𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐎

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"Eh, sì, tutti son buoni a farsi forti, al dolore degli altri, eccetto chi lo deve sopportare."
William Shakespeare

SHEILA MCKENZIE

Ricordo quel giorno molto bene, è stato il giorno in cui sono stata catapultata all'inferno, il giorno in cui lui ha distrutto l'intera famiglia e la mia vita.

Era Natale, il 25 dicembre, avevo sei anni ed ero felice, quella felicità pura, quella che non ha ancora conosciuto il male o il semplice buio, quella che vive nella luce eterna, quella che il dolore non sa neanche cosa significhi.

Mi ricordo ancora che stavo seduta sul pavimento davanti all'albero di Natale pensando a quanto questa festività fosse affascinante e bella, a quanto ero contenta di stare in casa con la mia famiglia, a cenare e aprire i regali, a condividere sorrisi e risate con i miei parenti e quanto un'effimera lucina ti possa condurre alla gioia eterna.

A quanto fosse rilassante osservare e toccare la neve, giocare con quella cosa morbida e fredda, che sembrava sabbia ma gelida e compatta, a osservare il cielo mentre tanti piccoli fiocchi di neve cadono sul suolo e sul tuo corpo, queste erano le cose migliori e incantevoli che accadevano a Natale.

Mancava poco all'arrivo dei miei nonni, zii e dei due cuginetti, Mike e Liberty, il primo aveva solo un anno in più di me mentre la seconda un anno in meno. Ero così allegra e spensierata di poter finalmente rivedere tutti loro, perché era la cosa più bella dell'anno, la cosa che aspettavo per mesi.

Mi ricordo che a un tratto avevo sentito un tonfo dalla cucina, così mi ero girata e avevo cercato di capire di cosa si trattasse ma non volevo alzarmi, ero così comoda e rilassata lì.

Ero rimasta seduta per tutto il tempo, dopo quel rumore non ce né furono altri quindi non mi ero spaventata o chiesta niente, pensavo che era caduto qualcosa per sbaglio.

Ma poco prima del cenone vidi mamma uscire dalla cucina e dirigersi verso il bagno, l'aveva fatto così velocemente che non riuscivo a vederla, ma una cosa l'avevo vista bene.

Sangue.

Sangue che colava dalla testa di mia mamma, della persona a cui volvevo più bene.

Mi ero alzata per andare a controllare che stesse bene ma prima di arrivare alla porta del bagno papà mi venne incontro e mi disse che lei stava bene e che era solo vino, che gli era scivolato addosso, io non gli credevo ma non avevo scelta, era mio padre e io mi fidavo ingenuamente, come giusto che sia.

Fino a quel momento era stato un buon padre, mi insegnava molte cose, facevamo sempre qualcosa insieme, giocava con me, mi portava al parco o al lago, mi abbracciava e si era sempre comportato bene.

I miei genitori erano molto importanti per quanto riguarda la società, lavoravano nel ministero, non molto alta come posizione ma era buona. Erano due Serpeverdi, mamma mezzosangue mentre papà purosangue, e molto probabilmente anche io ero serpeverde, avevo dei tratti molto tipici ma volevo così tanto esserlo che era ovvio lo fossi.

La loro storia era molto semplice in verità, si erano conosciuti a una festa a Hogwarts e da lì in poi si erano frequentati.

Non eravamo famosi come altri, ma eravamo qualcosa e poi per tutti eravamo una comune e semplice famiglia, amorevole e unita.

Infinite Darkness | Mattheo Riddle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora