Chapter 47

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Chi mai potrebbe suonarci il campanello? Soprattutto alle 7 pm, in un quartiere residenziale.
Feci silenzio ascoltando se Kathe andasse ad aprire.
Sentii la porta aprirsi. "Dov'è?" chiese una voce maschile. "Beh, ciao anche a te!" rispose ironica Kathe allo sconosciuto. Ma che diavolo? Un'altra fitta trafisse il mio addome. Mugugnai, ma cercai di mantenere il silenzio in modo da poter sentire cosa stesse succedendo. "E' in casa, almeno?" parlò con tono più alto e frustrato lo sconosciuto, non seppi se perché era entrato in casa, aveva alzato la voce o entrambe le cose. "Se ti riferisci a Lucia è in camera sua, ma è indisposta al momento" replicò Kathe con tono autoritario, la immaginai a sbarrargli la strada incrociando ostinatamente le braccia. "Non mi importa!" urlò di nuovo l'interlocutore. Aspetta, Justin? Era davvero la sua voce?
"Justin, non puoi entrare così, non si sente bene al momento!" gridò Kay, rivelando la personalità dell'uomo non più sconosciuto. Che cosa cavolo ci faceva Justin qui? "Se non sta bene lo vedrò con i miei occhi" rispose lui con tono..arrabbiato? Ma che gli prendeva? "Justin, non puoi semplicemente entrare qui e fare come ti pare, non mi importa di chi sei, vattene ora" ringhiò seccamente Katherin a Justin, poco prima che si presentasse davanti la mia porta, con quelle che riconobbi dal rumore come delle falcate. "Ciao" farfugliai imbarazzata. "Ciao un cazzo" ringhiò accendendo la luce. "Scusami Lucy, è entrato senza permesso. Vuoi che butti fuori questo stronzo?" intervenne Katherin, indicandolo col pollice ed avvicinandosi a lui guardandolo come se fosse feccia indesiderata. "No Kay, sta tranquilla, va pure." dissi con tono calmo, sedendomi su bordo del letto. "Per favore, spegni la luce, e se puoi portami quella cosa" le dissi riferendomi alla borsa dell'acqua calda. Annuì indisposta uscendo dalla stanza, socchiudendo la porta e spegnendo la luce, per poi sbraitare dal corridoio: "Se cambi idea o hai bisogno grida".
Rimanemmo soli io e Justin, a guardarci negli occhi nella penombra creata dalle candele accese. Io ancora seduta sul letto, lui in piedi distante da me, i suoi occhi brillavano di rabbia anche al semi buio. Decisi di parlare ed interrompere il silenzio dopo molti secondi.
"Dunque," mi schiarii la voce prima di continuare "a cosa devo questa visita?". 
Lui si avvicinò velocemente a me, fino a che non me lo ritrovai davanti. Decisi di alzarmi ed essere al suo livello, o quasi, mentre una fitta addominale catturò tutta la mia attenzione, ma rimasi composta, poggiando solamente una mano poco sotto l'ombelico. Aspettai che cominciasse a parlare, osservando il suo evidente conflitto interiore mentre cercava di ricapitolare mentalmente ed elaborare un discorso di senso compiuto. "Ho fatto forse qualcosa di sbagliato?"disse puntando lo sguardo verso il pavimento tutt'attorno a me, ma qualcosa mi diceva che non lo stava nemmeno realmente guardando. Ora ero perplessa, confusa: mi aspettavo una sfuriata per nemmeno Dio sa cosa, e invece sembrava che ci fosse qualcosa che lo stesse torturando. "Come?" chiesi totalmente interdetta, attirando la sua attenzione. "Forse sono andato troppo di fretta, forse non ti sentivi pronta a conoscere Scooter, forse ho detto o fatto qualcosa di sbagliato, o forse ce l'hai ancora con me per l'episodio con Kathe. Io-" lo bloccai subito, non capendo dove volesse andare a parare. "Justin, che intendi? Arriva al punto perché non ti capisco, stai dicendo cosa senza senso" dissi ancora confusa, spostando una ciocca di capelli dietro al mio orecchio con la mano libera. "Io non lo so quale sia il punto, dovresti dirmelo tu!" sbottò frustrato. La mia faccia un totale punto interrogativo. Egli sbuffò, ricominciando a parlare "E' da domenica che mi eviti!" ancora non capivo cosa stesse dicendo, ma intuii che aveva altro da dire, così lo lasciai continuare. "Non so se ce l'hai con me per qualcosa, o semplicemente vuoi solo finirla, davvero non lo so. Da quel giorno non mi vuoi vedere ed ho bisogno di spiegazioni perché la cosa mi sta distruggendo. Perché semplicemente non mi hai detto che non mi volevi vedere? Me ne sarei fatto una ragione." Che diavolo gli prendeva? Evitarlo? Ma se ci siamo sentiti continuamente. E poi, come gli era saltato in testa che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui, soprattutto? "Piccolo, non so davvero di cosa tu stia parlando" dissi cercando il suo sguardo con il mio disperato. "Non chiamarmi 'piccolo' e non mentirmi ancora, sii chiara, mi mandi messaggi confusi." si lamentò evidentemente in conflitto con se stesso. "Ma che ti prende?" sbottai inacidita. "Perché mi hai mentito su oggi? Kathe è stata con Fredo tutto il pomeriggio, ed io l'ho saputo da lui che si è unito pochi minuti fa a Ryan, Chaz e me, dopo aver fatto una figuraccia colossale."
In un attimo mi si accese una lampadina nel cervello e tutto mi fu chiaro.
Tirai un sospiro di sollievo, sotto il suo sguardo evidentemente allarmato, e scoppia a ridere, per poi essere punita da un'altra fitta pronunciando un 'ouch' poco sensuale. Mi lasciai cadere sul letto.
"Piccolo" dissi prendendogli una mano, "siediti qui" indicai il letto al mio fianco, invitandolo a sedersi. Era nettamente confuso e turbato, ma fece quello che gli chiesi.
"Intanto, non ho assolutamente nulla contro di te, né mi pento di niente" dissi accarezzando premurosamente il dorso della sua mano per tranquillizzarlo, continuando "con Kathe non c'è nessun problema e non era affatto mia intenzione evitarti o mentirti, nonostante lo abbia fatto e ti chiedo scusa" dissi con aria colpevole e sinceramente pentita. "La verità è che.." mi bloccai cercando le parole, totalmente rossa per l'imbarazzo, potevo sentirlo. "La verità è che domenica, prima di andare fuori a pranzo, mi è venuto il ciclo. Ero totalmente ed insensatamente imbarazzata dal parlartene e ti chiedo scusa. Poi, al nostro ritorno, purtroppo ho dovuto chiarire con Kathe, che era arrabbiata con me per palesi ragioni su cui avevo torto e poi semplicemente non sono riuscita a dirti di sì nel vederci ieri e oggi perché non so come avrei potuto evitare l'argomento" dissi lasciando calare il discorso, vergognandomi, e facendogli intendere che non avrei saputo come rifiutare le sue eventuali avance.
Lui era totalmente privo di parole, abbastanza scioccato dalla mia stupidità ed immaturità, presumo.
"Inoltre, per questo fatto, sto sinceramente male da stamattina, ero qui distesa quando sei arrivato, e non vedo l'ora di poterlo rifare" chiarii scusandomi, avvertendo ancora quelle fitte ed il mal di testa aumentare, per via del caldo che stavo provando a causa dell'imbarazzo.
"Oh mio Dio, piccola.. non potevo saperlo" scattò subito, risvegliandosi dal suo trance. "Ristenditi, ora" mi disse preoccupato, togliendomi le coperte da un lato. "Perché non me lo hai semplicemente detto? Sarei venuto qui a tenerti compagnia e a coccolarti. Quando capirai che non mi interessa soltanto fare sesso con te?"Mi sentii automaticamente una stupida per non avergliene semplicemente parlato prima, alla fine in un modo o nell'altro era una cosa inevitabile non sotto al mio controllo. "Lo so, sono stata una sciocca, era solo.. imbarazzante. Mi spiace per averti fatto arrabbiare e scomodare facendoti venire fino qui, sono davvero mortificata" dissi completamente dispiaciuta, stendendomi su un letto e rannicchiandomi su un fianco girata verso di lui. "Non dirlo, mi spiace aver fatto tutto quello" disse con una smorfia riferendosi alla gloriosa entrata di scena, "credo di dovere delle altre scuse a Kathe" sghignazzò, facendo sorridere anche me. "Sì, me ne devi" rispose lei entrando senza bussare e avvicinandosi a noi. "Sia chiaro, non stavo origliando, ero solo venuta per darti questa" disse porgendomi la boule bollente, "inoltre ti appoggio il termometro sul comodino, non vorrei avessi la febbre" disse per poi uscire dalla stanza chiudendo la porta alle sue spalle e lasciandoci ancora da soli. "Dunque, ora che la faccenda è sistemata, mi sono vergognata abbastanza e ti ho fatto le mie più sincere scuse" dissi abbracciando la borsa calda, "posso lasciarti tornare dai tuoi amici" aggiunsi sforzandomi di sorridergli. Mi sorrise maligno, "Non credere che sia così facile". Lo guardai totalmente sconnessa mentre tirò fuori il telefono dalla sua tasca anteriore dei pantaloni. Compose un numero e portò l'Iphone all'orecchio. "Bro, non torno a casa. Fate quello che vi pare" disse solo, attendendo poi una risposta che fu breve, terminando infine la telefonata. Lo guardai ancora interdetta. "Cosa?" dissi, cercando di capire. Senza darmi risposte si tolse la felpa nera, appoggiandola su una poltroncina, levò le Vans nere ed i calzini, appoggiandole sul pavimento vicino ad essa, togliendosi anche la maglietta bianca, che buttò sopra alla felpa. Fece scendere anche i pantaloni della tuta grigi, lasciandoli sulla seduta, a differenza del resto ripiegato sullo schienale. Rimase in boxer bianchi targati Calvin Klein davanti a me, mentirei se dicessi che non volevo scoparlo seduta stante. Raggiunse il letto prima di invitarmi a lasciargli dello spazio. Sempre interdetta, mi spostai lasciando che si infilasse sotto le coperte, facendomi girare ed aderire la schiena al suo petto, avvolgendo un braccio attorno al mio addome scoperto, poggiando la mano sul mio ventre.
"Mi spiace che dopo tutto questo tu ancora provi imbarazzo nei miei confronti" sussurrò al mio orecchio, la sua voce morbida e delicata come la seta. "Non è colpa tua, è solo...personale" cercai di giustificarmi. "Ma tu sei mia, principessa" disse con tono ancora più basso, facendomi avvertire il suo labbro sfiorarmi il lobo e lasciando poi baci leggeri sulla pelle sottostante ad esso, facendomi inspirare pesantemente. "Sei un po' calda, effettivamente, forse hai un pochino di febbre" disse ancora. "Ne dubito, sei solo tu che mi fai agitare" confessai timida girandomi verso di lui. Mi sorrise, con uno dei suoi sorrisi sghembi e super sexy che mi facevano impazzire, uno di quelli talmente smagliante da poter illuminare al buio, facendo sorridere anche me. "Ho avuto davvero paura che mi stessi evitando" disse, accarezzandomi una guancia e non perdendo il contatto con il mio sguardo col suo. "Me n'ero accorta" sorrisi. "No sul serio, non riuscivo a darmi pace, pensavo andasse tutto bene" disse guardando altrove. "Justin" sussurrai appoggiando una mano sul bicipite del suo braccio, la quale mano mi stava ancora accarezzando il viso, cercando di attirare tutta la sua attenzione, "non potrei stare meglio di come sono ora", dissi prendendo infine la sua mano e baciandola. Dopo un lungo scambio di sguardi intensi riportò la sua mano al lato del mio viso, avvicinandosi lentamente a me per poi poggiare le sue labbra sulle mie, in maniera dolce. Le une si muovevano lente sulle altre, plasmandole perfettamente, finché la sua lingua non chiese bisognosamente l'accesso alla mia bocca, picchiettandola sopra al mio labbro inferiore, che si schiuse quasi subito. Il nostro bacio pieno di passione e sentimento si prolungò, mentre la sua mano vagava dal mio viso al mio fianco, e la mia dal suo bicipite all'elastico dei suoi boxer, unico indumento che mi permetteva di avvicinarlo ancora di più a me, ed accavallando poi la mia gamba sopra il lato della sua. Scese infine con la mano dal mio fianco al mio fondo schiena, raggiungendo poi la mia coscia afferrandola e portandola più su sulla sua anca, facendo scontrare involontariamente la sua erezione con la mia intimità e facendomi gemere, mentre le mie mani scorrevano sui suoi addominali e poi sul suoi fianco, percorrendo la sua schiena in sfioramenti dall'alto al basso. Le cose cominciarono a riscaldarsi proprio quando Justin decise saggiamente di allontanare le nostre labbra ancora congiunte. Mi invitò a distendermi a pancia in su, poggiando la sua mano ancora sul mio addome e cominciando dei movimenti circolari su di esso. Non so come spiegarla, ma era una cosa così intima. "Sono felice di averti incontrata" sussurrò, guardandomi mentre sosteneva la sua testa sull'altra mano, col gomito puntellato nel cuscino. Questo ragazzo avrebbe rubato il mio cuore, e non sapevo se sarei stata pronta ad affrontare tutto ciò che questo comportava. "Anche io", dissi sincera e senza nemmeno pensarci, spostando repentinamente lo sguardo dal soffitto bianco sopra di me ai suoi occhi al mio fianco, ruotando il capo. 
Restammo incalcolabili secondi eterni a fissarci: le sue iridi, le sue ciglia, il suo naso, le sue labbra, era tutto perfetto, banale ma vero.
In un attimo mi dimenticai di ogni cosa e di ogni male, mentre l'unica cosa che avvertivo era i suo sguardo sulla mia anima e la sua mano che compieva una magia sulla mia pancia. 
"Ehy, di cosa volevi parlarmi?" dissi, spuntandomene fuori dal nulla e guardandolo come se mi fossi appena ricordata la miglior cosa del mondo. Eccitata come una bimba. Fece una dolce risatina: "Beeeeeh.. diciamo che la settimana prossima voglio avere del tempo completamente per me e per i miei amici più cari. Che impegni hai?" mi chiese guardandomi furbo, burlandosi di me, sapendo che non potevo avere impegni inderogabili. "Sai che non ho nulla da fare. Poche chiacchiere Bieber, cos'hai in mente?" chiesi ancora più curiosa con finto tono da gangster. "Partiamo!" 

  

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