TRENTATRÉ

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Eccoci arrivati. L'ultimo lunedì dell'anno scolastico. Mi sento molto eccitata per quest'ultima settimana, forse quasi in colpa, addirittura.

Dom passa a prendermi sotto casa, e guida fino a scuola sotto il vigile sguardo di Beth.

«Buona ultima settimana, ragazzi!» ci saluta sul marciapiedi.

«Un ultimo sforzo» dico.

Faccio un passo verso l'entrata, ma Dom mi ferma prendendomi per mano. Mi guarda da sotto gli occhiali a specchio. «Ora possiamo andare.»

Camminiamo verso l'ingresso con le dita intrecciate. Tutti gli studenti di fuori si girano a guardarci. Alcuni sono stupiti, altri (soprattutto ragazze) scioccati. La maggior parte sono incuriositi. Solo i nostri compagni ci sorridono normalmente.

Entriamo dentro l'edificio, sotto una moltitudine di sguardi diversi. Ci stanno fissando praticamente tutti. Due suoi compagni di squadra gli lanciano un'occhiata d'intesa. Di norma sarei morta dalla vergogna, con tutti questi occhi addosso. Il primo giorno avevo l'ansia a mille solo perché alcuni avevano voltato la testa verso di me. Mentre ora mi sento a mio agio; solo molto osservata.

La cosa che mi soddisfa più di tutte è vedere lo shock sulle facce delle ragazze che filavano dietro a Dom. La smorfiosa della festa è inorridita. Sembra aver masticato del veleno. Le sorrido allegramente, come se fosse una vecchia amica. Lei si rifugia in aula, offesa e rassegnata. La sfigata Gilmour le è appena sfrecciata davanti!

«Non ti senti osservato?» sussurro.

Ridacchia. «Probabilmente stiamo infrangendo tutte le regole. Ma se dobbiamo andare all'inferno...» Mi lascia la mano per stringermi a sé con un braccio, e sfiliamo così fino in aula. La giornata è cominciata proprio nel verso giusto!


Martedì facciamo l'ultimo allenamento di pallavolo dell'anno dato che, per via dell'organizzazione del ballo, la palestra sarà off-limits per il resto della settimana.

Sono due ore divertenti e poco stancanti, al termine delle quali Miss Tarr ci fa un lungo discorso su quanto sia stata orgogliosa di noi e dei progressi che abbiamo fatto nel corso dell'anno. Si sofferma particolarmente su di me, ringraziando le ragazze per avermi fatta sentire parte del gruppo, e si complimenta per gli enormi passi in avanti che ho fatto in questi due mesi. Io sorrido e ringrazio timidamente, mentre le altre mi stringono.

«Ora, un attimo di attenzione» aggiunge, «Gretchen ha qualcosa da dirvi.»

Il capitano esce dal gruppo e si mette davanti a noi. Il suo sguardo è felice, con una punta di malinconia.

«Ragazze...» Sospira. «Come ben sapete, io l'anno prossimo andrò all'università, e non sarò più con voi.»

Molte la guardano tristi.

«Non vi farò un discorso strappalacrime» dice. «Ci tenevo solo a dirvi questo: in tanti anni che sono in questa scuola, non ho mai, mai incontrato persone migliori di quelle che sono qui con me, in questo momento. Voi siete le migliori amiche che abbia mai avuto. Non importa se le nostre strade si divideranno, per sempre o per riunirsi di nuovo. Conoscervi è stato un onore, e tutte voi rimarrete per sempre nel mio cuore.»

La abbracciamo tutte insieme. Ad alcune scendono lo stesso le lacrime. Anch'io ho gli occhi lucidi. In questi due mesi Gretchen è diventata una buona amica, e sarà triste non rivederla più ad allenamento. Ma questo non è un addio. Lei continuerà sempre a far parte delle nostre vite, ne sono certa.

«Un'ultima cosa, ragazze, poi potete andare» dice la coach. «Come vi ha detto Gretchen, da gennaio lei non sarà più qui con noi, il che significa che la squadra avrà bisogno di un nuovo capitano. Gretchen?»

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