Capitolo 37

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Rovereto, 13 Settembre 1944

Quando sono in ospedale mi rendo conto che la vita è imprevedibile, un minuto prima puoi stare bene e quello dopo non più, un minuto prima stai correndo più forte del vento e quello dopo ti ritrovi per terra con la gamba fratturata, un minuto prima stai camminando con tuo marito in una bellissima giornata soleggiata e quello dopo iniziano a cadere le bombe. Il mio lavoro mi permette di vedere che il male c'è sempre, può sbucare dal nulla per cambiare la tua vita, ma mi permette anche di vedere il bene, quel spiraglio di luce che illumina anche le giornate più buie, anche le giornate di guerra. Quel spiraglio di luce possono essere i bambini che nascono, quando passo vicino al reparto maternità e sento quegli esserini piangere e strillare perché vogliono la loro madre, quel spiraglio di luce possono essere le lacrime di una mamma e il sorriso di un papà alla vista del loro piccolo. Il mio lavoro è sia bene sia male, come la vita, dobbiamo solo imparare a ricavare il bene nel male. 

È quasi mezzogiorno e io sono qui dalle sette di stamattina, sono leggermente stanca ma per fortuna oggi è una giornata abbastanza tranquilla, nessun ferito grave e lievi ferite da medicare. "Signorina?" Mi fermo sentendo una vocina provenire da dietro di me, resto in ascolto pensando di essermela solo immaginata. "Signorina!" Eccola di nuovo, sembra la voce di una bambina, quindi corro nella direzione opposta a quella in cui stavo andando e dietro a una porta vedo una bambina rannicchiata su se stessa, ha il braccio sporco di sangue. Allarmata mi avvicino a lei lentamente per non farla spaventare. "Ciao piccola, eccomi qui, stavi chiamando me?" le chiedo gentilmente inginocchiandomi davanti a lei. La bambina annuisce e mi mostra il taglio che ha sul braccio, rimango a fissarla per un secondo ma poi con delicatezza la prendo in braccio per poterla medicare. Ma da dove è spuntata fuori? Dove sono i suoi genitori? La porto in una stanza vuota, chiudo la porta con il piede e dopo averla deposta su un lettino prendo disinfettante e garze. Mi riavvicino a lei e con delicatezza comincio a disinfettarle la ferita, è una bambina bellissima con i capelli neri e gli occhioni grandi, in quegli occhi riesco a scorgere la sua sofferenza, una sofferenza che una creatura così piccola non dovrebbe mai provare. "Tesoro, come ti chiami?" le chiedo per cercare di capire se posso aiutarla in qualche modo. Lei non risponde ma continua a fissarmi intensamente, quindi provo con una tecnica diversa. "Io mi chiamo Clara, adesso devo darti due punti per questa ferita, sentirai un po' di dolore ma per distrarti puoi parlarmi di quello che vuoi, se vuoi che mi fermi basta che mi tiri l'uniforme, va bene piccola?" I due occhioni si riempiono di lacrime, senza pensarci due volte la prendo fra le mie braccia per cercare di tranquillizzarla, lei appoggia la testina sul mio petto e la cullo avanti e indietro. "Hanno portato via i miei genitori, quegli uomini vestiti di nero, hanno cercato di prendere anche me ma sono corsa via come mi stava dicendo di fare il mio papà, ma nella corsa sono caduta e mi sono fatta male. Sono arrivata qui e mi sono nascosta, ma poi ho visto te e mi sembravi gentile così ti ho chiamato. Dove hanno portato la mamma e il papà?" La piccola comincia a piangere, la stringo forte a me e se non fosse che devo essere forte per lei anche io mi sarei messa a piangere. Non posso dirle dove hanno portato i suoi genitori, non posso. "Ascoltami piccola, adesso finisco di medicarti e poi ti aiuterò a cercare i tuoi genitori. Ti piacerebbe dirmi il tuo nome?" Non so come farò a mantenere quella promessa, i nazisti la staranno cercando, devo tenerla al sicuro. Nel frattempo comincio a dare i punti alla ferita, sto facendo più piano che posso, purtroppo l'anestesia va fatta solo alle persone più gravi e se mi dovessero scoprire a usarla per una ferita finirei nei guai. Ma la bambina è forte, stringe i denti e piange silenziosamente quando finalmente mi rivela il suo nome. "Mi chiamo Shira." Shira! Che nome particolare! "Shira, ma è un nome bellissimo! Sai che non l'ho mai sentito prima d'ora?" le dico mentre finisco di dare i punti, le bacio la fronte dicendole che è tutto finito e infine prendo le garze. "Sì, è un nome ebraico, sai io e i miei genitori siamo ebrei. La mamma mi ha sempre detto di non dirlo a nessuno ma tu mi sembri buona." Quella bambina, Shira, è ebrea, il mio sospetto è fondato. Non è al sicuro qui ma io devo cercare di proteggerla, è arrivato il momento di fare qualcosa. "Shira io non lo dirò a nessuno, puoi fidarti di me. Ecco qui, il braccino è apposto sei stata bravissima tesoro." Le prendo le manine e per un attimo mi zittisco per cercare di capire cosa fare, devo portarla fuori di qui e nasconderla, non possono portare via quella bambina innocente. L'idea di chiedere aiuto ad Alexander mi balena per la testa, ma non voglio metterlo in pericolo, se scoprissero che ha aiutato la moglie a nascondere un'ebrea sarebbe la fine per tutti e tre. Ma cosa posso fare? Giro e rigiro il ciondolo a forma di rosa che Alexander mi ha regalato cercando di capire cosa fare, ma all'improvviso i miei pensieri vengono interrotti da un suono agghiacciante, un suono che ha infestato i miei incubi dall'inizio della guerra: la sirena antiaerea. La sirena antiaerea sta suonando? Ci stanno bombardando? In quattro anni di guerra Rovereto non è mai stata toccata da una bomba, neanche dopo che Trento era stata colpita un anno fa. Sta succedendo veramente? Shira scoppia a piangere e io senza pensarci due volte la prendo in braccio, ma devo metterla in salvo perché sicuramente non può stare qui in ospedale. Se veramente ci stanno bombardando non passerà molto prima che l'ospedale sarà invaso da feriti, civili e soldati. "Non preoccuparti piccola, ti proteggo io." Esco con la bambina in braccio precipitandomi fuori dall'ospedale, sinceramente non so neanche io cosa stia facendo, la mia casa è troppo lontana per andarci a piedi e Alexander non so dove sia, anche se volessi chiedergli aiuto non saprei dove trovarlo. Rimango dieci minuti buoni fuori in mezzo alla strada, con una bambina ebrea fra le braccia, con le sirene che continuano a suonare e con il panico che sta salendo. All'improvviso, come se l'Universo avesse ascoltato le mie preghiere silenziose, una figura alta e slanciata, imponente e bellissima in ogni suo movimento marcia nella mia direzione. Dal sollievo per poco non mi metto a piangere anche io. Alexander, il mio angelo custode, viene verso di me, è pallido e preoccupato ma so che non è per il presunto bombardamento ma perché non sapeva se fossi al sicuro o meno. "Grazie a Dio sei qui Alexander!" Il mio soldato mi stringe a sé, non si è neanche accorto che ho una bambina fra le braccia, ci circonda entrambe in un abbraccio caldo e protettivo. Mi bacia la fronte ripetutamente e solo dopo essersi staccato nota la piccola. "Clara, chi è lei?" dice alzando la voce per sovrastare la sirena. Shira nasconde il visetto nel mio collo impaurita, ha visto la divisa di Alexander e si è spaventata. Se solo sapesse che lui è la persona più buona al mondo! "Tesoro non devi avere paura, lui è mio marito ed è buono, non ti farebbe mai del male. Ti fidi di me?" le chiedo e lei annuisce lentamente alzando gli occhioni prima su di me e dopo su Alexander che la guarda stranito. "Bene, io mi fido di lui perché lo amo, ci proteggerà. Puoi credermi?" Lei non risponde, allunga la manina verso Alexander e lui, leggermente in difficoltà, la prende delicatamente fra le sue, grandi e calde. "Ciao piccola, non voglio farti del male, voglio solo mettervi al sicuro. Sai, lei è molto importante per me e l'unica cosa che voglio è che stia bene, adesso voglio proteggere anche te. Me lo lascerai fare?" Shira annuisce vigorosamente e all'improvviso fa una cosa che mi fa venire il magone, non piango solo perché il momento non è adatto. La bambina protende le braccia verso di lui, Alexander mi guarda come per chiedermi che cosa deve fare, quindi mi avvicino a lui e lo aiuto a prenderla in braccio. La piccola si rannicchia sul suo petto, mi tiene per un dito e Alexander la stringe a se dandole un leggero bacio sui capelli. "Devo spiegarti un po' di cose amore mio..." comincio a dire. "Lo immagino ma non qui Clara, dobbiamo andare via, non mi interessa se devi aiutare le persone tu vieni con me, le aiuterai dopo." Replicare non servirebbe a nulla quindi mi afferra per un fianco facendomi aderire al suo corpo, mentre con l'altro braccio continua a sostenere Shira, e cominciamo a incamminarci non sapendo dove ci stia portando. "Ci stanno bombardando?" gli chiedo terrorizzata da questa eventualità. "Io non lo so, non si vedono aerei ma dobbiamo stare pronti a tutto. L'unica cosa che ti chiedo è di non uscire dal rifugio finché il pericolo non è passato, lo so che sei un'infermiera e che devi aiutare i feriti ma quello lo farai dopo. Ti prego non farmi stare in pensiero." Mi stringo ancora di più a lui mentre la sirena continua a suonare incessantemente, so che lui dovrà rimanere la fuori, dopo che avrà messo al sicuro noi due dovrà uscire per fronteggiare i probabili attacchi nemici e l'unica cosa che può fargli mantenere il sangue freddo è sapermi al sicuro. "Te lo prometto Alexander." Alla fine arriviamo in un rifugio che era stato reso tale dall'inizio della guerra, è vuoto ma temo che da un momento all'altro si riempirà di persone. Alexander ci fa sedere porgendomi la bambina, si inginocchia accanto a me e si mette in ascolto delle mie parole. Gli devo qualche spiegazione. "L'ho trovata ferita dentro all'ospedale, si chiama Shira e... ed è ebrea Alexander. Hanno portato via i suoi genitori, dobbiamo fare qualcosa non possiamo permettere che la prendano." La tristezza mi sale nel guardare il volto del mio soldato afflitto e in parte colpevole, rivede in quella bambina tutte le persone rinchiuse nei ghetti in Polonia. Le accarezza i capelli sorridendole dolcemente mentre la piccola continua a guardarlo con gli occhioni zuppi di lacrime. "Non permetteremo che la prendano meine Liebe, questa volta non starò in silenzio a guardare queste povere persone che vengono uccise." Gli sorrido e con il braccio libero lo circondo attirandolo in un abbraccio, lui ricambia avvolgendo entrambe con le sue braccia forti. "Adesso ascoltami, Clara. Tu uscirai da qui solo quando sarà tutto finito, potrebbe anche non succedere nulla ma tu devi stare qui, una volta passato vieni alla fermata dell'autobus e aspettami lì. Insieme porteremo la piccola da Giulio, tranquilla tesoro ti spiegherò." Mi agito leggermente sentendo il suo piano, vuole mettere in mezzo anche il fidanzato della mia amica? Non so più cosa fare, non so se questa è la cosa giusta, ma l'unica cosa che mi resta è fidarmi di lui come ho sempre fatto. "Va bene, lo sai che mi fido di te, farò tutto quello che vuoi. Solo una cosa, torna da me soldato, come sempre." I suoi occhi luccicano, mi afferra il viso dandomi un bacio immersi nell'oscurità del rifugio, mi abbandono a quel momento intimo che solo la bambina fra le mie braccia può vedere, un po' imbarazzata e un po' incredula. Vorrei dirle che l'amore, l'amore vero, può salvare le persone soprattutto quando il mondo è impegnato a odiarsi. Nel mentre le persone cominciano ad arrivare, affannate, impaurite e confuse. Appena vedono il soldato vicino a noi due i loro volti si trasformano, da impauriti per la sirena a impauriti per il tenente della Wehrmacht, ma noi tre non ci facciamo neanche caso. "Ehi piccola – esclama Alexander a Shira – non devi avere paura, stai vicino a lei e vedrai che andrà tutto bene. È mia moglie sai e la amo tanto, non avere paura perché ti proteggiamo noi." La bambina gli sorride con il dito in bocca, io li guardo con il cuore pieno di gioia nonostante il momento, Alexander la bacia sulla fronte per poi guardarmi dritta negli occhi. Ci fissiamo parlandoci con lo sguardo, mi dà un bacio e si alza per andarsene. "Ti amo amore mio, mi raccomando, stai attenta." "Tu devi stare attento, sei là fuori con le bombe che potrebbero cadere, torna da me, ti aspetto alla fermata dell'autobus. Ti amo anche io." Mi sorride dolcemente toccandosi il cuore con la mano, mi manda un bacio per poi sparire nella folla che sta invadendo il rifugio. Mi assicuro che Shira stia bene, mi sistemo in maniera da stare più comoda e anche per far spazio alle persone. Poi chiudo gli occhi immaginando solo una cosa: Alexander che stringe nostra figlia come prima ha fatto con Shira.

Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora