Chapter 29

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Il viaggio in auto non durò troppo allungo, all'incirca una ventina di minuti. Se non avevo errato con l'orientamento e nel leggere le indicazioni stradali dovevamo essere a Beverly Hills. Arrivammo davanti al ristorante lo 'Spago' e scendemmo dall'auto, lasciandone le chiavi al parcheggiatore. 
Justin avvolse la mia vita con un braccio, accompagnandomi verso l'entrata. Varcammo la soglia del locale ed un signore in giacca e cravatta, addetto alle ordinazioni, chiese il nome sotto il quale avevamo prenotato, più per convenzione che per saperlo: ogni persona di Los Angeles sapeva chi fosse Justin Bieber, ed anzi, con ogni probabilità, ogni persona del pianeta sapeva chi lui fosse, ripensandoci. "Prenotazione privè a nome Bieber" disse Justin con aria vagamente annoiata da quella routine inutile quale era la sua presentazione, quasi fosse la solita sceneggiata priva di senso. "Mi segua pure, Mr Bieber" disse un'altro uomo in completo da cameriere avvicinandosi a noi. Sfilammo al lato della grande sala arredata con la predominanza del bianco e nero, mentre più di qualche persona ci fissava: assurdo come la gente che ci accerchiava fosse palesemente ricca, eppure guardasse Justin come qualcuno di superiore e qualche uomo perfino più grande di lui lo guardasse quasi con timoroso rispetto. Fummo fatti accomodare in una stanza privata del secondo piano: un salotto moderno ed appartato con un terrazzo che si affacciava su tutta Beverly Hills, momentaneamente al crepuscolo.
Ci accomodammo al tavolo, ove Justin sposto la sedia al mio posto per farmi sedere, mentre ci venne chiesto cosa avremmo preferito bere. Ordinò una bottiglia di Beringer del 2009 ed una di acqua naturale, e lo amai per questo. Congedò con un cenno del capo il cameriere che si dileguò in silenzio. "Ti piace qui?" mi chiese poi. "Sì, il locale è fantastico ed il panorama è splendido" dissi sinceramente sorpresa dalla location. 
"Qui preparano di tutto appartenente alla cucina californiana, ma la loro carne è davvero la migliore. Spero ti piaccia" mi disse in maniera gentile e premuroso, appoggiando il viso sulle sue mani conserte davanti ad esso, sostenendosi dai gomiti. Gli sorrisi. Tornò il cameriere con le nostre ordinazioni e riempiendo i nostri calici di vino rosso, dopo averlo fatto degustare a Justin, che lo ritenne adeguato. 
Ci porse anche i menù, consigliandoci le specialità del periodo. Se non avevo capito male, ogni mese c'era un nuovo ingrediente sulla quale si basavano i piatti. Alla fine ordinai una bistecca New York Prime a cottura media con purè di patate dolci, asparagi e salsa bordelaise e non scherzai pensando che fosse stata una delle scelte più difficili della mia vita. Justin, invece, prese un arrosto cotto a fuoco lento Dover Sole con piselli inglesi, pancetta, funghi Maitake in riduzione di vino rosso e lo disse con una nonchalance disarmante. Congedammo il cameriere prima che Justin alzò il suo calice per brindare:"A te, a questa splendida serata e al vostro negozio" disse guardandomi negli occhi, facendomi arrossire. "Ed anche a te, Mr Bieber" dissi imbarazzata per poi aggiungere un 'salute' assieme a lui. "Sei davvero splendida, quel vestito ti sta d'incanto" disse dopo aver preso un primo sorso di vino, facendomi ancora avvampare. "Grazie, speravo ti piacesse. Anche tu, come ti dicevo prima, sei uno schianto. Dovresti vestirti più spesso così" ammisi. "Sembro più 'maturo'?" dichiarò con tono acidulo, collegandosi alla mini-discussione di quella mattina ed al geometra, del quale mi era già dimenticata. "Non ricominciare piccolo. Comunque sì, sembri più maturo, e sei sexy" dissi con sguardo accattivante. "Sono sempre sexy, piccola" disse con sorriso malizioso, "Ed io sempre splendida, piccolo" ribattei; "Touché" ripose nuovamente, per poi appoggiare la sua mano sulla mia e accarezzarne il dorso. "Ieri in studio ho registrato una nuova canzone" dichiarò immerso nei suoi pensieri e prendendomi alla sprovvista. "E' magnifico! Stai componendo un nuovo album?" chiesi sinceramente interessata: rimarrà sempre uno dei miei cantanti preferiti. "Ci sto provando, anche se ultimamente non ho la giusta ispirazione, sto cambiando un po' rotta. Comunque quello rimane l'intento." rispose sorridendo. "Non vedo l'ora di sentire qualcosa di nuovo" dissi, facendolo sorridere ulteriormente "Beh, che c'è? Rimarrò sempre una tua fan!" dissi prendendo un altro sorso di vino e facendo guizzare lo sguardo a destra e a sinistra. Lo guardai ancora, ed era così fottutamente bello e perfetto, e completamente dannato, era tipo il mio frutto proibito nell'Eden, capace di distruggermi ed inibirmi. 
Tenni il mio calice in mano e mi alzai da tavola, affacciandomi al balcone godendomi la vista, sicura che Justin mi avrebbe seguita. Una volta appoggiati i gomiti alla ringhiera, infatti, sentì il suo tocco leggero tracciarmi la spina dorsale, dal collo al coccige, prendendo contatto con la mia schiena nuda. Lo avvertii sorridere non appena rabbrividii. Mi gira di lato, verso la sua direzione, non perdendomi un dettaglio del suo volto. "Per quante altre ragazze hai fatto una cosa simile?" mi azzardai a chiedere indicando l'interno della sala col mento. Mise la mano libera dal calice in tasca, sorridendo ed  avvicinandosi ancora a me, prima di parlare: "Non ho ricordi di essermi vestito così ed aver preparato quello per qualcuno" disse apparendo sincero. "Potrei essere la prima, Bieber?" dissi reggendo il suo sguardo ed alzando un sopracciglio, non credendo del tutto alle sue parole. Abbassò leggermente il collo, avvicinandosi al mio orecchio prima di sussurrare:"Potresti essere la prima" e sentirlo baciarmi il lobo e subito sotto l'orecchio ed il collo. Rientrai dal balcone appoggiando il mio bicchiere di cristallo sul tavolo e avvicinandomi ad un divano posto davanti la vetrata, seguita da Justin che fece lo stesso. 
Rimasi in piedi a guardarlo mentre lui si sedette lentamente sul sofà, non interrompendo il contatto visivo. Mi misi dietro al divano, appoggiando gli avambracci intorno alle sue spalle e chinando il busto, avvicinando la testa alla sua, la mia bocca al suo orecchio:"Mi sento lusingata da ciò" sussurrai al suo lato, all'altezza del suo viso, riferendomi al fatto che fossi la prima per cui avesse mai fatto una cosa del genere, per poi far scendere una mano dal suo collo lungo tutto il suo petto, il suo addome e fino alla coscia, perpendicolarmente al livello del cavallo dei suoi pantaloni. Lo sentì espirare rumorosamente, facendo scorrere la punta delle dita su e giù per il suo interno coscia. Mi rimisi dritta, tornando davanti a lui e sedendomici in braccio, di fianco e con le gambe dallo stesso lato: il vestito non mi permetteva troppi movimenti. Justin  aveva ancora il respiro leggermente pesante e non disse una parola, si limitò ad osservare ogni mio movimento. 
