Chapter 42

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Ci vollero molto autocontrollo e fermezza nell'obbligare Justin ad uscire dalla doccia, ma dopo qualche tentativo di seduzione per farmi cedere quasi riuscito, riuscii a farcela. Ci vestimmo velocemente, io con un'altra delle sue solite magliette lunghissime e un paio di boxer, prendemmo la Ferrari verde e ci dirigemmo a casa mia.
"Fa come se fossi a casa tua, se possibile. Io devo vestirmi e truccarmi" dissi rivolgendomi a Justin entrando in casa e poggiando le chiavi sul mobile dell'entrata, indicando poi la mia umile dimora con un cenno della mano e salendo per le scale, intenzionata a raggiungere il prima possibile la mia camera: l'agitazione si era ripresentata. Si era attutita nella doccia poco prima, ma durò troppo poco.
Entrai subito in bagno, pettinai i capelli e li legai velocemente, applicando poi la crema idratante sul viso. La lasciai asciugare, entrando nella cabina armadio e cercando disperatamente qualcosa di appropriato da indossare. Un gemito frustrato uscì dalle mie labbra quando  realizzai che non avevo la più pallida idea di cosa avrei potuto mettermi addosso. Abbandonai la cabina armadio per dirigermi nuovamente  verso il bagno per cominciare a truccarmi e non perdere tempo inutilmente a fissare mensole e grucce. Cominciai  a preoccuparmi del mio viso, cercando di non esagerare ma apparire per lo meno presentabile. Venticinque minuti più tardi ebbi finito e sciolsi i capelli, ripettinandoli.
Tornai in camera togliendomi la maglia e i boxer di Jay, notando la tragica sorpresa dell'arrivo del mio ciclo. "Oh, merda!" ringhiai urlando, ancora più sotto pressione di prima.
"Piccola, tutto bene?" gridò Justin preoccupato dal piano di sotto.
Mi misi le mani nei capelli, non potendo pensare anche a questa stronzata. "Sì, tutto apposto!" gridai in risposta, sperando che non continuasse a fare domande: sarebbe stato imbarazzante. "Sicura piccola, ti sento nervosa. Hai bisogno di una mano col vestire?" chiese ancora. Tesoro, non è il momento ora, stai zitto. Presi un paio di slip neri e mi ricatapultai in bagno, dove misi l'assorbente e li indossai. Lavai le mani e tornai al guardaroba.
"Ed ora, che cazzo mi metto?" dissi tra me e me. "Non mi hai dato risposta, quindi mi sono presentato" disse Justin materializzandosi davanti alla porta della cabina. "Non so cosa tu abbia appena detto, ma credo che ti serva un consiglio sul vestire." aggiunse poi guardandomi. Avevo parlato in italiano, per quello stava solo presupponendo.
Mi ringrazia mentalmente per aver indossato un assorbente interno e dunque qualcosa di non visibile dall'esterno.
"Non so assolutamente che tipo di abbigliamento debba indossare" dissi sospirando. "Piccola, non importa, basta solo che tu sia comoda, a nessuno importerà" disse avvicinandosi e guardandomi negli occhi, prima di avvolgere le mani ai miei fianchi, sfiorandoli in modo dolce, quanto la sua voce confortante. "Facile per te dirlo: indossi una sleepy shirt, un paio di jeans matching set ed un paio di Vans e potresti comunque vincere un premio per questo!" dissi indicando dapprima la sua maglia nera, i suoi pantaloni anch'essi neri e le Vans bianche, odiandolo e scrutandolo con sguardo seccato ed intimidendogli di non replicare,  girandomi poi nuovamente verso i miei capi. Si lasciò sfuggire un sospiro, abbracciando la mia vita dal retro del mio corpo.
Okay, mi serviva qualcosa che mi facesse sembrare presentabile, ma comunque una persona senza troppe pretese, con la testa apposto e i piedi per terra. Ad un tratto ebbi un lampo di genio: optai per la semplicità che non fosse scontata e sul sembrare genuina. Mi avvicinai ad un paio di jeans stretti, strappati su entrambe le ginocchia, una maglia-maglioncino leggero grigio con manica a tre quarti ed indossai il tutto. Dopodiché corsi fuori dal guardaroba e successivamente dalla mia camera,  entrando in camera di Kay e prendendo in prestito le sue décolleté nude. Le infilai e tornai velocemente in camera, dove spruzzai del profumo e indossai il mio orologio dorato. Mi posizionai davanti allo specchio, aggiustando i capelli con le mani un'ultima volta e guardando il mio riflesso. Casual, confortevole, sportiva ma non troppo: potevo sembrare quello che ero, ovvero una comune ragazza normale.
"Troppo street?" dissi girandomi verso di Justin, in cerca di un assenso.
Si leccò le labbra, guardandomi un ultima volta,gli ci vollero un paio di secondi di silenzio. "Dio, quei jeans ti fanno un culo pazzesco!" disse, cercando di guardarlo ancora dallo specchio alle mie spalle. "Justin!" esclamai lamentandomi "dimmi solo se vado bene vestita così!" dissi esasperata. "Sei bellissima, come sempre" disse avvicinandosi a me e guardandomi negli occhi, pensando che mi volesse baciare, ma poi tornò a fissare il mio fondo schiena nello specchio. "Justin!" mi lamentai di nuovo, tirandogli una pacca sul petto, che poco dopo cominciò a vibrare a causa della sua risata. Cominciai a ridere anche io, non riuscendo nemmeno a rimanere indignata davanti a quello che era il suono più bello del mondo: la sua risata. Ripresi la clutch nera della sera prima e scendemmo le scale indirizzandoci verso l'uscita, non prima che afferrai le chiavi di casa.
"Stai tranquilla piccola, sarà piacevole" disse Justin dopo che entrammo in macchina, afferrando la mia mano una volta allacciate le cinture e poco prima di mettere in moto l'auto, avvertendo la mia tensione. "Mmh" mugugnai solo, annuendo. Portò la mia mano alla sua bocca, baciandone le nocche ed avviando poi il motore, facendoci partire.
Venti minuti più tardi eravamo arrivati a Malibù, dove Scooter viveva con la moglie Yael.
Justin scese, suonando il campanello della villa e tornando in macchina  senza aspettare risposta. Il cancello di ferro si aprì dinnanzi a noi giusto mentre Jay tornava alla guida. Entrammo nella corte della bellissima villetta, parcheggiammo l'auto sul vialetto. "Eccoci qui" disse Justin, rivolgendosi verso di me dopo un viaggio silenzioso. "Piccola, andrà tutto bene, ti adoreranno, non devi farti problemi! Vogliono solo assicurasi che non rimanga ancora ferito" disse guardandomi. Strinsi la sua mano prima di parlare: "Okay, mi fido di te, andiamo" dissi, attendendo la sua uscita dall'auto. Rimasi seduta ancora un momento, inspirando ed espirando pesantemente, immersa nei miei pensieri, finché non venni interrotta dalla portiera al mio fianco che si aprì: Justin l'aveva aperta e mi stava invitando a scendere con galanteria. Gli sorrisi uscendo, e lui piazzò un bacio sulla mia guancia. "Sei bellissima" sussurrò un'ultima volta al mio orecchio,  cercando si rasserenarmi: ce la fece. Mi prese per mano e ci girammo verso la porta d'ingresso, trovandovi un giovane uomo, che immaginai fosse Scooter, ad attenderci appoggiato allo stipite con un sorriso in volto. Da quanto tempo era lì ad osservarci? Che imbarazzo.
"Ciao Scoot!" esclamò Justin sorridente, velocizzando il passo per poi andare ad abbracciarlo: si vedeva l'affetto che provava per lui. "Ciao Jay" esclamò  a sua volta Scooter, tirando delle leggere pacche sulla sua schiena, nell'abbraccio. Passarono pochi secondi prima che entrambi puntarono il proprio sguardo su di me, facendomi imbarazzare non poco.
"Scooter" disse Justin dopo esserai schiarito la voce ed infrangendo l'imbarazzante silenzio , "lei è Lucia" disse passando lo sguardo da me a lui, "Lucia, lui è il mio manager, Scooter Braun" disse, riportando lo sguardo su di me.
Egli allungò la mano verso di me in segno di saluto, mi mossi immediatamente per afferrarla e stringergliela. Dopo avermi guardata dal basso verso l'alto rapidamente, mi rivolse un sorriso educato, ma caloroso. Risposi con uno timido. "Piacere di conoscerti" disse subito dopo, "Piacere mio, signor Braun" dissi, con rigoroso rispetto. Justin scoppiò  a ridere, mentre il sorriso sul volto dell'uomo si allargò: "Ti prego, niente formalità" disse. Mi imbarazzai ancora di più sul posto, se possibile.
"Beh, siamo stati fuori abbastanza, entrate pure ragazzi, benvenuti" disse in seguito, spostandosi e lasciandoci spazio ad entrare, indicando l'interno della casa con un cenno della mano. Justin smise di ridere scuotendo la testa ed avvolgendo la mia vita con un braccio, invitandomi ad entrare con lui, mente Scooter chiudeva la porta alle nostre spalle. "Yael?" chiese Justin, rivolgendosi al manager. "È in cucina a preparare il pranzo" rispose subito dopo. Entrammo in salotto e successivamente raggiungemmo la grande cucina open space. "Tesoro, sono arrivati i ragazzi!" ci annunciò Scooter a sua moglie. Quella che intuii fosse Yael si girò verso di noi, sorridendoci prima di parlare: "Ciao ragazzi!" disse avvicinandosi a Justin e a me. "Ciao Yael!" esclamò il mio biondo preferito.
"Ciao Jay, come stai?" disse la bellissima donna dinnanzi a noi, abbracciandolo sbrigativamente e baciando entrambe le sue guance. "Tutto bene, tu come stai?" disse lui in modo affabile. "Tutto bene!" Si girò verso di me, guardandomi velocemente con un sorriso ancora in volto: "lei dovrebbe essere-" "lei è Lucia" disse Justin, interrompendola. "È  davvero carina!" Disse rivolgendosi ancora a lui, come se io non fossi stata presente. Fui sicura di essere arrossita perché sentivo il viso bollente. "Piacere!" disse riportando l'attenzione su di me e porgendomi la mano che, nuovamente, mi affrettai a stringere. "Piacere mio Signora-" "Solo Yael" esclamò, interrompendomi. "Ti prego, non sono così vecchia!" disse sorridendomi e facendomi un occhiolino "Oh, non era mia intenzione farlo credere" le dissi, sorridendo. "Bene, donne, torno sul divano a vedere la partita. Justin, vieni con me?" disse Scooter, rivolgendosi prima a noi ragazze e poi a Jay. Subito dopo, egli, si girò verso di me, lanciandomi una richiesta silenziosa con lo sguardo: voleva sapere se mi sentivo a mio agio a stare senza di lui. Annuii velocemente, facendogli intendere che era tutto apposto. Mi sorrise, avvicinandosi a me e baciandomi la fronte: "chiama se hai bisogno" disse per poi stamparmi un veloce e discreto bacio sulle labbra. "Don Giovanni, vai a dieci metri da lei, non in guerra!" Esclamò Scooter, facendo ridere la bellissima moglie e scomparendo nel salotto adiacente alla cucina, seguito da Justin.
"Bene, sembra che ci abbiano lasciate da sole a faticare!" disse Yael sorridendomi. "Ti andrebbe di aiutarmi a cucinare?" Mi chiese poi, inclinando il volto di lato, continuando a sorridere. "Assolutamente sì!" esclamai sorridendo ed avvicinandomi a lei. Sembrava così affabile e gentile. Mi piaceva. 
"Qual è il menù?" domandai curiosa "Spaghetti alla bolognese, arrosto e nel frigo c'è una torta al cioccolato" disse, pesando la pasta. "Sembra fantastico! Come posso aiutarti?" dissi, guardando che in realtà tutto era al giusto posto: l'acqua che attendeva i bollore sul fuoco, il ragù nella pentola che cuoceva e l'arrosto nel forno. "Oh, effettivamente c'è poco altro da fare" disse, poco dopo aver controllato tutte le pietanze attorno a lei, "però devi assolutamente assaggiare il mio ragù e dirmi com'è!" disse prendendo un cucchiaio dal cassetto al suo fianco ed intingendolo nella pentola dove il ragù era. Mi avvicinai a lei, che me lo passò: mi sembrava di star cucinando con mia madre, non perché fosse vecchia o altro, semplicemente mi faceva sentire a mio agio quanto come fossi in famiglia. Soffiai qualche volta sul sugo per raffreddarlo prima di assaggiarlo dalla punta dell'utensile. "Yael, ma... è delizioso!" dissi, mettendo poi tutto il cucchiaio in bocca e guardandola annuendo. Euforica gioì battendo le mani. "Grazie mille cara: mi ci sono impegnata tutta la mattina seguendo una ricetta italiana. E' stata davvero una fortuna che siate venuti oggi!" disse riprendendo poi a mescolare il tutto. "Bene, direi almeno che il minimo che possa fare è apparecchiare la tavola" dissi sentendomi alquanto inutile. "Grazie, sei davvero gentile. Le posate sono in questo cassetto, mentre nella credenza laggiù ci sono piatti e bicchieri. La tovaglia è già in tavola" disse riconcentrandosi sul cibo. Cominciai così ad apparecchiare, ci vollero solo pochi minuti prima che finii. Portai in tavola anche bibite e condimenti e dell'insalata, per poi tornare a fianco di Yael, dove avetti tempo di guardarla: era minuta, ma nel complesso visivo slanciata con gambe lunghe e magre ed un  corpo generalmente snello. Portava i suoi capelli ondulati e biondo scuro tendente al castano chiaro raccolti in una coda, il quale elastico lasciava fuoriuscire qualche ciocca ribelle, i suo viso era curato, ma non esageratamente truccato, i suoi occhi nocciola tendenti al verde mi ricordavano molto quelli di Justin, mentre indossava semplicemente un paio di skinny jeans ed una camicetta azzurra, per lo più coperta dal grembiule bianco da cucina. Mentirei se dicessi che non era una bellissima donna, e avrei scommesso dicendo che non aveva troppi più anni di me. 
"Beh, gli spaghetti sono quasi pronti ed il forno con l'arrosto è spento. Potresti gentilmente chiamare i ragazzi?" disse rivolgendosi a me con un sorriso caloroso mentre si allungava a prendere delle presine. Accennai con un movimento del capo ed un sorriso, dirigendomi verso la sala dove i ragazzi stavano guardando una partita di basket, urlando e facendo baccano. Mi schiarii la gola prima di parlare, in modo da ottenere la loro attenzione: "Uomini, il pranzo è pronto" dissi sentendomi in leggero imbarazzo sotto lo sguardo inquisitorio, ma non negativo, di Scooter: stava tirando le sue somme su di me. Justin saltò in piedi come una molla, presentandosi davanti a me con un sorriso ebete per poi afferrare le mie mani e baciare la punta del mio naso, mentre il manager spense la televisione e poi si alzò dalla sua poltrona. Loro si diressero in bagno, presunsi, a lavare la mani, mentre io lo feci in cucina, per poi aiutare Yael a servire i piatti. 
Ci accomodammo ai posti a sedere e dopo un 'buon appetito' da parte del padrone di casa cominciammo a mangiare. "Wow piccola, questa pasta è davvero fantastica!" si complimentò Scooter con la sua mogliettina. "Già Yael, davvero strepitosa" dissi aggregandomi ai meritati complimenti e prendendo una nuova forchettata di spaghetti.
"Beh, Lucia, parlaci un po' di te" esclamò Scoot dopo poco. 
Guardai dapprima lui e poi velocemente Justin, prima di riportare il mio sguardo al mio interlocutore e rispondere alla domanda, raccontando la mia lunga storia corta. 

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