Capitolo 7

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Edith

3 Febbraio 2022

Oggi devo vedermi con Alexander. È inutile negarlo ormai, provo qualcosa per quel soldato, continuo a pensare a lui, ai suoi occhi verdi, ai suoi folti capelli biondi e al suo bellissimo viso. Ammetto che mi fa paura questo sentimento, non l'ho mai provato per nessuno, non so se sia amore ma credo che si avvicini molto. Sono davanti al mio specchio e sto cercando di acconciarmi i capelli ma alla fine decido di lasciarli sciolti, liberi sulle spalle. Mi dirigo verso l'armadio per scegliere un vestito e opto per uno semplice, rosso con dei bottoni neri sul davanti e una cintura dello stesso colore. Mi vesto, prendo lo zainetto e mi dirigo di sotto, dicendo a mia madre che sto uscendo. "Vai a camminare vestita così elegante?" mi chiede, ero pronta a uscire e come sempre lei mi ha fermato. "Be non sono così elegante" dico cercando di dirottare il suo pensiero. "Stai attenta mi raccomando" mi dice e io annuisco. Esco e prendo la bicicletta attraversando una stradina immersa nel verde, passo vicino a dei soldati che mi fischiano dietro, io ovviamente mi spavento un po', ma proseguo senza badarli. Arrivo e mi siedo su una panchina davanti al torrente aspettandolo. Dopo un po' mi giro e lo vedo arrivare in tutta la sua bellezza. "Ciao Alexander!" saluto. "Sei bellissima" mi dice subito lui e io come sempre divento rossa come un pomodoro. "Grazie anche tu, è strano vederti senza la divisa" dico osservando la sua camicia a mezze maniche, semplice e bianca, abbinata a dei pantaloni neri. "Sì fa strano anche a me." In quelle parole riesco a percepire una certa rassegnazione, un ragazzo che non è più abituato a vedersi con dei vestiti semplici perché obbligato a indossare l'uniforme. Proseguiamo e ad un certo punto mi dice: "Vieni, ti porto in un posto." A me viene da ridere per la comicità della situazione. "Sono io che vivo qui da quando sono nata, e tu che sei qui da tre mesi mi porti in un posto?" "Eh già, vieni per di qua." Seguiamo un sentiero e arriviamo in un posto bellissimo: un prato enorme con un laghetto al centro e una rimessa in legno. "Non conoscevo questo posto, è stupendo" dico meravigliata. Non mi sono mai addentrata in sentieri che non conoscevo ma forse avrei dovuto farlo, sembra un Paradiso in terra. Ci avviciniamo e io prontamente mi tolgo le scarpe immergendo i piedi nell'acqua fresca del laghetto. "Che fai?" mi domanda il tenente. "Immergo i piedi nell'acqua. Vieni, non avrai paura dell'acqua vero soldato?" dico prendendolo in giro. "Certo che no!" Con la sua camminata da ufficiale entra anche lui. Lo guardo attraverso la luce del sole, è una visione, mi perdo a guardarlo e mi rendo conto che quello che provo non è solo una cotta passeggera, è molto di più. "Ma quanto sei alto?" gli chiedo, io sparisco quando sono vicino a lui. "1,86/87 credo." Io sgrano gli occhi, è altissimo! "Io sono 1,55, massimo 57" dico guardando l'acqua, lo so sono una nanetta. "Sei uno scricciolo" dice lui guardandomi con quel solito sguardo, ma contemporaneamente ride. "Ehi!" dico facendo la finta offesa e lo schizzo con l'acqua. "Sai – inizia lui – volevo ringraziarti, perché sei stata la prima ad accogliermi qui. Sì ho anche i miei compagni della caserma ma, tu sei l'unica che non c'entra con la guerra" I suoi occhi si fanno pieni di gratitudine. "Be, è la guerra che ci ha fatti incontrare, Alexander" dico e ho paura di essere sembrata acida, mi succede a volte ma non lo faccio apposta. Forse sarà stata l'emozione nel sentirmi dire certe parole ma devo stare più attenta, non voglio che fraintenda. "Sì lo so ma... lascia stare" dice lui. "Nono, so cosa vuoi dire. Non c'è di che" rispondo subito sorridendo e lui ricambia, io tiro un sospiro di sollievo interiore. "Non so quanti anni hai, quando sei nato?" chiedo curiosa, non so molto di lui. "Sono nato il 26 Marzo 1920, e tu?" "Io il 12 Aprile 1924." Siamo nati entrambi in primavera, la mia stagione preferita. Nonostante questo, però, penso a quanto sia giovane, ha appena 20 anni ed è già un soldato, lo trovo ingiusto. Quel pomeriggio lo passiamo così, parlando del più e del meno, in quel posto sperduto ma affascinante. E io mi rendo conto di essermi innamorata di quel soldato tedesco, è una sensazione bellissima, mai provata prima, so che potrebbe andarsene prima o poi da Rovereto, essendo un soldato, ma ora come ora non mi importa. Io non so cosa provi lui nei miei confronti, forse nulla, forse semplice amicizia. Però mi guarda, alcune volte, in un modo che un amico non guarderebbe mai, però forse sto facendo volare la fantasia. Ma io non dimentico l'insistenza nel volermi conoscere, il fatto che ogni volta che ci vediamo mi dica che sono bella. Sta di fatto che io credo di amarlo, quel soldato della Wehrmacht, ed è l'unica cosa che conta.

Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora