𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚂𝚒𝚡

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In punta di piedi, per non svegliare nonna che dormivano beatamente nella stanza affianco, corsi in camera di mia mamma.

A fatica salii sul letto, lei ancora girata di spalle, dormiva e sembrava così felice e in pace con stessa .

Con le mie piccole manine iniziai a scuoterla gentilmente.

"Mammina..." le sussurrai dolcemente alle orecchie.

“Mammina..." ripetei.

Le vidi flebilmente aprire un occhio alla volta, ancora assonnata.

Le sue labbra si curvarono in un tenero sorriso.

"Mammina, voglio vedere l'alba" le dissi.

Mia mamma si stiracchio e mi guardò con espressione stanca in volto.

"Principessa, ma sono le 4.00".

Il suo sguardo parlava chiaro, era molto provata e stanca dai duri orari lavorativi, ma io, ancora in dolce età, non me ne rendevo conto.

"Ti prego..." la pregai facendo gli occhioni dolci, sapevo non avrebbe resistito.

"D'accordo...corri a vestirti" cedette.

Mia mamma odiava dovermi dire di no, ormai lo sapevo, faceva sempre di tutto affinché i miei capricci venissero accontentati.

Qualche giorno fa, a scuola, la maestra ci aveva fatto una lezione per spiegarci cosa era l'alba, il momento del giorno in cui nasceva il sole.

Non avevo mai visto nascere il sole, quando succedeva io ancora dormivo.

Ne ero rimasta però così affascinata che da quel giorno non avevo pensato ad altro, dovevo vedere un’alba.

Avevo parlato della lezione alla mamma, che ridendo mi aveva promesso che un giorno io e lei avremmo visto insieme quello splendido momento.

Quel giorno era oggi.

Mi svegliai dall'ennesimo incubo, stavolta a causa di violenti colpi provenienti dal retro della casa.

Gettai nervosamente a terra le coperte, non potevo riposare neanche oggi che era domenica, pensai.

Frustrata, mi alzai per capire la causa dei rumori.

Mi sporsi dalla mia finestra che affacciava proprio sul retro della casa, lì un Noah tutto gocciolante di sudore e senza maglietta stava giocando a basket.

"Vuoi lasciarmi dormire, stupido idiota?" gli gridai dal secondo piano.

Sentendo la mia voce, Noah si fermò, iniziando a cercarmi con lo sguardo, quando mi vide, si coprì gli occhi con il braccio per coprirsi da un raggio di sole.

"Buongiorno, sorellina" ridacchiò.

Cavolo, quante volte gli avevo intimato di non chiamarmi così.

"Vaffanculo" gridai per farmi sentire bene da lui.

In tutta risposta, facendomi capire che aveva ascoltato le mie parole, si rimise a giocare.

Mi stava facendo imbestialire.

Chiusi violentemente la finestra.

Non lo sopportavo, lo avrei volentieri ucciso con le mie mani se solo questo non avrebbe implicato finire il resto dei miei giorni in una squallida galera.

Teach me to dreamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora