𝚃𝚠𝚎𝚗𝚝𝚢-𝚏𝚘𝚞𝚛

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Abel pov's

Stavo giocando con le lego che mi aveva regalato la mamma per il mio compleanno.

Avevo quasi terminato di costruire il castello del re, ci avevo impiegato tutto il pomeriggio.

Ero in casa da solo, nella mia stanza, mamma era uscita per fare delle commissioni.

La sentì rientrare nel preciso istante in cui terminai la mia costruzione.

Mi alzai in piedi entusiasta, dovevo mostrarle il mio capolavoro.

Uscii dalla stanza e mi catapultati giù per le scale.

Avevo un sorriso che partiva da un lato e terminava dall altro della bocca.

Entrai a gran corsa in sala bloccandomi in mezzo alla stanza.

Mamma non mi aveva sentito entrare.

Il sorriso mi scomparve.

Stava piangendo?, perché la mamma piangeva rannicchiata sulla poltrona?.

Mi dava le spalle e in mano teneva dei fogli pieni di scritte che non riuscivo a leggere.

"Mammina..."pronunciai con la voce tremante.

Mia madre sussultò accortasi della mia presenza, si ricompose asciugandosi le lacrime e facendomi il sorriso più forzato del mondo, si voltò verso di me.

"Ei piccolo, tutto bene?, vieni dalla mamma".

Allargò le sue grandi braccia facendomi segno di avvicinarmi.

"Perché stavi piangendo?", le chiesi secco guardandola dritta negli occhi.

"Oh no amore, non stavo piangendo, ti sbagli".

Mentiva, lo sapevo.

"Cosa sono quei fogli?".

"Oh niente tesoro, bollette" rispose sbrigativa piegando i fogli e mettendoli dietro alla schiena.

Avevo otto anni ma non ero così stupido.

Mia mamma non era mai riuscita una volta a mentirmi, le leggevo la verità nello sguardo, non mi avrebbe fatto fesso stavolta.

***

Mi svegliai di soprassalto mezzo di sudore.

La luna piena che stava splendendo in cielo illuminava in parte la stanza.

Mi portai una mano sul petto e per qualche istante ascoltai il battito accelerato del mio cuore.

Avevo la gola secca, necessitavo di un bicchiere di acqua.

Con passo svelto, ma silenzioso, per evitare di svegliare gli altri ragazzi nelle stanze, scesi in cucina.

Era tutto quanto buio, e la cucina era avvolta nel più spettrale silenzio, eccetto per un piccolo rumore che catturò all istante la mia attenzione.

Voltai la faccia verso la penisola dove intravisi una figura femminile di spalle.

Era lei, ne ero certo, Victoria.

Silenziosamente mi avvicinai.

Non era mia intenzione spaventarla ma inconsapevolmente la ragazza si voltò vedendomi a sbattere contro.

Dovetti tapparle la bocca per evitare un suo possibile grido e le lamentele di tutti gli altri.

"Sono io ragazzina, non avere paura" le sussurrai piano.

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