Strinsi tra le mani il bavero della giacca del suo completo, avvicinando leggermente il suo torce a me e facendo avvicinare le mie labbra al suo collo baciandolo lentamente e castamente. Arrivai al colletto della camicia e sbottonai altrettanto lentamente i primi due bottoni, sfiorando i punti precedenti del suo collo con l'estremità del mio indice, per poi sostare con esso la camicia e riavvicinare le mie labbra nel punto appena scoperto tra il collo e la spalla. Baciai ripetutamente quel punto, per poi leccarlo appena e tornare al suo orecchio, afferrandone il lobo con i denti e succhiandolo, mentre lui strozzò un respiro. Mi allontanai leggermente, facendo passare il mio sorriso compiaciuto a contatto con la pelle  del suo collo, riscendendo verso il punto basso di prima, prima di morderlo leggermente e di succhiarlo, dapprima piano e poi con sempre più vigore. Mi accertai di lasciare un segno mentre,  nel frattempo, lui circondò il mio bacino stringendo le mani sul mio fianco, attirandomi a se. Smisi il mio capolavoro, lasciando un altro bacio leggero sopra alla pelle arrossata ed ipersensibile di quel punto e richiusi lentamente i bottoni della camicia, rimettendone apposto il colletto. Mi ritrovai faccia a faccia con lui, che apparve totalmente stregato da me. Avvicina il mio viso al suo, sfiorando le sue labbra con le mie, come se stessi per baciarlo, ma in realtà mi fermai e non lo feci. 
Restò fermo per circa tre o quattro secondi prima di congiungere le nostre labbra. Mi bacio con passione ma lentamente, per poi aggiungere la sua lingua ed intensificare il bacio. Strinse di più la presa alla mia vita, appiccicando il mio fianco al suo torace, per poi tenermi da lì con una mano sola, mentre con l'altra si dirigeva verso la mia schiena, che percorse circa quattro volte. Riportò anche la mano al fianco e portò quell'altra sul mio ginocchio, facendola salire e salire, fino a sfiorare il mio pube e poi accarezzare il mio ventre. Ringraziai il cielo per aver indossato un vestito lungo. Salì ancora, all'altezza del mio seno sinistro, avvolgendolo con la mano e stringendolo. Non potei far a meno di gemere nella sua bocca. Non so cosa quel suono provocò nella sua mente, ma mi prese in braccio alzandosi, per poi stendermi velocemente su quel divano e posizionandosi sopra di me, baciandomi ancora, per poi passare al mio collo e palpeggiando ancora il mio seno, mentre si reggeva su un solo avambraccio. Stavo letteralmente impazzendo e le mie mani scivolarono dal suo collo alla sua cintura, slacciandola sempre più velocemente prima di aprirla del tutto, sbottonare il pantaloni ed abbassarne la zip, infilando una mano al di fuori dei suoi boxer, massaggiando la sua erezione in maggiore crescita. Toccò a lui gemere a quel punto. 
Qualcuno bussò alla porta, annunciando l'arrivo delle pietanze. Justin si alzò rimettendosi apposto la cintura ed il resto, mentre io lo seguii, si passò una mano tra i capelli ed avvicinandoci al tavolo diede il permesso di entrare. Ci sedemmo mentre il nostro cameriere entrò con un altro ragazzo, che servì dinnanzi a noi i nostri piatti, ed augurandoci buon appetito ci congedarono. Guardai il ragazzo seduto di fronte a me, visibilmente frustrato, lasciandomi scappare una risatina. "Verrai punita per questo prima o poi" disse a bassa voce, quasi come se lo dicesse più a se stesso che a me. 
"Certo, come te del resto." dissi, per poi aggiungere:"Buon appetito" e così cominciammo a mangiare. Il cibo era sublime e gustoso, veramente ottimo, Justin aveva ragione come sempre:"E' tutto squisito, hai avuto ragione anche stavolta" dissi rivolgendomi a lui, prima di asciugarmi le labbra con il tovagliolo e bere un altro sorso di quell'ottimo Beringer. "Lo so piccola, ho sempre ragione. Comunque, sinceramente, non vedo l'ora di mangiare il dolce" disse con aria leggermente maliziosa. Lo guardai negli occhi prima di parlare:"Io no, invece, nonostante mi piaccia qui, non vedo l'ora di andarmene" ammisi. "Come mai?" mi chiese lui, reggendomi il gioco. "Potrei.. Potrei avere dell'altro di meglio da fare" aggiunsi sempre guardandolo negli occhi e sfiorando il mio collo, per poi vederlo deglutire pesantemente. 
"Possiamo andarcene anche subito, piccola" disse boccheggiando. "Perché tanta fretta? Lasciami finire questo filetto, comunque, e poi possiamo andare" dissi riprendendo a mangiare e succhiando la punta di un asparago. "Mi sembrava che fossi tu ad avere fretta" disse lui, fissandomi un'ultima volta prima di tornare a mangiare. Mandai giù il boccone che avevo in bocca, mi pulii la bocca e bevvi, quella volta, un sorso d'acqua fresca. Sorrisi subito dopo, prima di rivolgergli la parola:"Non dire cose di cui potresti pentirti, Bieber" dissi. "Non avevi forse fretta di finire?" disse guardandomi con uno sguardo vispo ed un sopracciglio alzato. "Stai zitto e concludi ciò che hai nel piatto" dissi scoppiando a ridere ed indicando la sua portata con la forchetta nella mia mano destra. Rise anche lui scuotendo la testa. Dopo circa un quarto d'ora finimmo di mangiare ed il nostro cameriere personale, a quanto pareva, entrò nella stanza chiedendo prima il permesso. Ci chiese come stava procedendo la cena e vedendo i nostri piatti vuoti chiese se gradivamo dell'altro. Senza nemmeno farmi parlare Justin rispose velocemente di no e chiese il conto. Aspettai che l'uomo fosse uscito prima di lasciarmi scappare un sorriso, non volendo esplicitargli la situazione. "Sembra che sia tu ad avere fretta ora" dissi rivolgendogli uno sguardo. "Piccola, non puoi nemmeno immaginare quanto sia di corsa e quanto voglia uscire di qui in questo momento" annunciò senza riserve, facendomi rimanere a bocca ironicamente aperta. "Non fingere di essere indignata, hai cominciato tu tutto questo ed ora te ne assumi le responsabilità!" disse ridendo. "Tranquillo, non preoccuparti di questo" dissi, lasciando il discorso in sospeso, dato che fummo interrotti nuovamente dal cameriere, che porse il conto a Justin, il quale mise nel taccuino alcune banconote che non persi tempo ad analizzare e dopo essere lasciati nuovamente soli si alzò in piedi, fermandosi davanti a me ed aspettando che afferrassi la sua mano. Mi alzai afferrando la pochette e la sua mano ed abbandonammo la stanza, scendendo al piano terra ed uscendo successivamente dalla porta principale, dopo essere stati congedati dallo stesso signore dell'inizio della serata alla reception. Justin richiese la sua auto al parcheggiatore, che nel giro di pochi minuti gliela restituì. Lasciò una mancia più che generosa al ragazzo, mentre io entrai in macchina, e poi si accomodò al posto di guida. "Dove preferiresti andare?" mi chiese beffardo. Il bastardo aveva bisogno che gli urlassi in faccia il fatto che necessitavo ardentemente di dover essere fottuta da lui! "Non saprei, dove mi consiglieresti di andare?" chiesi con aria di sufficienza e noncuranza, come se un posto fosse valso l'altro. Accese il motore ed ingranò la marcia, ridendo e scuotendo la testa prima di parlare: "Sei davvero impossibile." "Grazie" risposi alla sua affermazione, sorridendo compiaciuta a me stessa vedendo che stava imboccando la strada per tornare a Calabasas, convinta che ci saremmo diretti a casa sua,  dove effettivamente arrivammo dopo venticinque minuti. "Ti va di salire?" mi chiese con voce ammaliante dopo aver parcheggiato e spento l'auto, rivolgendomi il suo sguardo infuocante, come se non fosse già stato previsto che avremmo passato la notte insieme da lui, in qualsiasi caso. "Sì, mi va di entrare" dissi ricambiando l'occhiata ed aprendo la portiera in simbiosi a lui. Girammo intorno all'auto e prendendomi per mano mi guidò alla porta d'ingresso, dove tolse i vari allarmi ed antifurti prima di aprirne la serratura e farmi accomodare, tenendomela aperta e richiudendola dietro le mie spalle. Feci appena in tempo a vedere l'ora luminosa sul decoder affianco al moderno televisore, prima di essere sbattuta al muro e baciata violentemente nel buio notturno, quasi fosse un deja vu: 10.22 pm. 

   


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