Capitolo 17 - Jason

61 9 3
                                    

Cammino avanti e indietro per il corridoio quando allimprovviso la vedo. Sta cercando la stanza di Andrea e il fatto che si mette quasi a correre mi fa capire che lha individuata. Devo fermarla. Io sono appena uscito dalla sua stanza, dove Marco sta parlando con i medici e se non mi avessero detto che si trattava proprio di lui, non lo avrei mai riconosciuto.

Mi riscuoto dai miei pensieri e comincio a correre per fermarla. È a un passo dalla porta quando lavvolgo tra le mie braccia e lei comincia a dimenarsi.

"Lasciami! Lasciami, maledizione! Non toccarmi!" sta urlando come una matta, sempre la solita esagerata nonostante la situazione riesce sempre a strapparmi un sorriso.

Ma poi quando mi accorgo che me la sto stringendo al petto, quando sento il suo profumo il sorriso sparisce dal mio volto, e mi ricordo solo di come sto bene con lei, di come non vorrei lasciarla andare mai più ora che dopo 4 lunghissimi anni siamo di nuovo insieme nella stessa stanza.

"Shhh, sono io. Rilassati." Le dico, sperando che capisca che sono io. E lo fa. Mi riconosce. Sento tutti i muscoli del suo corpo rilassarsi, come se finalmente fosse tutto a posto. Le sue mani ricadono sulle mie braccia e il suo tocco fa spostare il mio sguardo su di esse. Sempre così delicate e piccole se paragonate alle mie.

Ora la sua schiena è completamente appoggiata al mio petto, e distinto appoggio il mio mento sulla sua testa. Chiudo gli occhi e assaporo ogni dettaglio di questo momento: il profumo dei suoi capelli, il tocco delle sue dita, le mie braccia che la stringono in vita.

"Jason..." lo dice in un sussurro, forse non si è neanche accorta di averlo detto per davvero, ma lho sentito benissimo. Il mio nome detto in un sussurro cosparso di sorpresa, di felicità, di speranza. Un brivido mi toglie il fiato.

"Ciao scimmietta" le rispondo in un sussurro

****

Mi sono dovuto allontanare da lei.

Eravamo in piedi in mezzo al corridoio, abbracciati, così vicini che riuscivo a sentire la velocità a cui stava battendo il suo cuore.

Talmente elevata da farmi preoccupare.

Però anche il mio stava impazzendo, lo sentivo rimbombare persino nel collo, nella testa, nelle gambe.

Lentamente mi sono allontanato, ma nel suo sguardo ho letto delusione?

Perché? Stavi forse bene tra le mie braccia, Bianca?

Le do le spalle approfittando di quel momento lontano dai suoi grandi occhi verdi per prendere un grande respiro, e ricompormi.

Mi siedo e le indico il posto accanto al mio. Lei esita, poi mi viene incontro, ma allultimo cambia direzione e va a sedersi invece di fronte a me, lasciando così a separarci lintero corridoio.

Ma che cavolo?!

Sto per chiederle perché è andata a sedersi lì, ma preferisco lasciar perdere perché sicuramente ribatterebbe chiedendomi cosa mi importa se non sta vicino a me.

Mi rimangio le parole, appoggiandomi al muro con la testa e sistemando una gamba sullaltra. Chiudo gli occhi e allimprovviso mi trovo davanti alla sua immagine. Non la vedo come a 10 anni quando le facevo le trecce e nemmeno come 4 anni fa, ma esattamente come è adesso.

La vedo come la bellissima donna che sta diventando. I capelli biondi e mossi le ricadono fino a metà schiena senza una particolare pettinatura, e si capisce anche da come è vestita che è uscita di corsa di casa e che la situazione non le ha dato il tempo per preoccuparsi dell'abbigliamento. Non ha un filo di trucco ma questo non dipende da altro se non dal fatto che non lo ha mai usato. È sempre stata al naturale, ed è sempre stata bellissima, non ha mai voluto nascondere le piccole imperfezioni delladolescenza o qualche occhiaia dovuta allo studio o allo stress. Indossa i pantaloni di una tuta azzurra, abbinata ad una semplice maglietta bianca non troppo aderente e a delle scarpe sportive.

Ti vengo a trovare in un sogno, un giorno di questi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora