7. Punishment and hate confused (2)

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“Lieve è il dolore che parla.
Il grande dolore è muto.”
Seneca

MATTHEO RIDDLE

Punizione. Concetto alla quale tutti noi nella siamo dovuti sottostare, una volta la abbiamo subita, altre l'abbiamo imposta ad altri.

E questa volta mi è decisamente stata inflitta, soprattutto non una punizione a cui sono abituato, una di quelle che odio, ma da un certo senso mi intriga.

Però possiamo ben dire che le punizioni fanno schifo. Ma che questa rimane interessante, molto interessante.

Per essere finito in questa situazione con la ragazzina Sheila non è proprio male. La posso tormentare un po', almeno mi diverto qualche attimo.

Ogni volta che stiamo in una stanza con delle persone mi devo trattenere da comportarmi, in sua presa, nel modo in cui voglio e che ci piace, ovvero non consiste soltanto nel tirarci insulti bambineschi ma anche dire ciò di più stronzo che ci passa per la testa rivolto verso l'altro.

Partiamo dal fatto che mangiare con lei seduta davanti non è esattamente il mio ideale, poi alla bene e meglio non abbiamo dato spettacolo essendo che non c'era nessuno, i nostri spettacoli migliori hanno bisogno di pubblico. Non penso che lei la pensi così, ma è indifferente.

Però mentre riempivo lo stomaco di tutto quel cibo, delle domande si espandevano tra i miei pensieri.

Non posso negare che ero io quello che ha spento le luci, facendo saltare l'elettricità in quella stanza, perché sì c'è, soprattutto lì. E ovviamente grazie a un piccolo aiuto, ho chiuso tutte le vetrate per bene, così che fosse nella più completa oscurità.

Certo chiuderla tra me e il banco non era previsto e non era neanche nelle mie intenzioni, avevo pensato a un muro, ma non ho avuto scelta, il tavolo era più vicino. E poi ha avuto più effetto a quanto pare.

Comunque quello che mi ha mandato più in confusione è che lei non sembrava aver un minimo di accenno di paura, terrore, timore, agitazione o altro. Certo era spaventata ma non come lo sarebbe stato chiunque altro.

Era piena di rabbia, rabbia repressa molto probabilmente. Comunque quando cercava di mandarmi via, urlava ma non era un suono di aiuto o ansia, era autoritario e anche deciso. Certo un po' intimorita lo era, credo solamente che volesse scoprire chi fossi e perché lo stessi facendo.

Ho cercato di farle provare dolore per intimorirla ma lei non ha avuto quel effetto, neanche un po'. È coraggiosa un pochino devo ammetterlo.

Ma cazzo quando ha sbattuto il suo ventre contro di me il mio corpo ha avuto una reazione spontanea. Stronza di una ragazzina e stronzo di un corpo.

So anche che l'aveva notato e si sarà chiesta la multitudine di domande e pensieri che possono formarsi in quella situazione, tipo se avesse fatto lei quell'effetto? O altre cazzate del genere.

Tutto questo è un enorme stronzata. Già la odio, ma lei odia e disprezza più di quanto provi io. E so anche il perché.

Dio so il perché.

Ed è orribile e interessante allo stesso momento.

«Riddle risponda.» ripete per l'ennesima volta il professore rotto in culo, come se non lo sentissi da due ore.

«Penso che usare la magia fuori da Hogwarts sia giusto, infondo se si è dotati di cervello puoi capire che non bisogna praticarla sempre e ovunque. Non davanti ai babbani, anche se non che me ne freghi più di tanto di loro insomma.» ecco la mia dannata risposta.

Infinite Darkness | Mattheo Riddle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora