Lilla

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Capitolo 19

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Capitolo 19

Ho sognato nella mia vita, sogni che son rimasti sempre con me, e che hanno cambiato le mie idee; son passati attraverso il tempo ed attraverso di me, come il vino attraverso l'acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente.

Cime Tempestose-EMILY BRONTË


«C-cosa?» bisbigliai incredula socchiudendo appena le labbra.

Caleb fece una risata roca prima che si avvicinasse come un fulmine. Il respiro mi si fermò di netto e sgranai gli occhi incredula. Non mi toccò, ma era talmente vicino, che sarebbe bastato solo un ultimo passo per fare la prima delle due cose che aveva affermato.

Si piegò appena per essere alla mia altezza, dicendo: «Stavolta sarai tu a decidere il tuo destino. Le soluzioni sono due. O entri in casa insieme a me e io ti sculaccio lo stesso. Oppure continui e fare la cocciuta e io ti sculaccio lo stesso, ma non prima di averti preso le labbra a morsi», disse ad un soffio dal mio viso.

Aprii e richiusi la bocca sconcertata: «Ma cosa cazzo...», il suo sorriso da squalo mi fece venire un brivido lungo la schiena, e prima di capire che cazzo intendesse o che cazzo stessi facendo iniziai a correre di nuovo a perdifiato ma appena feci venti metri fui ghermita per la vita. Le sue mani mi arpionarono con fermezza le costole, cercai di divincolarmi, ma la presa era ben salda e per quanto cercassi di sfuggirgli, era impossibile riuscirci.

Possibile che tutti volevano rapirmi, o rinchiudermi o farmi qualcosa? In una sola giornata ero stata brancata contro il muro dal sottoscritto, e quasi soffocata mentre cercavo di venire sul suo ginocchio. E in meno di tre ore ero stata mobilizzata allo stesso modo da chissà chi, e rinchiusa con il sottoscritto in un dannato piccola sgabuzzino buio e umido, sicuramente per colpa sua. Ora questo. Sentivo la paura alleggiare intorno a me come un dannato serpente a sonagli. Eppure, la paura che sentivo con il primo, non era la stessa paura che sentivo quando era Caleb a cercare di catturarmi o mantenere le sue cazzo di stupide promesse.

Tentai ancora di divincolarmi, ma fallii miseramente. «Caleb smettila!»

«Oh piccola Viola, qualcuno te l'ha mai detto che sei testarda come una capretta?», mi sussurrò in quel modo spaventoso all'orecchio prima di mettermi con i piedi a terra e voltarmi verso sé stesso.

Mi bloccò per la gola, le sue falangi si strinsero prepotenti sulla mia giugulare, mentre con l'altra mano mi bloccò i polsi dietro la schiena. I fiotti d'acqua a causa del vento mi schiaffeggiarono le braccia e il freddo mi fece accapponare la pelle per l'ennesima volta, ma nulla era paragonabile alla tempesta di emozioni che lui mi stava facendo sentire dentro.

«Lasciami andare!» esigei a denti stretti dato la sua presa ferrea intorno alla mia mascella.

«Te l'ho detto, dovevi solo scegliere piccola strega». Si avvicinò ridendo, mentre la pioggia si infrangeva su di noi, mi alzò il volto appena e vidi la sfida alleggiare sovrana nei suoi occhi incredibili. Anche da minaccioso era perfetto.

𝙳𝙰𝙻𝙸𝙰 𝙽𝙴𝚁𝙰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora