta andando?" Mi chiese.

"Mi sto riprendendo," gli risposi.

"É stata una tragedia! E pensare che faceva parte della tua famiglia. Fare questo a sua nipote, doveva essere completamente fuori di testa."

Strinsi la ruota della sedia.

"Apprezzerei se non parlasse di lei in questo modo," lo redarguii.

Henry Godson mi studiò, la sua espressione mascherava ogni suo pensiero.

Cercai di mantenere un'espressione neutra.

L'unica cosa che lo tradì fu un leggero tremolio all'angolo delle labbra, ma i suoi occhi rimasero severi. In completo contrasto con il modo dispiaciuto con cui aveva parlato.

Conoscevo quest'uomo e la sua storia grazie a mia zia ed a Gerald e questo mi aiutò a decifrarlo ed a mettere insieme i pezzi della persona che era.

Una persona con cui non volevo avere alcun tipo di contatto.

"Le mie scuse, ho parlato troppo," mi disse.

Strinse tra le dita un filo invisibile posto su uno dei suoi gemelli, calcolando di muoversi con fare indifferente.

"Non sei come mi aspettavo. Ma ciò nonostante, è uguale." Disse, lasciando cadere il filo per terra. Si spostò sull'altro gemello, sistemandoselo e poi si voltò.

"É stato un piacere conoscervi. Spero di incontrarti ancora in futuro, Elena," disse, incamminandosi verso la porta dalla quale era uscito.

Si voltò leggermente, mostrandomi il suo profilo, mentre si allontanava, non c'era la traccia di un sorriso sulle sue labbra mentre mi guardava.

Voltò l'angolo e con lui, scomparirono anche i suoi uomini.

Kate esalò un respiro profondo, lasciando fuoriuscire tutta la tensione.

Non avevo realizzato che anche io stessi trattenendo il respiro.

"Porca puttana," ruppe il silenzio Kate, con lo sguardo fisso verso la porta.

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