Lilla

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Capitolo 7

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Capitolo 7

La vita è un gioco, la cui prima regola è far finta che non lo sia●

Erano passati tre giorni dalla fatidica dalia nera sul mio armadietto. Mi ero rifiutata categoricamente, di andare a scuola nei due giorni seguenti. Mi era impossibile entrare in quei corridoi dal colore giallo, ed essere vista e derisa da tutti.

Io, che per due anni ero rimasta in un angolo nascosto. Io, che volevo passare un'altro anno felice e spensierata.

Maledetto Caleb War!

Mi trovai di fronte allo specchio a ordinare ai miei piedi di muoversi, ma le forze erano a terra e la voglia di buttarmi di nuovo a letto era pressante.

Mia zia, era uscita presto per due giorni di fila. Con tutti i miei problemi mi dimenticai di chiederle come stava.

Purtroppo ero al corrente dei conti in rosso, le avevo visti sopra il tavolo un po' di tempo fa, ed era per questo motivo che non potevo permettermi di lasciare il lavoro. Se me ne andavo sarebbe stata obbligata ad assumere qualcun'altro al posto mio.

Glielo chiesi parecchie volte durante l'estate, di come stavano andando i conti, ma si rifiutò categoricamente di aprire quel discorso.

Sbuffai per la millesima volta e mi misi un cardigan nero sopra la maglietta verde.

Uscii di casa e lo stress ci mise poco a fare ritorno nella mia testa. Avevo le viscere attorcigliate, la paura strisciava come un serpente velenoso sotto pelle. Per un attimo ebbi l'idea che le ginocchia mi stessero cedendo, ma poi vidi il mio amico che stava arrivando di fronte correndo, e mi calmai.

«Ehi Lil», aveva il fiatone e si piegò sulle ginocchia appena mi raggiunse.

«Mhh», risposi muovendo la testa a penzoloni, che mi pesava sulle spalle.

«Mi dispiace per quello che quella specie di mostro ti ha fatto», sputò con rabbia raddrizzandosi.

«Ma perché con me?», sbottai. «Che cosa gli ho fatto io a quel coglione? Si può essere così subdoli.»

Shon mosse il capo sibilando un'imprecazione dalle labbra. «Solo perchè è ricco.»

Si posizionò lo zaino meglio sulla spalla, e prese a camminare al mio fianco. «Vuoi sapere che cosa hanno combinato nei due giorni che non c'eri?»

«Sinceramente non ci tengo», risposi fermandomi al semaforo che era rosso.

«I suoi amici hanno preso di mira un ragazzo della prima e li hanno versato della salsa di pomodoro nello zaino», disse.

Strabuzzai gli occhi. «Oddio!»

Attraversai la strada velocemente insieme a Shon che continuò a raccontare.

«Lo hanno preso per il colletto della maglietta, e lo hanno appeso alle ringhiere al secondo piano solo perché stava bevendo il suo cioccomilk facendo rumore, e a Eliot gli diede fastidio, così lo ha punito. È uscito il preside abbaiando, ma non gli ha potuto fare niente, quelli lì controllano tutto.»

𝙳𝙰𝙻𝙸𝙰 𝙽𝙴𝚁𝙰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora