Ridemmo e scherzammo, e parlandogli mi parve di averlo sempre conosciuto. Io vedevo lui in ogni dimensione, scorgevo il bambino introverso e insicuro, e notavo la sua ambizione, la sua aria di superiorità. Vedevo anche quanto negli anni era divenuto insicuro della sua posizione sociale. Come se non solo si sentisse brutto ma come se il fatto che nascesse benestante in qualche modo non gli dava il diritto di meritarsi le cose che aveva. La sua camicia con le iniziali D.B. profumava di Roberto Cavalli e probabilmente non apparteneva a lui. Bensì a suo padre dato che allora non aveva ancora un lavoro. Ma più di ogni altra cosa, lessi nei suoi occhi la paura che aveva di me. Lui era la rarità, era la tabula rasa! E caro Nico, come un pesce non abituato a distinguere l'amo dal cibo, lui aveva abboccato! Le mie parole avevano sortito l'effetto desiderato. Eravamo stati avvinti da Eros. L'unico effetto spiacevole di ciò fu che anche lui mi vedeva per quella che ero, e vedeva che ero mutevole. Ci guardavamo e leggevo nei suoi occhi le domande che si poneva: è fedele? È bugiarda? E vedevo che lui non riusciva a rispondersi. Il linguaggio del mio corpo gli parlava chiaro: ero una seduttrice e non poteva fidarsi di me, ma anch'egli vedeva la me "bambina", vedeva l'innocenza e la mia vita rocambolesca. Vedeva che ero capace di tenerezza, che potevo accogliere il suo amore e prendermene cura. Ma non si fidò, Nico. E non lo feci nemmeno io. Perché come me, lui amava stuzzicare con le parole. Eravamo come i giocatori d'azzardo, solo peggio. Perché non c'erano regole e usavamo le parole per depistare, nasconderci, ingannare."

L'ardore con cui parlava mi lasciò intuire che da parte sua vi era stato un sentimento genuino. Lei sosteneva di averlo manipolato, ma lo dubitavo.

'Mina, cosa provavi in quel periodo? Puoi racchiuderlo per me in poche frasi?'

'Era un periodo di transizione per me, cercavo disperatamente lavoro...'

'Cosa rappresentava per te il lavoro?'

'Voleva dire sentirmi donna, non aver bisogno di nessuno, essere in controllo. Non era puramente una questione di potere, si trattava di un sentimento ambiguo, per me voleva dire esercitare la libertà della mia identità personale. Essere me stessa e al tempo stesso essere socialmente accettata'.

Ecco il tallone d'Achille pensai, ed entrai nel merito:

'Spiegami il nesso tra l'essere accettata dalla società e avere un lavoro.'

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