Chapter 2

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Eravamo in volo da circa 5 ore, avevano servito il pranzo un paio d'ore fa: un qualcosa tipo lasagna verde, un panino, delle verdure ed una purea di frutta non meglio identificata; il tutto non era un granché invitante.

Stavano trasmettendo il film "La Dura Verità" e, nonostante l'abbia già visto almeno quattro volte, decisi di riguardarlo, tanto per far passare un po' di tempo. Era carino come film, e non avevo molto altro di meglio da fare dato che la compagna di avventure al mio fianco ronfava beata già da un po'.

Finito il film mi ritrovai ancora sola ed annoiata, a riflettere su ciò che stavamo facendo io Katherin.

Da quando avevamo finito la scuola, quattro anni prima, non avevamo fatto altro che lavorare per mettere da parte più soldi possibili per realizzare il nostro sogno: l'apertura di un centro benessere tutto nostro a Los Angeles, California.

Avevamo sempre amato il nostro lavoro e avevamo sempre condiviso anche il sogno degli USA: essere bilingue, vivere nella terra delle opportunità, svolgere la nostra passione in un luogo a cui venisse attribuita la giusta importanza. Avevamo sempre avuto il desiderio di trasferirci nel posto dei nostri sogni per fare quello che ci piaceva fare e, non fraintendetemi: amavo la mia famiglia, i miei amici, il mio ormai ex-ragazzo e qualsiasi altra cosa mi fossi lasciata alle spalle in Italia, ma la vita mi aveva chiamata ed il primo sogno della mia lunga wishlist era diventare indipendente. Credevo fosse il caso di dire "un insignificante passo per l'Umanità, un grande passo per un uomo", o meglio, per una donna.

Quei quattro anni furono duri: avevamo svolto entrambe, sia io che Katherin, due lavori, uno giornaliero ed uno serale; il primo full-time presso centri estetici, ed il secondo part-time, come bariste. Fortunatamente abbiamo sempre vissuto in casa con i nostri più che amorevoli, nonché benestanti, genitori, che ci hanno sostenute in ogni modo immaginabile fino ai nostri venti anni.

Quest'anno sia io che Katherin avremmo compiuto ventuno anni, ed entro i nostri prossimi compleanni, rispettivamente il 29 settembre ed il 30 novembre, il nostro futuro sarebbe già stato avviato.

Ci eravamo date davvero molto da fare, rimboccandoci le maniche e non mollando mai pur di farcela con le nostre forze, sapendo che presto saremmo state ripagate. Non ci fu davvero nulla di facile, e spesso io e Kathe ci eravamo ritrovate esauste. Dovevo proprio ammettere che, per la prima volta nella vita, oltre ai miei adorati genitori e al resto della mia famiglia, dovevo ringraziare anche me stessa per il duro lavoro svolto e per i sacrifici che avevo dovuto affrontare.

Mi dispiaceva moltissimo per la mia famiglia, mi mancavano già tutti così tanto, ma ero fiduciosa del fatto che a Natale, io e la mia ormai prossima coinquilina, saremmo potute tornare a casa per festeggiare le vacanze.

Il mio monologo interiore venne interrotto dal mugugnare della ragazza seduta al mio fianco che a fatica cercava di chiedermi quanto mancasse.

"Tranquilla Kathe, mancano ancora sei ore, puoi tornare a riposare." dissi annoiata, ma con un tono amorevole.

"No, non ce la faccio più, ormai è da subito dopo pranzo che dormo, credo di essere diventata un tutt'uno con questo benedetto sedile. Mi fa davvero male il fondo schiena ed inoltre devo andare in bagno, ora che ci penso." Detto ciò si alzò stiracchiandosi e si diresse verso la toilette.

Non vedevo l'ora di arrivare, primo perché nemmeno io ce la facevo più a stare seduta su quell'aereo ancora per molto, secondo perché non vedo l'ora di vedere la mia nuova casa: una villetta con piscina nei pressi di Calabasas che io e la mia amica ci eravamo letteralmente sudate e che avevamo scelto assieme alle nostre famiglie. Devo dire che mi sarebbe andato bene qualsiasi alloggio, soprattutto per i primi tempi, ma come avremmo potuto aspettarci che lì i prezzi fossero così ragionevoli?

La mora tornò dal bagno, dove credo si sia anche sciacquata il viso nel tentativo di risvegliarsi, dato la sua faccia priva di trucco, decisi dunque di andarci io.

Dopo aver usufruito della toilette mi lavai le mani e mi guardai allo specchio: ero seriamente mal ridotta. I capelli erano una massa informe sopra la mia testa, così decisi di scioglierli e farli ricadere sulla schiena, dove raggiungevano la zona sacrale, cercando di districarli e pettinarli alla meno peggio con l'aiuto delle dita. L'aria condizionata non aveva sicuramente giovato alla mia pelle, rendendola più secca; l'eyeliner ed il mascara che contornavano i miei occhi color cioccolato stavano iniziando a sbavare leggermente all'angolo esterno, le mie gote erano lievemente accaldate. Ero davvero un disastro.

Tornai a sedermi, rendendomi conto che Katherin si era addormentata nuovamente e non potei non lasciarmi scappare un ghigno.

Dopo essermi accomodata, se fosse possibile su quel sedile dopo nove ore di volo ed altre sei da affrontare, chiusi gli occhi per un istante, per poi addormentarmi.


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