Chapter 55

4.6K 148 2
                                    

Eravamo all'aeroporto, sulla pista del decollo, ovviamente in un'aria riservata ad i soli veicoli privati. Caricarono i nostri bagagli finché facevamo conoscenza con i piloti, dopodiché, finite le formalità, salimmo a bordo congedando e ringraziando Gerard per l'ultima volta. 

"Dunque, sei pronta?" mi sussurrò all'orecchio Justin mentre salivamo le scalette d'imbarco, tenendomi per mano. "Sono pronta" risposi con voce roca, "e tu?" chiesi. Non mi resi conto subito che stavo sorridendo. "Piccola, sono giorni che organizzo tutto questo" disse poco prima che entrammo nel lussuoso jet, "sono più che pronto" aggiunse e concluse sussurrando, baciandomi una guancia e fermandosi appena all'entrata, in modo da darmi la giusta posizione dalla quale vedere l'interno dell'abitacolo. Non era esageratamente grande, cioè, era spazioso e più che pieno di comfort, ma non era esageratamente grande: avevo paura avesse potuto possedere un qualcosa come un Boeing 747, ed invece era più contenuto e discreto, per quanto potesse esserlo un jet privato. Era comunque sprecato per soli due passeggeri. 
Mi fermai ad ammirare il tutto, come si è soliti fare non appena si entri in un luogo mai visto prima: c'erano comode poltrone beige e tavoli ai lati delle pareti, che erano di un materiale riflettente, simile ad uno specchio, di color grigio antracite ed adornate dai tipici oblò, uniche cose definibili tali per un mezzo finalizzato all'utilizzo di volare; la moquette che ricopriva il pavimento era nera, mentre il soffitto era bianco, ricreando un perfetto stile di arredamento. "Ti piace?" mi chiese piano Justin, scrutando la mia faccia impassibile. "E' fantastico" dissi soltanto, abbastanza senza parole: era la mia prima vota su un jet privato ed era probabilmente più lussuoso di casa mia. Anzi, con ogni probabilità lo era.
"Bene" disse, rilassandosi e sorridendomi. "Prendiamo posto: non appena saremmo in volo ti mostrerò tutto" disse prendendomi per mano e facendomi accomodare su uno dei sedili posti in coppia frontalmente, facendomi sedere dinnanzi a lui. Gli fui grata per avermi fatta mettere rivolta nella direzione di decollo. Diedi conferma ai miei pensieri: le sedute erano più che comode. Mi diedi un'altra occhiata attorno. "A proposito" dissi, a bassa voce abbastanza intimorita da tutta la magnificenza che mi circondava. Justin mi prestò uno sguardo che mi incitava a continuare. "Quanto durerà il volo?" chiesi imbarazzata, non sapendo minimamente questo tipo di dettagli. "Da qui ad Honolulu sono poco meno di 6 ore" disse sorridendomi gentilmente. Sapevo ci fosse parecchia distanza da noi alla nostra destinazione, ma non ero preparata a quello. "Wow" dissi leggermente esterrefatta, "Pensavo un qualcosa tipo 4 ore" confessai. "Tranquilla, possiamo fare tutto quello che vogliamo durante il volo. Vedrai che faremmo passare il tempo" disse, stranamente senza malizia, "potremmo guardare qualche film" disse premuroso. Il mio sorriso si contorse maliziosamente, mente mi sporgevo in avanti verso di lui, "Oppure, potremmo fare qualcos'altro" dissi in maniera seducente, facendogli un occhiolino. Rimase intontito per una frazione di secondo, come se o avessi scioccato, poi, compreso il mio piano, comparve sul suo volto il suo adorabile sorriso sexy. "Oh" rispose sorpreso, prendendo velocemente, ma in maniera dolce, il mio viso tra le mani e stampando un bacio sulle mie labbra. La voce del pilota che si diffondeva dall'interfono ci fece dividere, riportandoci le solite indicazioni generali. Dopo un lungo monologo, la parola venne passata a Melody, la nostra assistente di volo. Spiegò, come d'usuale, le norme di sicurezza e le uscite d'emergenza, riportandomi con la mente alla bionda vampiro che era stata la nostra hostess, mia e di Kathe, qualche settimana prima: c'erano caratteristiche congruenti, forse le fabbricavano perfette. Come l'ultima volta sentivo, ma non ascoltavo, ripensando a quanto le cose siano incredibilmente cambiate da allora. Ci pregarono di allacciare le cinture di sicurezza, in quanto stava per essere effettuato il decollo. Ero talmente rapita, affascinata ed immersa dal luogo in cui mi trovavo, da Justin e dai miei pensieri da non essermi nemmeno accorta del frastuono dei motori azionati tempo prima. La hostess ci congedò, scomparendo all'interno della cabina di pilotaggio, mentre l'aero cominciava a spostarsi sull'asfalto della pista. I miei occhi si erano spostati a guardare fuori dall'oblò. Non appena gli pneumatici di staccarono dal suolo diedi un'ultima occhiata fuori, per poi guardare riluttante dalla parte opposta il pavimento del jet, abbassando il parasole con la mano, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. "Hai paura di volare?" chiese immediatamente Justin, vedendo che qualcosa non andava ed afferrandomi una mano, accarezzandola con delicatezza. "Non esattamente" dissi deglutendo, guardando i miei piedi. "E allora cosa?" chiese, sporgendosi verso di me. "Niente, soffro solo di vertigini" disse forzando un sorriso e cercando di rilassare i nervi tesi. "Cerca di non pensarci piccola" disse baciandomi ogni nocca, "Non immaginavo fosse un  tale tipo di disagio per te" disse leggermente intristito. "Oh no piccolo, appena saremo in quota mi passerà perfino di mente, è solo il decollo la parte difficile" ammisi sorridendo realmente, non volevo che si incolpasse di una cosa così sciocca da cui non dipendeva nemmeno. Pochi minuti dopo eravamo in quota, lo affermarono anche le spie delle cinture di sicurezza che si spensero poco sopra alle nostre teste. 
"Ti va di vedere l'altra parte?" disse Justin, cercando di farmi distrarre ed annuendo verso la parte di jet alle mie spalle. Annuii slacciando la cintura ed alzandomi in piedi dopo di lui. Mi fece passare davanti a se, avvolgendomi la vita con le mani e camminando dietro di me, guidandomi. Cominciai a rabbrividire al suo tocco bollente sulla mia pelle fresca, accorgendomi di iniziare ad avere un po' di freddo e maledicendomi per non aver preso nemmeno una felpa prima di uscire di casa. Questa sorpresa mi aveva fottuto il cervello. "Piccola, hai freddo?" chiese Justin con tono lievemente preoccupato. Mi girai di poco col capo, abbastanza per poterlo guardare negli occhi, mordendomi le labbra come se fossi stata colpevole. "Un po'" ammisi, "prima, a casa, ero così assorta e sorpresa che non mi era venuto in mente di prendere una felpa" dichiarai timida. La presa sui miei fianchi scomparì, mentre il suono di una zip che si abbassava si fece l'unico rumore udibile.  Poco dopo, Justin, mi appoggiò la sua felpa sulle spalle, aiutandomi ad infilarne le mani. Mi girai verso di lui, "E tu non avrai freddo?" chiesi guardandolo negli occhi. "Piccola, stavo cominciando a sudare" disse sorridendomi, "E poi lo sappiamo tutti che io sono sempre hot" aggiunse, facendo mutare il suo in un sorriso sghembo. Ditemi che non lo aveva detto sul serio. Cercai di trattenere una risata, ma non con risultati eccellenti. "Sei incredibile" dissi perdendomi nelle sue iridi, ripensando per un attimo al mio risveglio di quella mattina. "Sì, me lo dicono in tante" disse facendo il figo. Alzai un sopracciglio prima di rispondere, "Non in quel senso" dissi, "intendevo dire che sei pessimo" aggiunsi, girandomi verso la parete. 
Ridacchiò avvolgendomi ancora i fianchi con la sua presa.
Varcammo la porta che ci divideva dal resto dell'interno dell'abitacolo. "Qui c'è il bagno" indicò una porta che aprì rivelando un bagno, completo di doccia e tutti i sanitari, il tutto sui toni del panna e dell'oro. Niente sembrava appartenere ad un aeroplano lì dentro. "Qui invece" disse richiudendola ed avanzando ed indicando altre due porte "ci sono un paio di camere da letto" disse con nonchalance aprendo prima l'una e poi l'altra porta. Due camere comprese di letto matrimoniale e televisori a schermo piatto, anch'esse arredate in bianco panna ed oro. "Questo è l'angolo bar" disse sostando davanti ad un bancone che conteneva qualsiasi tipo di bevanda alcolica e non ed un apposito frigo per vivande. "E da quella parte c'è a cucina e la parte del personale di bordo" disse facendo spallucce. Forse dovevo aspettare prima di pensare che fosse un jet privato 'modesto'.  
