Davide era esattamente il tipo di ragazzo che cercavo in quel periodo: Un ragazzo che provenisse da una famiglia benestante, acculturato ma senza esperienza; una tabula rasa consapevole. Anche se fu proprio questo a non permettermi di ottenere ciò che volevo (almeno inizialmente).'

'Cosa intendi per tabula rasa?' la interruppi io incuriosito.

'Un'anima che non è ancora stata toccata da nessuna donna. Il fatto che lui fosse una tabula rasa era, come ho già specificato, il fattore fondamentale nella scelta di un uomo, ma il fatto che fosse consapevole non lo rendeva manipolabile. E questo era ciò che mi piaceva e allo stesso tempo m'impauriva. Questa forza si opponeva all'altra con tanta intensità che ci fu un momento in cui a dire il vero pensai persino di perdere.'

Continuava a usare quei termini e mi risultava difficile capire.

'Perdere? A cosa?'

'Al gioco. È tutto un gioco, no? Innamorarsi, sedurre,è un'arte ed è un'abilità. In Giappone, le geishe lo sapevano bene, e giocavanoa chi riusciva ad ammaliare l'uomo più ricco e più eminente della città enell'antica Roma, chi scrisse l'ars amatoria? Te lo ricordi? Ovidio. Seguardiamo ai nostri tempi in maniera più volgare, le donne povere tutt'ora senascono belle sono forse le uniche a poter riscattare la propria famiglia permezzo di un matrimonio vantaggioso. È sempre stata una questione d' ingannarel'altro. L'arte è tutta apparenza, e finzione, e abilità, arguzia. Così èl'amore, c'è sempre qualcuno che guarda, e l'altro che si fa guardare, e lafollia è che bisogna essere in entrambi i casi consapevoli. Il cosiddetto primoincontro deve essere letto come tale da entrambi per poter stabilire concertezza chi guarda e chi è guardato. Io inizio a credere che il problemaprincipale tra me e Davide risieda nel fatto che ci siamo guardati in duemomenti diversi, in due giorni nemmeno così vicini tra loro, e in questo modo,c'è stato un vero e proprio scontro, e ti parlo da un punto di vista strettamentebiologico. Venni a sapere in seguito, da egli stesso, che mi aveva notata ungiorno nella biblioteca dell'Università. Si era seduto vicino a Giulio, ecercava di studiare diritto penale, ma non riusciva a concentrarsi. Gli spaziampi lo distraevano, così come il vociare degli studenti sempre più intenso ecostante. Spostavano sedie, si alzavano, alcuni entravano, facevano cenni adamici, altri invece se ne andavano. Davide leggeva qualche riga, poi alzava losguardo e si soffermava su una ragazza seduta al tavolo di fronte, dai capellichiari. E poi spostava lo sguardo su un'altra ragazza seduta affianco a lei chenon aveva mai visto: me. Pensava frequentassimo lo stesso corso. Guardava senzainteresse, era troppo concentrato a capire il motivo della sua distrazione, eppurenon riusciva a smettere di guardare. Dopo qualche altro tentativo di studio,riprese a soffermarsi sulla ragazza dai capelli chiari. Si chiedeva ora come sichiamasse, perché lo sapeva, la conosceva bene, frequentava il suo corso, ma sen'era dimenticato. "Qualcosa con la P", si ripeteva sforzandosi. Era un nomeche gli era apparso freddo, nordico persino. Mentre pensava queste cose notòche a differenza sua io ero concentratissima. Non alzavo mai lo sguardo daquelle pagine ingiallite. Sperava di ricordare il nome di P associandolo a meche le ero seduta vicino, ma nulla, non mi aveva mai vista. Poi mi chinai perraccogliere la borsa e mi alzai. Salutai frettolosamente e lasciai labiblioteca. Poche settimane dopo seppi da Giulio che Davide in quel momento restòcolpito. Mi disse che non era necessariamente attratto, ma dentro di sé avevaformulato in quel momento constatazioni oggettive, senza neppure volerlo finoin fondo. Pensò che misuravo lo spazio in cui mi trovavo, che non mi sentivofuori luogo, bensì perfettamente a mio agio. Non c'era alcun peso nei pensieridi Davide, lui osservava soltanto, e con un interesse particolare, perché luiteneva al proprio piccolo mondo più di ogni altra cosa. E anche dopo, io possoindovinare che lui non pensò a me, bensì al fatto che io mi fossi introdottanel suo mondo senza chiederglielo. Era tormentato dal fatto che ci fosse unaragazza nel proprio corso che non aveva mai notato, un individuo che non potevapassare inosservato e che gli era banalmente sfuggito, per errore. Nei giornisuccessivi mi cercò con lo sguardo nell'aula ma non mi trovò. Un paio di voltecrebbe di riconoscermi nei capelli neri di un'altra, ma poi quella persona sigirava e vedeva che non ero io. 

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