Lilla

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Capitolo 13

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Capitolo 13

Ogni persona squisita tende istintivamente alla sua rocca e alla sua intimità, dove trovare la liberazione dalla massa, dai molti, dal maggior numero, dove è possibile dimenticare la regola «uomo», in quanto sua eccezione: – salvo l'unico caso, che da un istinto ancor più forte costui venga ricacciato direttamente su questa regola, come uomo della conoscenza nel suo grande ed eccezionale significato

NIETZSCHE

Fin dalla nascita dell'universo dio o chiunque avesse creato tutto questo, aveva deciso che il Lunedì, doveva essere per definizione una giornata no.
Odiavo il lunedì più di qualsiasi altro giorno della settimana.

Lunedì significava l'inizio di un nuovo ciclo di giorni scolastici. Giorni che per me sarebbero stati infernali.

Dopo l'ultima volta e dopo tutta la storia che mi aveva raccontato Shon riguardo all'enigma che quella specie di Lupo di satana gli aveva imposto per umiliarci, non ero quieta.

Avevo ristabilito una pace interiore nel fine settimana che si volatilizò in un batter d'occhio quando misi piede nel cortile della scuola.

Nei parcheggi avevo visto le quattro moto parcheggiate una dietro l'altra, il che significava solo una cosa: loro erano già dentro.

Forse mi stavano attendendo, o forse avevano deciso di lasciarmi in pace per una cazzo di giornata?

Shon al mio fianco, era più stressato di me. Si guardava attorno come un animale smarrito alla ricerca di qualcuno o qualcosa.

Non riuscivo a decifrare il suo volto. Aveva le sopracciglie aggrottate ma gli occhi viravano in lungo e in largo per i corridoi alla ricerca di qualche figura celeste.

Mi aveva raccontato del suo incontro con Penelope, era rimasto a parlare fino a notte fonda e a giudicare dal suo aspetto raggiante, direi che voleva fare colpo su di lei. Si era messo un paio di jenas stretti con una camicia celeste, aveva una capigliatura perfetta e profumava di Sauvage Dior.

Si contorceva le dita dalla tensione, e si mordeva l'interno della guancia con forza per tenere la lingua a freno.

Scommetto che gli era passato per la mente che oggi doveva risolvere quel enigma del cazzo. A meno che quel coglione non avesse deciso di lasciarci in pace. Ma ne dubitavo.

A proposito dell'enigma: Mi ero messa a fare ricerche su ricerche ma non avevo trovato niente di niente. O meglio, mi ero trovate delle frasi Giapponesi molto riflessive, ma nulla collegato a ciò che Caleb intendeva realmente.

Ma poi, c'era qualcuno che capiva la sua testa?

No, non credo proprio. Nessuno sano di mente si sarebbe preso la briga di capire Caleb War. Tranne me, la scema di turno che faceva ricerche cercando di entrare nella testa di un sadico.

𝙳𝙰𝙻𝙸𝙰 𝙽𝙴𝚁𝙰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora