Rovereto, 14 Giugno 1940
Come ogni mattina sono in paese, e sto andando a prendere il pane e altri generi alimentari per me e la mia famiglia. Nonostante sembri tutto come sempre si respira un'aria differente, si respira la paura, il non sapere cosa accadrà, il non sapere quanto durerà tutto questo. I cibi sono razionati e ogni nucleo famigliare ha la propria tessera annonaria, senza quella rimani a mani vuote. Oggi entrambi i miei genitori lavorano e quindi, dopo aver rassicurato mia madre vado a fare la spesa. Mi è sempre piaciuto e non mi pesa affatto, mi piace camminare; però il paese pullula di soldati, sia italiani sia tedeschi, e quest'ultimi sono i più temuti, anche da me. Cerco sempre di non attirare troppi sguardi, ma non sempre è facile, dopotutto sono sempre uomini lontani da casa e dalle proprie donne. In questi primi giorni di guerra ho pensato seriamente a cosa potessi fare per rendermi utile, non mi piace l'idea di stare a casa senza fare niente, e quindi, visto che purtroppo non vado più a scuola, ho deciso di diventare infermiera e aiutare nell'ospedale di Rovereto. Dopo aver riflettuto per bene su questa idea ho riferito la mia decisione ai miei genitori, non l'hanno presa bene all'inizio, ma dopo un po' di persuasione sono riuscita a convincerli. Nei loro occhi ho intravisto dell'orgoglio e non potevo essere più felice. Oggi indosso uno dei miei vestiti preferiti, verde con le stelle alpine, e per essere quasi a metà di Giugno non è tanto caldo. Cammino tranquillamente ma una voce mi ridesta dai miei pensieri spensierati che non mi hanno ancora lasciata, nonostante lo scoppio del conflitto. "Jawohl kommandant!" dice un soldato tedesco, molto probabilmente a un suo superiore, e a me vengono i brividi, anche se i soldati sono qui da parecchio tempo devo ancora abituarmi a tutto questo. Faccio per dirigermi verso il negozio di alimentari ma il mio sguardo viene catturato da un bellissimo vestito esposto in vetrina, bordeaux e lungo, un vestito da sera, e penso a quanto sarebbe bello poterselo permettere, ma in questi tempi di guerra vedo difficile trovare un occasione per poterlo indossare. Dopo averlo ammirato e aver fantasticato per un po' decido di proseguire prima che il negozio venga svuotato, pur essendoci le tessere, ma essendo sbadata e come dice mia madre, sempre con la testa fra le nuvole, non vedo una persona davanti a me e ci vado a sbattere contro. Quello scontro avrebbe cambiato per sempre la mia vita, mi avrebbe fatto conoscere l'amore ma anche il dolore, il dolore vero. In quel momento, però, non potevo saperlo. Inciampo nel gradino del marciapiede e sarei caduta rovinosamente a terra se la persona in questione non mi avesse tenuta per un braccio. "Oddio mi dispiace non volevo" inizio a dire scusandomi e noto subito dopo che sono andata a sbattere contro un soldato tedesco, un ufficiale per giunta. Il mio cuore comincia a battere forte, avevo promesso a mio padre che sarei stata attenta e ho già combinato un pasticcio. Sono sempre stata sbadata ma non lo faccio apposta. "Deve vedere dove va, Fräulein" mi dice con un leggero accento tedesco il soldato che mi ha salvata da una brutta caduta. Impallidita comincio ad agitarmi ma mi rendo conto di dovergli una risposta. "Si ha ragione mi scusi." Alla faccia che dovevo stare attenta ai soldati! Tengo la testa abbassata perché ho paura di guardarlo, riesco a intravedere solo la svastica sulla giacca e questo basta a farmi accapponare la pelle. "Sta bene comunque?" mi chiede con fare premuroso, ma nonostante questo non sono tranquilla. "Sisi grazie, ho la testa altrove alcune volte" dico prontamente guardando le mie scarpe, vorrei sotterrarmi dalla vergogna. "Eh sì ho visto" dice lui ridendo. Al suono della sua risata alzo lo sguardo verso il soldato davanti a me e non posso fare a meno di notare quanto sia bello: alto, occhi verde chiaro e capelli biondi, che però noto appena perché nascosti dal cappello, e inoltre sembra molto giovane. Troppo per essere un soldato. "Sono il tenente Alexander Krumme" mi dice porgendomi la mano, io la guardo indecisa se stringerla o meno, ma alla fine lo faccio sentendo il suo calore. Non riesco a guardarlo in faccia ma i miei occhi rimangono fissi sulla mia piccola mano nascosta in quella grande di lui. Quel semplice contatto mi tranquillizza un pochino, il sorriso del tenente è dolce e gentile e per un attimo abbasso le mie difese e i miei timori. "Io sono Clara Fiocchi." Dopo avermi stretto la mano se la porta alle labbra e la bacia, guardandomi con uno sguardo che non riesco a decifrare. Ci fissiamo per dei secondi impercettibili ma che a me sembrano un'eternità. Le mie guance si colorano di rosso e per quanto cerchi di far credere a me stessa che sia colpa del caldo, so bene che non è così. "Grazie per avermi afferrata, non so come sarei ora sennò" gli dico facendo una risatina nervosa, sono sicura che ai suoi occhi gli sembrerò una bambina, un'imbranata che non sa guardare dove mette i piedi. "Non c'è di che Clara." Il mio cuore perde un battito nel sentire il mio nome pronunciato da un soldato tedesco, non era mi era mai successo prima. Il modo in cui lo ha fatto, storpiando la r mi fa sorridere, dopotutto Clara è un nome diffuso anche in Germania. "Devo andare adesso, scusi ancora. Arrivederci signor tenente." Lui con un cenno della testa e un sorrisetto divertito sulle labbra mi saluta di rimando. "Arrivederci Fräulein." Mi volto e me ne vado notando che alcune persone mi guardano un po' male, e come posso biasimarle! Ancora un po' scossa per questo strano e inaspettato incontro, mi metto in fila per prendere da mangiare. "Che stupida che sono, faccio sempre figuracce, era anche un soldato tedesco..." dico tra me e me. Entro nel negozio e dopo aver consegnato le tessere e aver preso la mia razione, decido di dirigermi verso casa. "Oh eccoti, ma dove sei stata?" mi chiede mia madre appena entro dalla porta. Ho fatto così tardi che è già tornata dal lavoro. "Ho avuto un imprevisto. Ho fatto una figuraccia, dopo ti racconto." "Mmm, va bene" mi dice guardandomi con uno sguardo un po' preoccupato. Salgo le scale ed entro in camera mia, è molto semplice ma l'adoro e inoltre mi rispecchia tanto. Al centro c'è un letto a una piazza e mezza con di fianco due comodini, davanti c'è una scrivania con sopra uno specchio e vicina a essa due finestre che danno sulle montagne, alla destra del letto c'è il mio armadio con tutti i miei vestiti; ma la cosa più bella sono le mensole sopra al letto che contengono tutti i miei libri, essendo io una lettrice accanita. Mi guardo allo specchio per vedere in che condizioni sono e mi ritrovo a pensare al mio aspetto per via di come quel soldato potrebbe avermi vista, ma dopo aver pensato a questo scaccio via il pensiero e prendo una busta per poi dirigermi di sotto. "Mamma potresti leggerla e dirmi se per te va bene? È per l'ospedale, c'è scritto il perché vorrei lavorare lì." "Certo cara" risponde lei. "Grazie mamma." Dopo averla letta e avermi dato la sua approvazione, mi chiede della figuraccia di cui le ho accennato. "Allora, vuoi dirmi cos'è successo?" mi chiede mia madre. Io le racconto tutto, del fatto che ero distratta e che involontariamente mi sono scontrata con un ufficiale della Wehrmacht. "Tu sei pazza. Quante volte ti ho detto di stare attenta ai soldati? Ed era tedesco per giunta! Potevi farti arrestare!" mi risponde lei, ho paura che da un momento all'altro faccia un esaurimento nervoso. "Mamma, mamma calmati. Non è successo. Anzi se devo dirla tutta mi è anche sembrato divertito, non si è arrabbiato" le dico per tranquillizzarla, ma forse ho fatto peggio. Lo sapevo che non dovevo raccontarle niente ma fin da piccola ho sempre detto tutto a mia mamma, non è mai stata troppo severa e quindi mi sono sempre confidata con lei. "Be arrabbiato o meno stai più attenta la prossima volta" mi dice guardandomi truce, so che non è arrabbiata ma semplicemente preoccupata. "Sì non ti preoccupare" la rassicuro per poi baciarla sulla guancia. Il pensiero di quel soldato svanì, anche se mi ritrovavo durante il giorno a sussurrare il suo nome, cercando di pronunciare il suo cognome così strano per poi ridere di me stessa. Mai avrei pensato che quel soldato tedesco avrebbe infestato i miei pensieri e che soprattutto me ne sarei innamorata nel bel mezzo di una guerra mondiale.
Nota autrice:
Avete cominciato a conoscere Clara, chissà come questo soldato comparso dal nulla le cambierà la vita...
- Clara
STAI LEGGENDO
Ricordo che era Aprile
Ficção GeralRovereto, 1940 La guerra è appena scoppiata in Italia, il mondo è in guerra, ma Clara, una ragazza di sedici anni, si augura che nel suo paese fra le montagne la sua quotidianità non cambi. In cuor suo spera che la vita, la vita che conosceva fino a...