Capitolo 40 - Bianca

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Da quando ho parlato con Jason l'ultima volta non ho più detto una parola.

Mi sono chiusa in un silenzio così rumoroso da farmi male alle orecchie.

Continuano a scorrermi davanti agli occhi i momenti insieme, le confidenze fatte, le risate rubate, gli incontri dopo lunghi periodi, i battiti accelerati del cuore.

Arianna è preoccupata e non sa come aiutarmi. Ha passato le prime due notti con me, ma poi ha capito che forse quello che mi serviva era stare sola.

E così ho pianto inondando il cuscino di lacrime; mi sono liberata della disperazione urlando quando nessuno poteva sentirmi.

Jason mi aveva uccisa.

Aveva il mio cuore tra le mani, glielo avevo donato io.

Ma lui lo ha gettato per terra. Poi lo ha calpestato. Una volta, due volte. Infinite volte.

E poi si è voltato e si è allontanato lasciandomi lì in ginocchio, tra suppliche e preghiere.

E non si è più girato.

Mai più.

Questo incubo veniva a visitare la mia mente quasi tutte le notti insieme ad alcuni tra i ricordi più meravigliosi condivisi insieme... che venivano poi spazzati via da una risata perfida. La sua.

Ovviamente non sto più studiando, non sto andando allo stage.

Non riesco a fare niente.

Non mangio, non dormo, non parlo.

Non respiro.

Sono così debole, così vuota, così insignificante che nulla ha più senso ormai.

Non so che giorno è. Che ore sono. Le finestre sono chiuse da quella telefonata.

All'improvviso Arianna entra nella stanza inondando tutto lo spazio intorno a me con la luce proveniente dal corridoio ed obbligando così i miei occhi a chiudersi d'istinto.

"Ora basta, è ora di alzarsi" il suo tono è deciso e non ammette repliche.

Cosa???

"Ti ho concesso il silenzio, la porta chiusa, le tende tirate. Ti ho concesso le urla e le lacrime. Ora devi rialzarti e andare avanti."

No No, ti prego, non ci riesco...

Proprio in quel momento sento che apre le finestre facendo entrare luce ed aria fresca.

Solo in quell'esatto istante mi accorgo di quanto mi mancasse l'aria, di quanto quelle quattro pareti fossero soffocanti.

Intanto però mi sono voltata dando le spalle alla finestra e ho cercato di nascondermi quasi completamente sotto alle coperte.

Sento la mia amica sedersi sul bordo del letto e accarezzarmi la testa... per quel poco che spuntava dalle coperte. "Ti aspetto in cucina per la colazione e, se avrai voglia, per parlare." Ora il suo tono è delicato, sussurrato. "Vorrei provare ad aiutarti a ritrovare la strada o per lo meno una soluzione - anche momentanea - al tuo smarrimento. Vederti così mi distrugge, Bianca"

Non aspetta una risposta; mi bacia la testa, sospira, si alza e se ne va.

Non riesco a trovare nessuna possibile soluzione, non riesco a capire come poter tornare a respirare, ma in questi mesi con Arianna ho capito che lei non mente mai. Ho capito che il bene che sa dare alle persone è sincero, onesto e genuino.

Mi fido di lei, e allora prendo un bel respiro, stringo i pugni e mi alzo.

Prima mi metto seduta sul letto e prendo confidenza con la luce e con questa posizione a cui il mio corpo non era abituato da un po'.

Ti vengo a trovare in un sogno, un giorno di questi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora