Clara
Rovereto, metà Luglio 1940
Sto camminando per le strade di Rovereto, il sole scotta e tra un po' credo che mi scioglierò. Il caldo però non riesce a frenare i miei pensieri sulla guerra, sul cibo che comincia a scarseggiare e soprattutto su Alexander. Alexander... Quel soldato che mi ha fatto innamorare. Non ho mai provato l'amore, o almeno non l'amore che lega due persone, quel tipo di amore che può sconfiggere tutto il male. Ecco, ho solo sedici anni ma il mio cuore ha capito tutto. Ogni volta che chiudo gli occhi la notte e ogni volta che li riapro alla mattina vedo il suo viso, quel bellissimo viso di un ragazzo fatto soldato. Ogni volta che cammino in paese spero di vederlo, di sentire la sua camminata, di vederlo avanzare con il suo passo sicuro ed elegante, in quella divisa che mi dà paura ma che stranamente collego a lui. "Fräulein, sei sempre con la testa fra le nuvole, è ovvio che dopo vai a sbattere contro le persone." Mi giro di scatto sentendo quella voce con un leggero accento tedesco e davanti a me vedo lui, il mio soldato. "Tenente" dico sorridente e mi avvicino a lui quasi saltellando dalla gioia. Si toglie il cappello lasciandomi vedere i suoi bellissimi capelli biondi, gli occhi verdi luccicano e il suo sorriso è bello come il sole di Luglio. Mi prende la mano e guardandomi negli occhi la bacia, ovviamente le mie guance non possono fare a meno di arrossire. "Ciao Clara" sussurra sul dorso della mia mano. "Ciao Alexander" sussurro stringendogli la sua. Ci guardiamo senza dire una parola, probabilmente dal mio sguardo ha già capito l'amore che provo per lui ma ora come ora non riuscirei a pronunciare quelle due paroline, così piccole ma così potenti. "Non è troppo caldo per una passeggiata?" mi chiede dopo un po' iniziando a camminare. "Sì ma avevo bisogno di prendere un po' d'aria, anche se quando esco ho sempre quell'ansia che mi attanaglia lo stomaco." "Quanto vorrei che questa guerra non ti sfiorasse, Clara" mi dice guardandomi con uno sguardo velato di tristezza. "Ma poi ricordo che ti cammino vicino, sono un soldato, la guerra è con me ovunque vado." "No Alexander - dico subito stringendogli il braccio - non dire così, tu sei più di questo" e con la mano tocco la sua uniforme verde. Lui mi tocca la mano stringendola forte regalandomi un sorriso forzato. "Però tu mi rallegri le giornate con la tua vitalità, con il tuo sorriso e la tua bellezza. Wenn du nur wüsstest ..." Io rido leggermente scuotendo la testa, non ho capito neanche una parola. "Sai, non parlo tedesco, come puoi vedere." "Dovremmo rimediare sai?" dice anche lui ridendo, finalmente, riprendendo la camminata lenta. "Sì hai ragione, quando il Früher prenderà tutto il mondo dovrò saper dire almeno una parola no?" "Per forza Clara, non vorrai scoraggiare Hitler." Entrambi scoppiamo a ridere, ogni tanto fa bene scherzare, aiuta ad alleggerire tutto quanto. "Komm, ti offro un gelato" dice indicando la gelateria vicino a noi. "Tranquillo, ho dei soldi..." "Non dirlo neanche. Forza andiamo." Con pochi passi è già dentro la gelateria e io non posso fare altro che correre verso di lui. Sto leccando il gelato come se fosse la cosa più buona che abbia mai mangiato. Non lo mangiavo da tanto e questo mi riporta alla mia infanzia, quando tutto era ancora spensierato, ma a quel tempo non c'era Alexander vicino a me che mi guardava divertito mentre leccava il suo di gelato. "Ti piace eh?" mi chiede ridendo e io annuisco. "Sisi, grazie Alexander, veramente" gli dico con gratitudine. Lui mi sorride toccandomi i capelli e io mi blocco per guardarlo. Non riesco a capire. Da come mi guarda, da come mi sfiora e da come mi parla ho come la sensazione che lui provi per me quello che io provo per lui, ma forse sto solo facendo volare l'immaginazione. "Clara... tu mi fai dimenticare la guerra, con te ritorno ad essere un semplice ragazzo di 20 anni e non più un soldato" mormora sottovoce con uno sguardo commosso. Io gli sorrido con gli occhi pieni d'amore, e senza far caso al gelato che si sta sciogliendo gli prendo la mano. "Alexander... Alexander, tutti dovrebbero avere una persona che gli fa dimenticare la guerra" gli dico accarezzandogli la mano. Mi guarda sorridendomi con dolcezza. "E tu ce l'hai?" Io lo fisso e un sorriso spontaneo mi compare sul viso. "Certo Alexander, sei tu" dico arrossendo e guardando i miei piedi. Ma li rialzo subito appena sento le sue labbra sulla mia mano, la sta baciando premendo la bocca con forza per poi avvicinarsela alla guancia. Se qualcuno ci vedesse adesso capirebbe tutto, una ragazzina innamorata di un soldato e lui innamorato di lei; gli unici a non capirlo siamo proprio noi due. Appena mi lascia la mano ritorno come alla realtà, ricomincio a leccare il gelato ormai completamente sciolto mentre riprendiamo la nostra strada persi nel nostro amore nascosto agli occhi di tutti.
Siamo stesi nell'erba del laghetto, all'ombra sotto un albero. Alexander preso dal caldo si è tolto sia giacca che camicia rimanendo in canottiera, prima di farlo mi ha chiesto il permesso che io vedendolo sofferente ho ovviamente concesso. Ma c'è un piccolo problema, non riesco a smettere di guardarlo. È completamente steso con un braccio sotto la testa e gli occhi chiusi, la pelle è lucida per via del sudore e il suo respiro è rilassato e calmo, i capelli si sposano perfettamente con la sua pelle abbronzata. Io sono seduta vicino a lui, tanto da riuscire a sentire il suoprofumo che mi fa girare la testa; ma in che situazione mi sono cacciata? Mi metto le mani fra i capelli ma all'improvviso la sua voce mi fa sobbalzare. "Stai bene?" mi chiede sedendosi vicino a me, così vicino che il suo braccio nudo tocca il mio. I nostri visi sono vicini e ci guardiamo. "Sìsì, sto bene"mormoro non riuscendo a togliere gli occhi da lui. "Perché continui a guardarmi?" sussurra con un sorrisino che mi fa arrossire. Io scuotola testa maledicendomi mentre strappo in modo compulsivo dei poveri filid'erba. "Non ti sto guardando. Comunque potresti veramente insegnarmi il tedesco sai? Lo so che sei un ufficiale e che non hai tempo ma..." "VeramenteClara? Ti piacerebbe?" mi chiede stupito con un gran sorriso e io annuisco energicamente. "Gut iniziamo subito allora!" Io sgrano gli occhi. "Subito?" "Certo,hai un foglio un qualcosa lì dentro?" mi chiede indicando lo zainetto. "Ho un taccuino e una matita" dico tirando fuori le cose. "Perfetto,allora, incominciamo dall'alfabeto!" Le campane del paese mi risvegliano dalla voce di Alexander che mi sta parlando in tedesco e io che cerco di interpretare le sue frasi. Ci stiamo divertendo da matti, la guerra si è ridotta a un puntino lontano ma mi rendo conto di dover tornare a casa. "Alexander io devo andare" gli dico triste. Lui si alza e mi aiuta ad alzarmi per poi raccogliere i suoi vestiti. "Sì anche io devo tornare in caserma." Si blocca e io insieme a lui, ci guardiamo per un istante e io comincio a sorridere. "Ci vediamotenente" gli dico salutandolo con la mano e faccio per voltarmi ma mi sentoafferrare il braccio con forza. Alexander mi tira verso di lui e senzarendermene conto mi ritrovo fra le sue braccia con la testa appoggiata al suopetto, istintivamente gli abbraccio il busto e chiudo gli occhi sperando chequesto momento duri per sempre. Il suo profumo mi inebria, un misto di fumo disigaretta, menta, e il suo sudore che si mescola con la sua colonia; sono cosìinnamorata che se non fosse per lui che mi stringe forte probabilmente sareigià crollata a terra perché le gambe mi tremano. Purtroppo dopo un po' milascia andare, ci guardiamo con gli occhi che luccicano e come sempre mi fa ilbaciamano, prima di salutarmi raccomandandomi di stare attenta a tornare acasa. Cammino indietro senza staccare gli occhi da lui ma dopo mi gironascondendo un sorriso a trentadue denti, per poi ritornare a casa camminando a tre metri dal suolo.
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Ricordo che era Aprile
General FictionRovereto, 1940 La guerra è appena scoppiata in Italia, il mondo è in guerra, ma Clara, una ragazza di sedici anni, si augura che nel suo paese fra le montagne la sua quotidianità non cambi. In cuor suo spera che la vita, la vita che conosceva fino a...