𝚃𝚠𝚎𝚗𝚝𝚢-𝚜𝚒𝚡

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Zoe Pov's

"Mi scusi professore...", attirai la sua attenzione sollevando la mano decorata con sgargianti unghie, a forma di mandorla, smaltate di un sobrio colore rosso rubino.

"Potrei uscire per andare in bagno?", chiesi.

Ottenuto il permesso mi alzai dal mio banco posto in ultima fila, in mezzo a quello delle mie due migliori amiche, e cercando di esprimere un passo sicuro e deciso sorpassai i miei compagni, intenti a seguire la lezione, per uscire.

Nel corridoio semi vuoto, eccetto per qualche collaboratore scolastico intento a pulire, il rumore dei miei tacchi, che ero solita indossare, rimbombò tra le pareti.

Non riuscì a raggiungere in tempo la porta del bagno che come una bambina di dieci anni iniziai a singhiozzare, presa da un momento di sconforto.

Spinsi la porta aprendola, nessuno avrebbe dovuto vedermi piangere.

Ancora non potevo crederci, Noah mi aveva lasciata, così, su due piedi.

Mi appoggiai con le mani al lungo lavabo specchiandomi allo specchio del bagno, non troppo pulito.

Le lente lacrime che solcavano le mie guance avevano sciolto il trucco che ero solita applicare ogni mattina.

Il mio viso era un misto di lacrime e sbavature di diversi colori.

Stavo passando dei giorni pessimi, Noah mi aveva lasciata un paio di giorni fa, da quell' istante niente sembrava andare nel verso giusto.

Sforzai un sorriso al mio riflesso.

Sei una forza, devi reagire, sei una donna alpha, dimostralo a te stessa cazzo.

Tentai un sorriso al mio riflesso.

Compativo me stessa, nonostante gli sforzi fatti per piacere a Noah mi aveva ugualmente lasciata.

Mi sentivo una sfigata.

Alle mie spalle sentii il rumore dello sciacquone.

Cazzo, avrei dovuto controllare di essere sola.

Tentai inutilmente di ricompormi assumendo una postura sicura.

Attraverso lo specchio notai Victoria uscire dal gabinetto.

Non appena mi notò prese a fissarmi con sguardo compassionevole.

La odiavo, con tutta me stessa, da quando era arrivata niente era andato più come previsto, era anche colpa sua se io e Noah ci eravamo lasciati.

Tirai su con il naso.

"Cosa hai da guardare?", la sfidai con lo sguardo infastidita.

Alle mie parole il suo sguardo divenne freddo ed impassibile, quello che mi riservava d'altronde ogni qualvolta mi incontrava.

Non prima di avermi squadrata da cima fondo un ultima volta, uscii.

Scoppiai nuovamente in lacrime.

Sola, ero sola, questa era la verità.

Nessuno mi apprezzava per quella che realmente ero.

Potevo fingere di essere la più bella e la più popolare ma in cuor mio sapevo di essere sola e forse pensandoci, avrei preferito essere meno carina, meno popolare, ma almeno circondata di persone sincere.

Un anno prima...

La prima cosa che si notava nel vedermi era la chioma dorata che mi scendeva lunga e fluente sulle spalle, solitamente ero propensa a sistemarla in due lunghe trecce.

Teach me to dreamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora