𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝙵𝚒𝚟𝚎

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"Ecco perché gli Stati Uniti d'America entrarono a far parte del conflitto...".

Due ore, erano due ore che la professoressa Wilson, l'insegnante di storia, parlava a macchinetta senza  mai riprendere fiato.

Non si era accorta che stava parlando a se stessa? In classe nessuno la stava ascoltando, c'era chi fissava il cellulare, chi dormiva utilizzando lo zaino come cuscino, altri chiacchieravano tra di loro, e c'era anche chi si stava tranquillamente facendo la manicure.

Neanche io la stavo più ad ascoltare, non che la storia mi fosse mai interessata particolarmente, ma solo dopo i primi dieci minuti mi ero così annoiata che avevo cominciato a scarabocchiare sopra al quaderno.

Il suono della campanella, che suonò poco dopo, quasi mi sembrò un miracolo.

Un brusio di voci si sollevò nella stanza: 'Allora erano ancora vivi..' pensai dopo due ore che non era volata neanche una mosca, avevo iniziato a preoccuparmi.

I primi ragazzi cominciarono ad uscire, fregandosene della professoressa che, con ancora in mano il gessetto bianco, dettava le pagine da studiare per il giorno successivo.

Riposi accuratamente il materiale nello zaino e mi apprestai ad uscire come gli altri ragazzi.

Tra il chiacchierare dei vari studenti che incrociai fuori in cortile scorsi purtroppo, anche la voce di Noah che era uscito dopo di me dalla classe.

"Victoria, aspetta" lo sentii gridarmi alle spalle.

Accelerai il passo senza voltarmi, lo avevo già evitato questa mattina uscendo di soppiatto da casa senza farmi vedere da nessuno e raggiungendo la scuola in autobus.

"Victoria, lo so che mi senti" continuò a gridare dietro di me.

I miei sforzi di camminare il più velocemente possibile alla fine risultarono vani, mi raggiunse mettendomi una mano sulla spalla.

"Non toccarmi" mi voltai minacciosa.

"Okay, scusami..." indietreggiò per creare distanza tra noi.

"Volevo solo dirti che ti accompagno io a casa"

"Non serve..." mi affrettai a dire.

"Non sto andando a casa, ho un appuntamento con un amica" mentii.

In verità alle 15,00 avevo fissato una seduta con la dottoressa Marquez, non mi andava di dirglielo, se Noah lo avesse scoperto sarebbe sicuramente andato a dire a Peter che frequentavo una strizza cervelli e che ero matta.

Non volevo si facessero gli affari miei.

"Oh beh, dammi l'indirizzo e ti porterò lì" insistette.

"Posso andare tranquillamente in autobus"

"Non esiste, non ti lascio andare in giro da sola in una città che conosci appena".

Dio...quanto era fastidioso.

Sbuffai infastidita.

"Va bene, hai vinto" cedetti alla sua richiesta, ero già in ritardo, non potevo continuare a perdere tempo a discutere con questo bimbetto.

Il sorriso compiaciuto che si dipinse sul suo volto mi fece accapponare la pelle, brutto viziato, sicuramente non era abituato a ricevere un 'no' come risposta.

Salii in auto, controvoglia, ma per mia fortuna non si azzardò ad aprire bocca se non per chiedermi in quale direzione dovesse andare.

Mi feci lasciare a qualche isolato dallo studio della dottoressa, temevo che mi avrebbe seguita.

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