Capitolo 15

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Edith

23 Febbraio 2022

Ogni sera, alla fine di una lunga giornata, mi piace prendermi un momento per stare da sola con me stessa e per riordinare i pensieri. Ogni sera afferro un quadernino verde e trascrivo a penna tutti i ricordi che piano piano stanno cominciando a riemergere, scrivo di Alexander, scrivo dei suoi "ti amo", scrivo dei suoi sorrisi, scrivo di noi. Nonostante io mi senta sola nella mia stanza so che sola non sono, lui è sempre vicino a me in ogni momento della giornata, riesco a sentirlo con tutti i sensi tranne che con la vista, purtroppo non riesco a vederlo davanti a me, questa eccezione avviene solo nelle regressioni e nei sogni e per me è già tanto. Dopo aver trascritto i ricordi su questo quaderno, precedentemente messi nero su bianco appena risvegliata, se così si può dire, dalle regressioni per paura di dimenticare qualcosa, li riporto sul mio computer. Ho creato un file dove ho cominciato a inserire la nostra storia, noi due siamo lì, indelebili. In questo periodo sto rileggendo il libro di Emma, mi aiuta a capire meglio questa cosa strana che mi sta capitando, mi aiuta a sentirmi meno sola, e soprattutto riesco a capire quali informazioni devo cercare, informazioni che ancora non sono in mio possesso, uno fra questi il mio paese. Nonostante riesca a vedere chiaramente il paese o la città in cui vivevo nella mia vita precedente purtroppo non ho ancora capito quale sia, ma ho delle informazioni che mi possono tornare utili. Per prima cosa la fontana, questa grande fontana che ho visto spesso nei miei ricordi, io la vedo come il mio punto di riferimento, successivamente la biblioteca dalla facciata gialla dove io e Alexander ci siamo dati appuntamento la prima volta, e per ultimo ogni volta che cammino in questo paese attraverso delle stradine strette, come se fossero dei vicoli. Di una cosa sono sicura: mi trovo in un paese di montagna. Afferro il mio computer e comincio a fare delle ricerche per cercare di dare delle risposte alle mie domande, inserisco il nome della regione che fin da piccola è stata come la mia seconda casa ovvero il Trentino, ogni anno da che ho memoria le vacanze estive le ho passate lì. Dopo aver vagliato un paio di siti mi imbatto in un link che attira la mia attenzione, lo apro e noto tutte le città e paesi più importanti del Trentino nominati uno sotto all'altro. Comincio a leggere attentamente e quando arrivo al paese di Rovereto mi si muove qualcosa dentro, una strana sensazione nel cuore cattura la mia attenzione: quel nome non mi è indifferente. Non ho mai visitato questo posto, ne ho sentito parlare ma non mi sono mai interessata particolarmente, non da vedere foto o da leggere la sua storia. Col cuore che batte forte apro un'altra finestra e digito velocemente il nome del paese e quello che mi compare davanti mi fa sorridere di gioia e di sollievo. Delle immagini cominciano a comparire sulla mia schermata e quindi ci clicco sopra per vedere meglio, i miei occhi si fanno lucidi nel vedere la fontana che tante volte ho sognato, la fontana dove io e Alexander ci siamo incontrati in quei giorni d'estate. È proprio come me la ricordavo negli anni '40 solo leggermente più moderna: è grande e ampia, intorno al bordo ci sono dei fiori e in questa piazza si alzano degli edifici affrescati che la circondano completamente; finalmente ho dato un nome alla piazza che tante volte ha visto una ragazzina e un soldato guardarsi con sguardi languidi, ovvero "Piazza Rosmini". Leggermente scossa scorro le altre foto per accertarmi di essere sulla strada giusta, ma all'improvviso la facciata gialla di una biblioteca accende tutte le mie speranze: è proprio la biblioteca dove io e Alexander ci siamo dati appuntamento la prima volta. Osservo quella foto sperando di veder comparire il mio soldato, imponente nella sua divisa verde, camminare verso di me, ma purtroppo quell'immagine rimane statica. Ci sono così tante foto che faccio fatica a guardarle tutte, foto di quei vicoli stretti che ho percorso quasi cento anni fa in un corpo diverso, foto di chiese e monumenti, foto di un fiume che ho scoperto poi chiamarsi Leno, un fiume bellissimo contornato da alberi e panchine. All'improvviso chiudo di scatto il computer e mi perdo a guardare il vuoto, ho scoperto il mio paese, il paese dove sono nata, dove ho vissuto la mia vita passata, dove mi sono innamorata e dove ho scoperto cosa vuol dire essere in guerra. Fin da piccola ritenevo il Trentino la mia seconda casa ed era veramente così, quella regione rimarrà per sempre dentro di me, di vita in vita. Ricordo un sogno che ho fatto una settimana fa, è durato veramente poco ma al mio risveglio avevo le lacrime agli occhi. Dentro di me capivo che Alexander non era ancora entrato nella mia vita, c'ero solo io in quella piazza grande che dopo poco tempo sarebbe stata testimone dello sbocciare di un amore.

Il vento mi scompiglia i capelli e il sole di inizio Giugno mi scalda dolcemente il viso, osservo i lillà disposti intorno alla fontana e noto che sono dello stesso colore della mia gonna. I miei occhi osservano le persone del paese condurre la loro vita in modo tranquillo, osservano i bambini giocare a palla nonostante i soldati che hanno cominciato a pattugliare la città dallo scoppio della guerra nel Settembre del 1939. A Rovereto il clima è teso ma adesso tutti vanno avanti come se la guerra non ci fosse, d'altronde l'Italia non è ancora entrata in guerra, ma nonostante questo i volantini che tappezzano il mio paese rovinano questa bellissima giornata. Volantini che incitano al Fascismo, che osannano il Terzo Reich, volantini che promettono che presto o tardi anche l'Italia entrerà nel conflitto. Chiudo gli occhi per non vedere il mio amato paese cosparso da questi inutili fogli svolazzanti, che andrebbero bene solo per accendere il camino. Ma purtroppo è estate. All'improvviso un profumo di dolci e di pane appena sfornato mi fa sorridere come una bambina, ho sempre amato questo odore perché mi fa tornare alla mia infanzia. Per uno strano motivo i miei occhi si riempiono di lacrime, lacrime di nostalgia. Non so spiegarmi il motivo di tutto ciò ma dura solo pochi istanti. "Buongiorno signorina." La voce gentile di un soldato mi riporta alla realtà, lo osservo per un secondo e poi ricambio il saluto sorridendo. Lentamente riprendo la mia camminata immersa nella vita di questo paese che, anche se a volte lo dimentico, io amo.

Con le stesse lacrime di nostalgia mi sono risvegliata dal sogno, adesso capisco la nostalgia che provava Clara, una nostalgia che avrebbe capito solo in un'altra vita. Forse quella mancanza non è dovuta al paese in sé, ma alla vita che conducevo in quel paese, a quell'epoca che tanto mi manca e che ho sempre sentito mia. I vestiti e le gonne che arrivavano oltre il ginocchio, le camicette semplici e senza fronzoli, i capelli raccolti secondo la moda del tempo, la vita senza cellulari a distogliere l'attenzione dal mondo vero, le amicizie vere in cui bastava farsi trovare sotto casa dell'amica per poter uscire a fare una passeggiata. Quanto mi manca tutto questo. Forse quella mancanza è dovuta a una persona in particolare che ha nome e cognome: Alexander Krumme.

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Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora