Capitolo 11

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Edith

13 Febbraio 2022

Mi sveglio all'improvviso nel bel mezzo della notte, tutto intorno a me è scuro quindi presumo che sia ancora notte fonda, infatti girando la testa vedo che la sveglia segna le 04:24. Mi stiracchio leggermente e cambio lato per rimettermi a dormire ma appena chiudo gli occhi l'immagine del viso di Alexander me li fa sbarrare. Mi metto a sedere sul letto stropicciandomi gli occhi. "Alexander... ti ho sognato." Il ricordo comincia a riemergere, forte e così vivido da farmi piangere lacrime di nostalgia. Voglio tornare indietro e restare per sempre con lui. Perché lo amo, gli appartengo come gli sono appartenuta nell'altra vita. Riemerge il bacio, le carezze, gli abbracci e un amore che ho sempre sognato di provare. Ho capito, quello che sto rivivendo attraverso le regressioni e adesso anche con i sogni sono ricordi della mia vita passata, ricordi che ho perduto nell'eternità del tempo e che adesso, un soldato che sta diventando tutto il mio mondo, sta cercando in tutti i modi di farmelo ricordare. Mi abbraccio le gambe cercando di trattenere le lacrime che minacciano di uscire, la casa è immersa nel silenzio più totale e poi ci sono io, una ragazza che pensava di vivere una vita normale, che si è sempre sentita diversa e con una mentalità diversa da quella dei propri coetanei. Una ragazza che non si è mai sentita a proprio agio in un'epoca come questa. Piango cercando di non far rumore perché l'oppressione che sento nel petto non mi fa respirare, voglio averlo qui vicino a me, voglio poterlo stringere e non più sentirlo nell'aria cercando di interpretare le sue risposte alle mie innumerevoli domande. Quel momento bellissimo che ho sognato lo vorrei rivivere anche adesso, nel mio letto insieme a lui, abbracciati e uniti senza la paura che una aereo che sorvola il cielo possa sganciare una bomba. Faccio dei respiri profondi cercando di calmare il mio cuore impazzito, senza far rumore cerco un foglio e una penna per poter annotare il sogno appena fatto, il ricordo appena vissuto, ho troppa paura di dimenticarlo appena mi riaddormenterò. Accendo la lampada e dopo aver guardato la mia camera, nella speranza vana di vedere il mio soldato comparire dal nulla, comincio a scrivere immergendomi completamente nell'estate del 1940.

Dopo pochi giorni dal nostro primo bacio ci troviamo al laghetto. Ridiamo spensierati e Alexander è davanti a me, che mi accarezza il viso. Le sue mani sono delicate, il suo tocco leggero. "Ich liebe dich" mi dice e io lo bacio, sfiorandogli il viso, sentendo il suo sapore, il suo sapore che sa di tabacco e menta. Sapore che non scorderò mai. Gli accarezzo il sul bel volto e i folti capelli biondi perdendomi nella sua bellezza. "Non mi sono mai sentita così, mi fa paura ma non sono mai stata più felice." Si ho paura, paura perché un sentimento così forte non l'ho mai provato prima. "E non lo proverai mai più." Cerco di non pensare al pensiero che la mia testa ha prodotto e mi concentro sulle labbra di Alexander che continuano a baciarmi il viso. "Anche io – dice mettendosi a sedere, visto che eravamo stesi sull'erba – sono stato con delle donne ma... non mi sono mai innamorato prima." Gli accarezzo la schiena per rassicurarlo, io non mi preoccupo se lui è già stato con altre, perché so che dice la verità, so di essere la prima ragazza di cui si è innamorato, e questa è l'unica cosa che conta per me. "Meine Liebe" dice guardandomi e ci abbracciamo forte, posso sentire il suo profumo. "Tutto bene tesoro?" mi chiede vedendo che non voglio staccarmi da quell'abbraccio, e io annuisco con la testa. "Ho paura che questa guerra ti porterà via da me" dico contraddicendomi subito, ho veramente paura che accada, non so cosa farei se lo perdessi per colpa di questa maledetta guerra. Lui mi guarda alzandomi il viso. "Qualunque cosa accada io sarò sempre con te, in qualsiasi tempo, ogni giorno. Sono qui con te, in questo posto... il nostro nido." Io sorrido mettendomi a cavalcioni su di lui. "D'amore?" chiedo come una bambina. "Chiamalo come ti pare" dice Alexander ridendo. "Voglio che questo momento non finisca mai." "Non finirà, è sempre qui – dice indicandomi la fronte – lo ricorderai, sempre" e detto questo mi bacia la fronte. Ad un certo punto si alza, mi prende in braccio a mo' di sacco di patate e mi butta in acqua. Ci schizziamo a vicenda e infine gli salto in braccio aggrappandomi a lui come un koala. "La mia scimmietta." "Mein Soldat" il mio soldato. "Gut, brava." Improvvisamente vediamo un aereo passare sopra le nostre teste, usciamo dall'acqua correndo e Alexander si mette sopra di me per proteggermi dall'eventuale bombardamento, sto tremando. Per fortuna anche questa volta l'aereo ci sorvola senza sganciare bombe, ma non andrà sempre avanti così, purtroppo. "Stai bene? Tranquilla" mi rassicura lui. "Sì sto bene." Ma vedendomi ancora scossa mi circonda con un braccio. "Alles gut, va tutto bene" ripete per tranquillizzarmi e io mi perdo nel suo abbraccio. Ci stendiamo per terra ancora tutti bagnati e scossi. La guerra ci ricorda costantemente che c'è, è qui vicino a noi, e io ho la prova vivente della sua presenza. È brutto da dire, ma se non fosse mai scoppiata io e Alexander non ci saremmo mai incontrati, però magari sarebbe successo in un contesto normale, un contesto più adatto a un ragazzo di vent'anni e una ragazza di sedici. In fondo, se due anime sono destinate a incontrarsi, succederebbe comunque, anche in contesti differenti. E quindi stiamo lì, io con la testa appoggiata al petto del mio tenente e lui che mi circonda con le sue possenti braccia. Ho la mano poggiata sul suo cuore, lo sento battere sotto il palmo della mano destra, e non mi serve altro per essere la ragazza più fortunata di questo mondo.

Stacco la penna dal foglio e ritorno come alla realtà, mi guardo la mano destra e la porto al cuore. Lo sento battere come prima sentivo battere quello di Alexander, ed è una sensazione così bella da voler piangere ma non dalla tristezza, dalla gioia. Perché l'ho sentito vivo, vicino a me e ho sentito l'amore che ci legava e che non ci ha lasciati neanche ottant'anni dopo. Io non so cosa ho fatto nella mia vita, o nelle mie vite, per meritarmi una persona come lui, a pochi capita quello che io sto vivendo, e anche se è doloroso innamorarsi di nuovo di una persona che è stata tutto il tuo mondo e che adesso non puoi avere qui, ammetto che è una cosa bellissima e sono molto fortunata. Alexander è la mia cosa bella. La stanchezza mi assale e per quanto mi rimane da dormire decido di stendermi e a provare a chiudere gli occhi per riprendere sonno. Bacio la piastrina che ho realizzato scrivendoci sopra il suo nome, il mio porta fortuna, e poi mi rannicchio sotto le coperte immaginando le sue abbraccia avvolgermi. Nel dormiveglia, però, un'immagine raccapricciante mi si para davanti agli occhi. Vedo Alexander steso su un letto d'ospedale, il suo ventre è sporco di sangue e io mi guardo le mani incapace di fare nulla. Solo una voce mi ridesta dallo shock. "Se la caverà, infermiera, ma bisogna portarlo subito in sala operatoria." Poi il buio. Il mattino seguente non ricorderò nulla, solo una voce che mi rimbombava nella testa. "Ricorda, ricorda che era Aprile."

Nota autrice:
Edith ha cominciato a sognare, sogna di Alexander e del loro amore appena sbocciato. Ma cosa starà a significare quel frammento di ricordo che la sua mente ha rifiutato di ricordare?

Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora