Lilla

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Capitolo 34

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Capitolo 34

⚠️Attenzione⚠️

Questo capitolo contiene scene molto forti di violenza sulle persone. Scene di sangue e di dolore fisico. È sconsigliata la lettura per le persone deboli.

Si consiglia invece a chi vuole leggerlo di farsi una maschera viso, una tisana calma-mente, e di tenere a bada la rabbia per non disturbare i famigliari e i propri vicini.

"Brindo a te, che mi hai insegnato; anche il più puro dei diavoli può trasformarsi in un angelo feroce, quando ne ha voglia"
Kappa_07

Il cuore mi batteva come un tamburo samoano che preannunciava l’imminente uragano che avrebbe potuto spazzare via un’intera civiltà. Avevo il respiro corto, gli occhi mi pizzicavano, ma non avrei permesso a quei bastardi di vedermi in lacrime. Non avrei più pianto, mai più.

Lessi ancora e ancora, senza fiato, le mani mi tremavano appena e li strinsi in grembo con forza per trattenere il tremore. Sapevo che non era nulla di buono ma, dovevo fare qualcosa. Era un indovinello. Era un cazzo di indovinello e la voglia impellente di curiosare dentro il mio armadietto mi faceva formicolare la spina dorsale.

«Dio, che cosa ci sarà lì dentro?» mi chiese Shon passandosi le mani fra i capelli. Aveva il respiro corto tanto quanto me, le spalle ricurve e gli occhi spalancati.

«Non lo so, ma nulla di buono.» sussurrai.

Ero indecisa se aprirlo o meno e quando vidi uno dei custodi con in mano un secchio blu vuoto, passare dall’altra parte del corridoio diretto verso la mensa mi balenò nel cervello l’idea di chiamarlo. Quando fui lì, lì per farlo, mi fermai. E se ci fosse qualcosa di terribile tipo un serpente?

Ci sono serpenti a Minnesota. Anche se fa freddo, ci sono lo stesso, e molti sono velenosi, non mi sarei mai perdonata se l’avesse morso. La bocca dello stomaco mi si serrò di scatto aprendo un buco fino ai piedi. Cosa dovevo fare?

Fanculo.

I lupi non mi facevano paura.
Alzai la mano, sentivo gli occhi di Shon preformarmi la tempia.

«Non farlo», mi supplicò bisbigliando. Gli altri mi osservavano col fiato sospeso. Sapevo che tutti gli occhi degli studenti dietro di me erano fissi su di me.

Feci un lungo respiro indecisa, eppure non lo ascoltai. Misi il codice e tolsi il lucchetto. Tanto era inutile chiuderlo, pensai: loro erano riusciti ad aprirlo.
Mi tremavano convulsamente le mani e un rivolo di sudore mi imperlò la fronte. Dovevo farlo.

«Allontanati.» dissi a Shon. Esitò. «Sta indietro. Va!» Alzai la voce e nel frattempo un brusio si diffuse in corridoio, le persone stavano bisbigliando.

𝙳𝙰𝙻𝙸𝙰 𝙽𝙴𝚁𝙰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora