Capitolo 51: Rivedere

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Non riuscivo a trovare le forze per aprire la lettera che avevo ricevuto.

Rimasi sdraiata sul letto e guardai fuori l'ampia finestra presente nella mia stanza d'ospedale.

Erano passati due giorni da quando Logan me l'aveva consegnata.

Non mi aveva mai chiesto se l'avevo aperta.

Non avevo detto a nessuno della sua esistenza.

Pensavo che una parte di me avesse paura che gli altri mi avessero convinta ad aprirla, qualora l'avessero saputo. Ed io volevo leggerla solo quando mi fossi sentita realmente pronta.

Un'altra parte di me, invece, era spaventata da ciò che poteva esserci scritto.

Avevo paura di aprirla, alcune parti di me stavano accettando il fatto che forse non me le avrebbe mai dette, le parole scritte lì dentro.

Ed ancora non ero pronta.

Una lacrima mi scorse lungo la guancia, cadendo sul cuscino. La asciugai rapidamente.

Pensavo di aver esaurito tutte le mie lacrime, invece eccole qua, di nuovo.

Il passato

Griffin rimase sotto la cornice della porta a guardarla nella sua stanza.

Si adattava alla perfezione. Non potendo evitarlo, abbassò lo sguardo verso il suo letto, immaginandosela lì sopra.

Mentre rimuoveva la polvere dallo scaffale, si fermò improvvisamente. Qualcosa catturò la sua attenzione.

La foto della mia famiglia.

Si avvicinò per esaminarla; era in punta dei piedi perché la mensola era stata posizionata per l'altezza di Griffin.

Sollevò le sopracciglia, lui poteva tranquillamente constatare che stava analizzando i dettagli di quella foto.

"Noto che sei piuttosto impegnata," lei sobbalzò al suono della sua voce.

Si voltò verso di lui con gli occhi spalancati.

Griffin si scostò dalla cornice della porta, entrando nella sua stanza.

 Gli occhi di lei seguirono ogni suo movimento, ora in allerta.

Ragazza intelligente.

"Mi dispiace, non volevo curiosare, stavo spolverando," per mostrargli che stava dicendo la verità sollevò il piumino piumato.

Era adorabile.

Divertito, decise di infastidirla un altro po', "Non mi interessa, immagino che dovremmo abituarci a vederci spesso."

La sua espressione diceva chiaramente che sperava non fosse così.

Griffin voltò il capo, nascondendo il suo divertimento, consapevole che lei non lo era affatto. Al contrario, si diresse verso la scrivania per appoggiare il suo orologio.

Lei si schiarì la gola.

Lui si fermò.

Dio, quel suono che aveva fatto con la gola l'aveva eccitato ogni oltre limite.

Merda.

Sollevò lo sguardo verso il soffitto.

"Mi dispiace davvero molto per questa mattina, posso lavartela se me la dai."

Il suo sguardo tornò su di lei che aveva l'espressione di una persona che voleva correre verso l'uscita di emergenza. La sua presa sul piumino si fece ferrea.

Era molto nervosa.

Ma poco dopo cercò di fare leva su tutta la sua astuzia e si rimise dritta, guardandolo dritto in volto.

Quegli occhi, quegli occhi lo guardavano con il fuoco dentro.

"Non preoccuparti, me ne sono già occupato io." 

Lei non aveva idea di dove vertevano i suoi pensieri ogni volta che la guardava con quegli occhi.

La punta della sua lingua fuoriuscì leggermente e lei si leccò le labbra, nervosa.

Fanculo a me.

Borbottò lui internamente.

"Ti piace invadere lo spazio personale degli altri?" Non gliene fregava più un cazzo a quel punto.

"Scusami?" Gli chiese lei confusa.

Griffin si allontanò dalla scrivania per avvicinarsi a lei, "Stavi curiosando sulla foto nella mia stanza e mi hai messo le mani addosso, stamattina, davanti a tutta la scuola. Quindi, la mia domanda è, ti piace invadere lo spazio personale degli altri?" Il suo stato d'animo si adombrò nel pensare che sarebbe potuta andare a sbattere contro qualcun altro che non fosse lui. "O solo il mio?" Si ricordò della sensazione della sua pelle contro la sua, di quanto morbida fosse contro il suo corpo.

Prima che potesse accorgersene, i suoi piedi fecero un altro passo, come attratti magneticamente dal corpo della ragazza. Forse voleva solo sentirla più vicina o forse voleva stupidamente spingerla al limite.

"Mm, penso che tu stia fraintendendo," rispose la ragazza.

"Davvero? Spiegami allora," le chiese, prendendo nota della curva del suo naso, della piccola lentiggine sotto l'occhio sinistro su cui voleva strofinarci il pollice per testarne la morbidezza.

"É stato un incidente, non volevo di certo venirti addosso. Non farei mai niente di simile, intenzionalmente. E per quanto riguarda la tua camicia, mi sono offerta di ripulirtela, ma tu hai declinato la mia proposta, ricordi?"

Non gliene fregava niente di quella dannata camicia, avrebbe potuto versarci sopra anche della salsa di pomodoro se questo significava che potesse stringerla nuovamente a sé.

Il fuoco di quel tocco l'aveva accompagnato per il resto delle lezioni, non era riuscito a concentrarsi più su nulla a causa sua.

"E come ti ho già detto, non è un problema, me ne sono già occupato io."

"Quindi, qual è il problema?" Le chiese.

"Il problema è che devi essere più attenta ed allungare meno le mani. Avresti potuto inciampicare in qualcuno che non fossi io."

Voleva dirle che era geloso e che non voleva che altre mani la toccassero. Ma lei non era pronta a sentirsi dire quelle parole.

L'espressione sul suo volto cambiò, sembrava quasi triste. Poi come se fosse scoppiato un incendio, il collo cominciò a diventare rosso, arrivando ad imporporarle il volto. Lei abbassò lo sguardo, mormorando un debole, "Mi dispiace."

Griffin si passò una mano sul volto frustrato da sé stesso, "Non è quello-", ma lei lo interruppe "Ho quasi finito di pulire la tua stanza; non ti disturberò ancora a lungo. Per favore, continua pure a fare ciò che devi." Gli disse, prima di voltarsi rapidamente. Lo lasciò a guardarle la schiena, senza parole.

Congratulazioni, per averla fatta sentire ancora peggio.

Forse questa cosa è destinata a fallire miseramente, come può una ragazza come lei innamorarsi di un ragazzo come te?

"Vado a farmi una doccia," annunciò Griffin, invece.

Lei non rispose.

Andrà ancora peggio, prima che la situazione cominci a migliorare. Poteva sentire questa sensazione farsi spazio nelle sue ossa.

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