VENTINOVE

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Guidiamo fino a Darlinghurst e ci infiliamo ad alta velocità nel parcheggio del St. Vincent's Hospital.

«Vai, Hetty» mi dice mamma. «Cerco un posto e vi raggiungo subito.»

«Okay.» Mi asciugo le lacrime con la mano e scendo di tutta fretta dall'auto. Corro dentro all'edificio e raggiungo subito lo sportello dell'accettazione, incurante che ci siano o meno altri in attesa.

«Buonasera. Heather Gilmour. Dominic Warnecke. Può dirmi dov'è?»

L'addetta, una donna di mezza età con i capelli corti, mi guarda stupefatta. Ho la sensazione che mi stia credendo pazza.

«Per favore» la imploro, «sono la sua ragazza.»

Lei sbatte le palpebre, ma alla fine mi rivolge un sorriso affabile. «Okay, lasciami controllare.» Sposta lo sguardo sullo schermo, mentre io non riesco a stare ferma.

«È in terapia intensiva, cara» mi dice.

"Terapia intensiva?!"

«Devi andare al...»

Ma io sono già scappata via. Corro nei corridoi seguendo tutti i cartelli che mi trovo davanti. Dovrei prendere l'ascensore, ma per far prima mi faccio tutte le scale fino al reparto della terapia intensiva.

Finalmente, in fondo a un corridoio, vedo Beth seduta su una sedia, che sta parlando al telefono. Chiude proprio ora la conversazione.

«Beth!» la chiamo.

Lei si volta, alzandosi in piedi. «Hetty!»

Le corro incontro, gettandomi fra le sue braccia.

«Oh, tesoro» sussurra. «Che bello, sei qui.»

«Oh, Beth» gemo. Appoggio il viso sulla sua spalla, bagnandole il tailleur di lacrime. Mi ci vuole parecchio per riuscire a calmarmi.

«Dov'è Dom?» le chiedo con un filo di voce.

«È qui. Vieni.» La sua voce è ridotta a poco più di un mormorio. Sembra così debole. Una madre in pena per suo figlio.

La stanza è sobria, asettica e funzionale. Appena entro, Geoff mi nota e mi viene incontro.

«Ciao, piccola» mormora. Mi abbraccia stretto.

«Ciao.»

Dom è accanto alla finestra, in un letto enorme circondato da tecnologia futuristica. La sola vista mi fa scoppiare a piangere. Ha flebo infilate in entrambe le braccia, e un morsetto che gli stringe un dito. Il battito cardiaco è ancora regolare, scandito dal monitor sulla destra. Un tubo gli esce dall'angolo della bocca e finisce dentro un respiratore, che continua a pompargli aria dentro e fuori i polmoni. Non mi serve una spiegazione per capire che sono collassati. Non ho mai visto Dom così piccolo, così vulnerabile. Ed è come se tutto il mondo mi crollasse addosso.

«Posso stare qui?» chiedo debolmente.

«E lo chiedi anche?» Geoff fa un debole sorriso triste.

Mi abbandono sulla sedia di fianco al letto e prendo Dom per mano. La sua è ancora tiepida. Anche con il viso deformato dal respiratore è sempre così bello.

"Perché, Dom?" penso. "Perché a te?"

Appoggio la testa di fianco al suo braccio, e riprendo a singhiozzare.


Mia mamma arriva poco dopo. Abbraccia Beth e Geoff, visibilmente scossa. Dopo mezz'ora arriva anche Dan.

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