"Bene" aggiunse non appena avevamo finito il tour del jet, guardando il Rolex d'oro con diamanti al suo polso. Quell'orologio era puro sesso. "Abbiamo ancora cinque ore e quarantacinque di volo. Che si fa?" disse alzando lo sguardo verso di me e sorridendomi. "Andiamo a farmi vedere un film mentre mi coccoli" dissi scherzando, facendo spallucce. "Ai suoi ordini, principessa" disse prendendomi in braccio a mo'di sposa mentre ridacchiavo come una scolaretta e riportandomi nella prima parte del jet, riservata a soggiorno. Schiacciò un qualche pulsante di un divanetto, facendone reclinare lo schienale in modo da poterci far mettere comodi, prendendo posto dopo aver preso una coperta e qualche guanciale dal vano porta oggetti sopra di noi. Il tutto aveva lo squisito profumo della biancheria appena pulita. 
Mi indicò il posto affianco a lui, battendo su di esso il palmo della mano, mentre prendeva il telecomando posto sul bracciolo al suo fianco. Premette non so quale pulsante, facendo scendere uno schermo ultra piatto davanti a noi, direttamente dal soffitto. Lo accese ed entrò su Netflix, mentre io cercavo di mascherare il mio stupore. "Che cosa guardiamo?" mi chiese rivolgendomi la sua attenzione. "Perché me lo chiedi sempre?" dissi sbuffando. "Non ne ho la più pallida idea, mi fido dei tuoi gusti!" dissi lagnandomi. Mi sorrise scuotendo la testa. "Cosa ne dici di guardare uno dei miei film preferiti?" mi chiese dolcemente. "Che genere di film è?" chiesi, sapendo di poter imparare qualcosa di nuovo e di profondamente privato su di lui. "Si intitola 'The Notebook' ed è un genere drammatico-sentimentale" disse facendo spallucce, "praticamente il film preferito del mio io femminile" aggiunse ridacchiando. Era strano come si aprisse con me senza vergognarsi dei suoi pensieri più intimi, non che avesse di cui vergognarsi, comunque. Era solo bello sapere come si sentisse a suo agio con me, o per lo meno come sembrava esserlo. "Mi hai incuriosito. Andata per 'The Notebook', Jay Jay" dissi poggiando una mano tra i suoi capelli e scompigliandoli. "Ehy, non i capelli!" si lamentò allontanando velocemente la mia mano dal suo capo e rimettendo meticolosamente apposto la sua soffice chioma. Ridacchiai mentre mi guardava arrabbiato. "Scusami piccolo" dissi facendogli una faccetta tenera. Senza nemmeno rispondermi mi sorrise e morse i mio labbro inferiore, esposto verso l'esterno. "Allora, guardiamo questo film!" esclamai entusiasta, facendo in modo che lo cercasse sul motore di ricerca di Netflix. Mentre aspettavo che partisse il film, accorgendomi del free wifi all'interno dell'aereo, mi venne in mente che sarebbe stato carino informare i miei genitori del fatto che stavo volando per le Hawaii, così estrassi il telefono dalla tasca dei pantaloni della mia tuta ed entrai su Whatsapp. Cliccai sulla chat di gruppo della mia famiglia, cominciando a digitare un messaggio in cui spiegavo loro come stavano le cose. "Con chi ti scrivi?" mi chiese il biondo, cercando di allungare l'occhio, ma fingendosi indifferente. "Con la mia famiglia: sono un paio di giorni che non li sento e non li avevo ancora informati sul viaggio" dissi, ancora concentrata sullo schermo del mio smartphone, intenta sia a leggere i messaggi ricevuti che a scriverne di nuovo. "Oh" disse come se si fosse ricordato di qualcosa di importante, "questo mi ricorda che devo avvisare mia madre che sono in viaggio" disse prendendo l'Iphone dalla tasca dei pantaloncini, cominciando a scrivere. Per un momento mi ricordai nuovamente che non era altro che un comune ventunenne, figlio di qualcuno, parente di qualcuno, amico di qualcuno. "Justin" dissi distogliendo lo sguardo dal mio cellulare. Si girò verso di me annuendo. "Tua madre sa qualcosa riguardo... me?" non sapevo come chiederglielo perché non volevo sembrare qualcuno che si dava delle arie o chissà cosa. "Sì, ovviamente. Perché, i tuoi non sanno di me?" mi chiese come se fosse la cosa più palese del mondo. Per un momento stavo morendo dalla curiosità di sapere cosa avesse detto di me a sua madre. "Sì, sanno che.. ci frequentiamo" dissi imbarazzata, "ma non sanno granché" aggiunsi, arrossendo. Ovviamente non sapevano i dettagli privati della nostra relazione, qualsiasi essa fosse, e non sapevano nemmeno ci vedessimo così spesso e che condividessimo così tanto tempo assieme. In pratica, sapevano solo che era un vicino, che lo avevo conosciuto e con il quale eravamo uscite qualche volta. Avevo detto a mia madre che mi aveva portata fuori a cena e che lo ritenevo interessante e che valeva la pena di conoscerlo più a fondo, ma non avevo ancora detto loro che per me le cose erano così serie. Il che mi fece pensare che sarebbe stato imbarazzante dover spiegare loro la profondità dei miei sentimenti. "Beh.. mia madre sa di te" disse con un tono strano, come se fosse ferito per il fatto che non avessi parlato abbastanza di lui con i miei genitori. "Il mio rapporto con lei è sempre stato come quello con una migliore amica. Negli ultimi paio d'anni ci siamo un po' separati per via della lontananza tra noi e per le mie innumerevoli bravate," disse distogliendo lo sguardo e grattandosi i capelli sulla nuca, "ma le voglio davvero molto bene, ed ora che i rapporti con lei sono ritornati buoni ho ripreso a parlare con lei di tutto." aggiunse tornando a fissarmi negli occhi. "Intendo, la maggior parte delle cose. Non proprio tutto, perché ovviamente sono cresciuto ed alcune cose preferirei rimanessero private, ma la maggior parte, e le faccio capire le mie intenzioni." concluse. Era chiaro quanto le volesse bene e quanto fosse maturato nel tempo. Una domanda mi sorse spontanea. "E con tuo padre, invece?" chiesi senza ritegno. "Anche con lui ho un rapporto d'amicizia fantastico, fa parte della squadra!" disse ridacchiando. "Non conduco discorsi super sentimentale con lui, ma posso comunque dirgli qualsiasi cosa, sapendo di non essere giudicato e di ricevere sempre consigli, esattamente come con mia madre, solo su diversi argomenti, come è normale che sia, credo" concluse sorridendomi. "E' bello che tu abbia questo tipo di rapporto con loro" confessai genuinamente. Mi guardò, sorridendomi tristemente prima di parlare: "Sai, nel mio mondo non puoi fidarti di chiunque" disse guardandomi dall'alto al basso e deglutendo, "perciò si ha bisogno di gente con cui poter parlare, confidarsi e ricevere consigli della quale ci si possa fidare ciecamente." Era così doloroso sentirlo parlare in quel modo, ma sapevo avesse completamente ragione. Mi pianse il cuore a pensare a quanti colpi bassi avesse dovuto ricevere durante tutti gli anni della sua carriera, nonostante fosse solo un ragazzino e nonostante fosse una persona così gentile e buona. Anche lui aveva commesso errori, ma come chiunque altro adolescente, per non parlare di come vanno fuori dai binari i ricchi ed i famosi, distaccandosi completamente dalla realtà. La fama, i soldi, le donne e i vari approfittatori: deve aver passato anche dei periodi realmente molto bui e difficili. 
"Io.. mi dispiace averti fatto venire in mente tutto questo" confessai con un filo di voce, "non era mia intenzione" replicai velocemente: capitava spesso quando mi sentivo imbarazzata o in colpa per qualcosa. "Tranquilla" mi bloccò sul nascere del mio sfogo impulsivo, sorridendomi e poggiando una mano sul mio ginocchio, da sopra la coperta, "non hai nulla di cui scusarti" replicò sorridendomi dolcemente. Mi vennero in mente, per un attimo, le sue parole di qualche sera prima, di quando mi aveva detto che non mi avrebbe ferito e mi sentii così egoista per non aver capito che lui sarebbe potuto rimanere bruciato quanto me. Ero così concentrata sul vederlo così perfetto e lontano da me, come se fosse stato su un alto piedistallo, da non capire che nonostante potrebbe non ricambiare i miei sentimenti con la stessa potenza anche lui ne aveva, come qualsiasi altra persona. "Justin, io non ti ferirò" dissi senza nemmeno rendermene conto, completamente atona, come se fosse stato direttamente il mio subconscio a parlare. I suoi occhi si allargarono per un istante, per poi ritornare normali e celare in qualsiasi modo i suoi pensieri, come se avessi potuto leggerli se le sue mura fossero crollate. 





IndependentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora