34. I don't know you anymore

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"I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa."
Sofocle

SHEILA MCKENZIE

Le lacrime non hanno smesso di bruciare neanche dopo ore dal pianto, sono scese infuocate sul mio viso e hanno danneggiato i miei occhi con la loro amarezza.

Odio piangere, è una debolezza e non voglio essere debole.

Ma vederlo comportarsi in quel modo aggressivo e poter osservare nei suoi occhi la stessa furia omicida che ho già visto negli occhi qualcun altro, ha avuto l'effetto di farmi crollare.

Non è lui, non è lui.
Ripeto nella mente con ossessione, lo ripeto fino a corrodere le mie terminazione nervose. Eppure non riesco a farlo entrare nelle mie convinzioni, non razionalizzo più.

Lo che non lo è, lo so, ma mi ha fatto paura lo stesso.

So che è così di suo, a Hogwarts ha fatto a botte con chiunque e la cosa non mi turbava più di tanto, ma qui l'ho visto perdere il controllo di se stesso, ho sentito la brutalità con cui hai spinto il corpo di Tom dal mio.

E se anche avesse voluto proteggermi non ce ne era bisogno, non ne aveva il diritto, doveva andarsene e basta.

La forza nel sbattere Tom al muro, la rabbia ceca nei suoi occhi, la faccia contratta dall'ira, il fatto che non si è nemmeno accorto di avermi colpito.

Non se ne è accorto, non mi ha vista, non mi ha chiesto se stessi bene, mi ha solo spinta via come se fossi un oggetto.

Non l'avrà fatto intenzionalmente ma fa lo stesso, mi ha fatto del male fisico e non se ne è curato.

Non voglio etichettarlo come mostro, perché non lo è e su questo ne sono certa, ma è uno stronzo. Mi ha usata per tutto il tempo in cui siamo stati insieme a Hogwarts, ha lasciato che mi portassero via, mi ha tradito.

E mi ha fatto male, sia mentalmente che fisicamente.

Il livido sul fianco che tengo coperto quando ne ho disponibilità con del ghiaccio è colpa sua, lui che nella gelosia non si è reso conto di aver fatto del male a me.

Non lo voglio più vedere, non voglio sapere della sua esistenza.

«Dovresti smettere di pensare, sai?» mi fa notare Tom.

«Ti pare facile?»

Da quando sono qui è l'unico con cui parlo, l'unico a cui permetto di farmi compagnia.

Siamo appena usciti dalla lezione che i mangiamorte hanno voluto farmi riguardo ai loro compiti, ai loro obblighi, le loro faccende e la loro importanza.

Una canzone di lezione, che poi era più loro che parlavano da stronzi e io dovevo ascoltarli come una cretina senza poter far domande o distrarmi.

I due fratelli Riddle sono stati al mio fianco, il minore alla mia sinistra e il maggiore a destra, e mi hanno semplicemente tenuta lì. Probabilmente per tranquillizzarmi, anche se non riuscivo a respirare con lui vicino.

È stato pericoloso stargli così attaccata, il mio corpo si sporgeva sempre verso il suo, il cuore chiamava il compagno accelerando i battiti, ma la mia mente non era del tutto d'accordo con questo. Anzi resisteva il più possibile perché sa che non dovrei avvicinarmi, che devo farla finita con il cercalo.

Infinite Darkness | Mattheo Riddle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora