Chapter 4

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Entrammo in casa, e lo facemmo come se non fosse stata casa nostra, come se fossimo delle intruse, insicure e quasi in punta di piedi, intimidite da tale maestosità.Tuttavia, era doveroso ammettere che fosse una casa straordinaria, esageratamente grande, ma bellissima.

All'ingresso il pavimento era di marmo bianco e lucido, le pareti panna e dal soffitto pendeva uno di quei grandi e maestosi lampadari con vetri pendenti che trasudavano lusso. Subito sulla destra c'era una stanza adibita a salotto, con due divani di pelle nera, mobili laccati bianchi ed un'enorme televisione a schermo piatto, ultra sottile, anch'essa nera. Poco più avanti c'era un tavolo di cristallo, da sei posti, con gambe ricoperte d'ecopelle nera, intonate alle sedie poste tutt'attorno, anch'esse ricoperte dello stesso materiale. Di fianco al tavolo, sulla destra, c'era una porta scorrevole di vetro che portava alla cucina: un grande open space con piani cottura e arredamento I-tech, tutto molto all'avanguardia, che si affacciava tramite un'intera parete di vetro sul giardino posteriore della casa e direttamente sulla piscina. Tornammo nell'atrio d'entrata percorrendo le scale sulla nostra destra e salendo al piano superiore.

Un corridoio con quattro porte, due per lato, si propose davanti a noi. La prima porta a sinistra era un bagno, un fantastico enorme bagno dotato di vasca idromassaggio, doccia e due lavandini; la prima porta a destra, come le seconde porte a destra e a sinistra erano camere da letto. Ogni una era dotata di bagno privato e di una modesta cabina armadio. Riservammo la stanza della prima porta a destra del corridoio per gli ospiti, e io e Kathe scegliemmo le nostre stanze, rispettivamente io quella con la seconda porta a destra e lei quella con la seconda porta sulla sinistra. Portammo su le nostre valige e, ritrovandoci nuovamente in atrio, ci accorgemmo di altre due porte color panna che si mimetizzavano col muro parallelo a quello del portone d'entrata, divise tra loro da un piccolo tavolino di legno intagliato dello stesso colore, con maniglie d'oro intonate ai pomelli di queste ultime.

Una porta, quella di sinistra, apparteneva ad una stanza che si affacciava, tramite una parete di vetro come quella cucina, sul giardino posteriore ed era adibita a studio con tre divani posti a ferro di cavallo rivolti verso la vetrata, una scrivania in vetro, simile al tavolo della sala da pranzo ma più piccolo, ed una sedia d'ufficio posizionata davanti ad esso,con un Apple Mac fisso posto sulla scrivania.

L'altra porta bianca, ovvero quella di destra, portava al garage.

Ricevetti un messaggio, e non aspettando nessuno guardai lo schermo con aria confusa. Era mio padre: "Spero che la casa vi piaccia. Ho riaccreditato sul tuo conto i soldi che ci avevate dato per il suo acquisto. Utilizzateli insieme agli altri per il negozio, e ciò che vi avanza usatelo per comprare un auto, vi servirà. Non arrabbiatevi, è stata l'unica cosa che abbiamo potuto fare, accettatelo come regalo da parte nostra e dei genitori di Katherin. A me e a mamma manchi già bambina mia, fai la brava, ci fidiamo di te. Ti vogliamo bene."

Mi commossi, devo essere onesta. Non piansi, certo, ma un leggero brivido mi oltrepassò e un piccolo sorriso si formò sul mio volto.

Dopo aver informato Kathe del messaggio di mio padre, salimmo nelle nostre stanze e, successivamente aver disfatto le valige riempiendo le nostre cabine armadio ed esponendo qualche oggetto personale rendendo le camere più accoglienti, decidemmo di metterci subito a letto, anche se erano appena le 5.14 pm perché stremate dal jet lag, decidendo di impostare le sveglie per il mattino successivo in modo da poter esplorare un po' la zona e guardare un alcuni di quei locali che avevamo già preso in considerazione, tramite un'agenzia, per l'apertura del nostro negozio.

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