Capitolo 19

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Rovereto, 11 Novembre 1940

Sono appena scesa dall'autobus e mi sto dirigendo verso l'ospedale. Pochi giorni fa mi è arrivata una lettera dicendomi che l'11 Novembre mi sarei dovuta presentare all'ospedale per discutere della richiesta che avevo fatto. Appena letta la lettera avrei voluto sotterrarmi dalla paura, mi sono detta che quel lavoro non era l'ideale per me, che avevo fatto una follia a decidere di diventare infermiera. Ma dopo giorni di ansia totale ho capito che se si vuole fare la differenza, anche nel proprio piccolo, occorre agire e superare le proprie paure, e quindi eccomi qui diretta all'ospedale Santa Maria di Rovereto. Fa molto freddo, il cielo è grigio e nonostante la maggior parte delle persone imprechi contro questo tempo ostile io lo adoro, perché amo passare a casa il resto di queste giornate con un buonlibro e una tazza di tè caldo. Invece oggi mi trovo qui fuori, al gelo, quindi mi stringo addosso il mio cappotto grigio per cercare di scaldarmi. Vicino a me passano civili e soldati che camminano veloci nei loro cappotti pesanti, che posso solo immaginare quanto caldo tengano. Ho raccontato ad Alexander di questo colloquio e lui mi ha sostenuta fin da subito, dicendomi che ero in grado di fare tutto quello che desideravo se solo avessi messo la forza di volontà. Ma lui forse non sa che è proprio la sua presenza a darmi la forza di fare tutto, ormai. Dopo un po' arrivo a destinazione, salgo la grande scalinata che precede l'entrata ed entro assaporando il calore dell'edificio. Sono un po' spaesata, vedo infermiere e dottori correre da tutte le parti e cerco di fermarne una per chiedere un'informazione ma ricevo solamente un'occhiataccia. "Mi scusi sono Clara Fiocchi. Sono stata convocata per..." provo a spiegare ma vengo interrotta bruscamente. "Abbiamo da fare qui!" L'infermiera se ne va, lasciandomi lì impalata e da sola. Mi irrito un pochino, chissà come si comporta con i pazienti, quindi decido di andare a tentoni prendendo un corridoio senza sapere se è quello giusto. Sento delle urla provenire da alcune stanze e mi si gela il sangue nelle vene sapendo che, se verrò accettata, questo sarà all'ordine del giorno. Mi faccio forza e alla fine arrivo davanti a una porta e sperando che sia quella giusta busso. Sento una voce cordiale di donna che mi invita ad entrare ee quindi mi faccio avanti con le gambe che mi tremano, improvvisamente ho molto caldo. "Buongiorno" mi dice la signora davanti a me. È abbastanza giovane,sulla trentina e sembra molto più gentile rispetto all'infermiera di prima. "Buongiorno sono Clara Fiocchi. Sono stata convocata per oggi" dico con un po' di agitazione. "Ah sì,venga. Si sieda signorina" dice indicandomi la sedia. "Grazie" rispondo io e prendo posto su una delle sedie davanti alla sua scrivania. L'ambiente è sobrio, tutto sui toni del bianco e del grigio. "Quindi lei doveva venire oggi" dice guardando dei fogli. "Sì l'undici Novembre. Avevo spedito la lettera." "Certo la lettera. La informo che l'abbiamo accettata" mi dice sorridendo, e io sentendo quelle parole sorrido di felicità. Finalmente posso rendermi utile e questa consapevolezza mi fa provare un moto d'orgoglio nei mie confronti. "La sua lettera ci ha colpito, era molto sentita." "Grazie. Lo so di essere giovane e di non avere esperienza, ma farò ditutto per imparare" dico prontamente. "Certo è un lavoro duro. Dovrà occuparsi dei pazienti giorno e notte se necessario.Dovrà fare molte scelte" dice seriamente. Scelte tra la vita e la morte. "Quanti anni ha detto di avere?" "Sedici, ne farò diciassette l'Aprile dell'anno prossimo." Un brivido mi percorre il corpo appena la parola Aprile esce dalla mia bocca, ma ignoro questa sensazione concentrandomi invece su quello che dice l'infermiera davanti a me. "Va bene. Ovviamente dovrà partecipare a dei corsi per la preparazione e finiti quelli potrà iniziare a operare come infermiera. Iniziano mercoledì prossimo, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, dalle 09:00 alle17:00" dice informandomi. "Perfetto!" dico io, sarà dura ma ce la farò. "Bene signorina, la ringrazio." "Grazie a lei signora, veramente" dico grata, ci alziamo e ci stringiamo la mano sorridendoci. "Arrivederci" saluta. "Buona giornata." Esco dalla stanza tirando un sospiro di sollievo, sonostata presa! La mia euforia viene subito smorzata appena vedo un paziente su una barella con un braccio insanguinato, è solo e mi chiedo il perché. Dopo però vedo arrivare l'infermiera antipatica di prima che lo porta via, lanciandomi uno sguardo glaciale. Ma che ho fatto! Decido di non pensarci e mi dirigo fuori dall'ospedale, al gelo. Inizio a percorrere la strada di prima a ritroso ma senza una meta precisa, di autobus nemmeno l'ombra e quindi mi tocca aspettare. "Che faccio adesso?" mi chiedo guardando il cielo grigio, non conosco questa partedi Rovereto perché è distante dai luoghi che frequento di solito. Cammino lentamente e i miei pensieri si dirigono verso Alexander. "Che starà facendo adesso?" mi domando e sorrido al pensiero del mio soldato. Intanto le mie gambe mi hanno portata davanti al cimitero di Santa Maria e un dolore allo stomaco comincia a propagarsi nel mio corpo. Ho sempre visto i cimiteri come luoghi dove il tempo si ferma, luoghi dove ogni persona che riposa lì riesce a entrare in contatto con te, che tu stia in silenzio omeno. Ovviamente provo tristezza ma anche una profonda connessione con tutte le anime che hanno abitato i corpi che sono sepolti lì, è una cosa strana da spiegare. Oggi però mi sento particolarmente agitata nel vedere questo luogo e io non capisco il perché, forse sarà il tempo che mi influenza negativamente.Decido di tornare indietro e raggiungere la fermata dell'autobus quindi affretto il passo cercando di pensare ad altro. Nel mentre che cammino i miei occhi puntano la mia gamba sinistra e noto che la calza si è smagliata in un punto. Ecco, adesso dovrò passare l'inverno con la calza rotta anche se dovreiaverne un altro paio, guardo meglio il piccolo danno e credo che con ago e filosi possa aggiustare. Arrivata a destinazione decido di dare un'occhiata agli orari di arrivo per l'autobus del ritorno, e vedo che non dovrebbe tardare ad arrivare. Quindi mi siedo sulla panchina e aspetto mentre mi congelo piano piano. Guardo l'orologio e noto che è in ritardo. "Perfetto!"penso sarcastica. Nel mentre che aspetto penso alla faccia di Alexander quandogli darò la bella notizia e sorrido nel sapere che ne sarà entusiasta, intanto guardo il posto intorno a me ancora sconosciuto, ma che presto inizierò avedere quasi ogni giorno.

Nota autrice:
Che significato avranno quelle strane sensazioni che Clara ha sentito davanti al cancello del cimitero?
- Clara

Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora