Mina interruppe il racconto. Io la guardai torvo 'E tu? cosa gli rispondesti?'

'Nulla. Non puoi rispondere nulla a chi è chiuso in una gabbia e non lo sa. Io invece mi sentivo molto libera. Anche in momenti così, quando vengo colta dalla malinconia, sento sempre una profonda e struggente felicità che mi dice che a differenza degli altri io sono viva. Gli altri sono morti. Perché la verità, l'unica, la sola, è che io sono un selvaggio. Circondato da cadaveri.'

Annuii, ma continuavo a soffermarmi sull'immagine molto poetica di loro vicino al mare nel silenzio profondo di un giorno che non era ancora iniziato.

A volte è difficile che in un solo giorno, così tante cose possano capitare, alcune così discordi che si giunge a pensare che appartengano a giorni diversi, lontani tra loro. E invece no, quella mattina trovarono le impronte di Mina sul calice che aveva spostato per prendere il biglietto la notte della festa a Palazzo San Teodoro. Infatti, contrariamente alle titubanze della polizia scientifica, non erano state rinvenute altre impronte, perché i camerieri indossavano dei guanti quando avevano servito il prosecco e successivamente il vino, pertanto le uniche impronte oltre a quelle di Giulio, erano le sue. La interrogarono di nuovo e lei si giustificò dicendo che molto spesso alle feste, quando si vuota il proprio bicchiere si fa un sorso da quello di un altro, e che male c'è? È una cosa che fanno tutti. Nessuno sospettava ancora di lei, ma essendo l'unica pista che potevano seguire decisero di parlarle comunque. Davide lo venne a sapere quasi subito, non è chiaro come. Le chiese di scendere di casa e parlarono nell'androne del palazzo. Lui fu categorico, le cose si stavano mettendo male, e ogni volta che la vedeva, lui non riusciva a fare a meno di pensare a Giulio. Il senso di colpa lo divorava, così come il terrore che potessero ricondurre a lui quella morte. Le impronte di lei su quel calice erano solo l'inizio. Non dovevano vedersi più. Lei non lo trattenne.

Ora, per quanto riguarda l'idea che iniziavolentamente a formulare dentro di me, io, nel mio piccolo, non credevo cheDavide si fosse allontanato perché non l'amava, io credevo piuttosto che loavesse fatto perché lei si era mostrata come una persona irritante einaffidabile. Oltre al senso di colpa per la morte di Giulio, in un piccoloanfratto della sua anima si nascondeva un altro pensiero che gli diceva che erastata lei a sedurre l'amico quasi per recriminargli col silenzio le attenzioniche lui aveva deciso di non darle. E questo per lui era inaccettabile. L'ideache lei l'avesse fatto cadere nella trappola che era convinto spettasse anche alui con una semplicità disarmante la rendeva ai suoi occhi insopportabile. Sitrattava di quella malizia e quel desiderio di vendetta che scorgeva nel suosguardo e che le aveva rimproverato più volte. Inoltre, Mina era stataannebbiata fino a quel momento dall'infatuazione, e pur riconoscendo con laragione che lui era la cosiddetta "tabula rasa", allo stesso tempo non si eraresa conto che lui iniziava a fidarsi di quel gioco che lei stessa avevainiziato e di cui aveva dettato le regole. Non aveva avuto la freddezza mentaledi capire che lui iniziava a perdersi tra quei dispetti infantili e iniziava acredere a quell'idea falsa e ingannevole di lei che non coincideva con la realtà.Lei non era così, era più semplice di quello che voleva sembrare. In quelmomento, mentre una leggera ansia s'impadroniva di me, ebbi anche un'altraconferma: che lei era incuriosita da me ma non abbastanza dall'innamorarsi. Eraa suo agio su quel divano e in più casi mi aveva permesso di accedere alla suavulnerabilità. Con Davide non era stata così. Si era irrigidita fin da subito,e aveva fatto di tutto per non farsi decifrare. Lui era troppo insicuro perintuire che a lei, lui piaceva davvero. E così, tra fraintendimenti e insipidearguzie lei aveva perso al suo stesso gioco. Provai una tristezza indefinibilenel realizzare tutte quelle cose, perché lei alla fine non aveva così tortoquando diceva che gli uomini non sanno amare. Lui pur di non esporsi avevaestinto la fiamma di una passione forse unica nella vita; avrebbe potutolottare e averla tutta per sé, ma non si era fidato di ciò che provava perchéciò che aveva visto nel suo carattere non gli era piaciuto. 

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