Capitolo 38

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Rovereto, 24 e 25 Dicembre 1944

Come si riesce ad andare avanti dopo che le prime bombe sono state sganciate sopra il proprio paese? Paradossalmente si va avanti come si è sempre fatto, dopo più di quattro anni di guerra tutti sapevamo che le bombe non sarebbero tardate ad arrivare, hanno colpito una zona di campagna senza punti strategici, senza un reale motivo. Sembra che l'abbiano fatto per puro divertimento, ma quel giorno sono morte delle persone, sono morti dei bambini. Da quel 13 Settembre i miei pensieri, appena sveglia, erano rivolte a quelle persone che hanno perso la vita, alle persone che ho curato all'ospedale, alle persone che non sono riuscita a salvare, ma soprattutto a Shira, la bambina ebrea. In questi lunghi mesi che non finivano più, tante volte ho avuto la tentazione di andare a trovarla a casa di Teresa e Lorenzo, ma sia Alexander che Giulio mi hanno detto che non sarebbe stato sicuro, perché se qualcuno mi avesse vista sarebbe stata la fine. Alexander mi ha ricordato che mi tenevano d'occhio, sia me che lui, e se mi avessero vista andare a casa di due persone che non avevo mai incontrato prima si sarebbero insospettiti. A malincuore, quindi, ho dovuto rinunciare, non avrei mai messo in pericolo Shira. Un giorno, però, Maria è venuta da me tutta trafelata dicendomi che la giovane coppia era riuscita a farla uscire dal paese per portarla in Svizzera, stato neutrale, la mia piccola era salva. Ovviamente tutto questo è rimasto un segreto finché Shira non fu arrivata sana e salva, successivamente Teresa aveva spedito a Giulio una lettera dalla Svizzera dicendo che era andato tutto bene. Al sentire tutto questo il mio cuore è stato mosso dalla felicità e dal sollievo, ma dopo questi momenti di felicità la consapevolezza che non l'avrei mai più rivista mi ha fatto piangere lacrime di dolore. Maria mi ha stretta a sé consolandomi come solo lei sapeva fare. La cosa più importante era saperla al sicuro e in quel momento sperai che quella bambina coraggiosa avrebbe avuto una bella vita. I mesi passarono, l'autunno si trasformò in inverno ricoprendo tutte le strade, gli alberi e le case con la neve candida. Il Natale si è avvicinato lentamente, in punta di piedi, come a chiedere il permesso di essere festeggiato in momenti di dolore e sconforto come questi. Ma forse il Natale è quella luce che viene nelle nostre case ogni anno per ricordarci che la speranza non muore mai, che è sempre lì, nascosta, e che basta veramente poco per farla uscire. Quest'anno la nostra speranza è l'arrivo dei genitori di Alexander, è da Giugno che lui sta contando i giorni alla Vigilia e finalmente questo giorno è arrivato.

Sono seduta sul davanzale della finestra di camera mia e sto guardando la neve cadere leggera per poi posarsi a terra, sono così assorta nei miei pensieri che non mi accorgo del mio soldato in piedi vicino a me. "A cosa stai pensando Clara?" Sobbalzo nel sentire la sua voce, mi porto la mano sul cuore guardandolo truce. Lui scoppia a ridere avvicinandosi, mi posa le mani sulle spalle mettendomi davanti a lui, mi scruta nel profondo sapendo che può leggermi nell'anima. Anche se volessi nascondermi a lui non ci riuscirei mai. "A cosa pensavi?" richiede tornando serio. Gli sorrido avvolgendogli la vita con le braccia. "Pensavo a Shira, spero che stia passando un bel Natale, anche se essendo ebra non so se lo festeggi..." I suoi occhi mi guardando tristi, mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi attirarmi verso di sé. "È al sicuro adesso, non devi preoccuparti amore mio. Ricordi quel giorno in cui ti ho raccontato dei ghetti?" Annuisco leggermente, non potrei mai dimenticare quel momento, sentire dalla sua bocca tutto quello che i nazisti hanno fatto e che continuano a fare, quello che hanno fatto anche ai genitori di Shira. "Ecco, tu mi avevi detto che avremmo reso giustizia a quelle persone e io credo che nel nostro piccolo qualcosa abbiamo fatto. Abbiamo strappato una bambina innocente da una morte assicurata, adesso lei sta bene ed è solo questo che conta. Hai salvato una bambina ebrea dai nazisti, sono fiero di te." Scuoto la testa per poi appoggiarla al suo petto, i miei occhi continuano a guardare il paesaggio innevato mentre ascolto il mio suono preferito, il battito del suo cuore. "L'hai salvata anche tu Alexander, non dimenticarlo. Per quel che vale anche io sono fiera di te, non immagini quanto" mormoro alzando lo sguardo su di lui. Mi prende il viso e mi bacia dolcemente, come solo lui sa fare. "Anche io sto pensando a delle persone e non sono i miei genitori" sussurra lanciandomi uno sguardo d'intesa. Ho capito tutto, anche io ho questa capacità di leggergli dentro. "Mila e Giambattista, lo so soldato, anche io sto pensando a loro – dico ritornando a guardare fuori – mi auguro che anche loro stiano bene." Il mio pensiero è sempre rivolto a loro, a queste due persone che non ho mai incontrato in vita mia se non in sogno, se non dalle parole di Alexander. Spero di riuscire a incontrarle, un giorno... o in un'altra vita. "Ja, lo spero anche io." Quanta malinconia, quanta serietà nelle nostre voci, non sembriamo due sposi che stanno aspettando ospiti per Natale. Mi scosto dal suo abbraccio confortante allontanandomi di un paio di centimetri, è arrivato il momento di mettere nel cassetto queste paure e timori per far uscire quella luce di speranza. Alexander mi guarda confuso da quell'allontanamento brusco ma io gli sorrido in maniera confortante, rimango ad ammirarlo per qualche minuto. Non ha la divisa, per fortuna, ma un maglioncino verde scuro che si abbina ai suoi occhi con un paio di pantaloni neri semplici. Per stasera si è rifiutato categoricamente di indossare l'uniforme, non vuole che sua madre lo veda così. "Sei bellissimo." "Anche tu." Rimaniamo fermi l'uno davanti all'altra ancora per qualche minuto, ma dopo gli afferro la mano per portarlo di sotto, tra non molto arriveranno i suoi genitori e la casa è un disastro, quindi lo supplico di aiutarmi a rimettere a posto. "Non dobbiamo essere tristi amore, è Natale anche se siamo in guerra. Tra poco i tuoi saranno qui e siccome non voglio fare una brutta figura con i miei suoceri è meglio che tu mi dia una mano. Altrimenti riporterò al tuo maggiore che non hai risposto ai miei ordini." Incrocio le braccia al petto e lo guardo con occhi inflessibili, ma invece di ottenere dei risultati ottengo solo una grossa risata da parte sua. "Sìsì certo, vai pure ti aspetto qui" mi dice tutto divertito incrociando le braccia a sua volta. "Smettila di prendermi in giro." "Ma non ti sto prendendo in giro, meine Liebe, non lo farei mai." Sì certo, come no. Gli do le spalle facendo la finta offesa e comincio a sistemare il salotto, fino a quando Alexander non mi intrappola fra le sue braccia. "Sei proprio tremenda, e comunque si dice obbedire agli ordini, non rispondere" sussurra al mio orecchio, mi bacia il collo e poi mi lascia bruscamente per andare in cucina a sistemare i piatti. Vedere un ufficiale tedesco sistemare la cucina come un bravo casalingo è veramente divertente. All'improvviso, come un uragano, i miei genitori aprono la porta di casa tutti trafelati e coperti di neve. "Clara, tesoro, aiutami a sistemare il cibo che si sta facendo tardi, dobbiamo cominciare a preparare la cena. Alexander i tuoi genitori tra quanto arrivano?" Mia mamma è più agitata di me, sta mettendo via la spesa e contemporaneamente si sta togliendo cappotto, cappello e sciarpa. Io, mio padre e Alexander la stiamo guardando un po' perplessi, forse ho capito da chi ho preso l'agitazione per ogni cosa che mi capita nella vita! "In realtà io e Clara fra dieci minuti dovremmo andare alla stazione, quindi arriveranno fra poco." Vedo gli occhi di mia mamma spalancarsi mentre papà se la ride sotto ai baffi. "Come? Fra poco? Dobbiamo ancora preparare tutto!" "Mamma calmati, tra poco noi due andremo in stazione, poi li accompagneremo nella pensione così potranno sistemarsi, verranno qui solo per le 18:30. Quindi rilassati, va bene? Abbiamo tutto il tempo" dico cercando di calmarla, tutta questa situazione di sta facendo abbastanza divertente. "Va bene allora voi due andate. Tu, Gino, mi aiuterai perché non posso fare tutto da sola. È chiaro?" esclama mia mamma puntando il dito verso di lui. Papà alza le mani rassegnato, anche se provasse a rifiutarsi non ci riuscirebbe mai. Dopo dieci minuti io e Alexander afferriamo il cappotto per uscire fuori al freddo, diretti verso la stazione. Per tutto il tragitto nessuno dei due ha parlato, quella strada ci riporta a dei momenti che entrambi vorremmo dimenticare, si sentiva solo la neve scricchiolare sotto le nostre scarpe. Arrivati a destinazione ci sediamo su una panchina davanti al binario, in attesa dell'arrivo del treno. "Troppi brutti ricordi, vero tesoro?" mormora finalmente Alexander guardandomi. Ha il naso rosso così come le guance, i capelli sono nascosti sotto a un cappello di lana e vederlo così, senza la divisa, mi fa quasi piangere. "Sì soldato, troppi brutti ricordi. Ma sei qui adesso, e ti conviene rimanerci" dico con decisione sfregandomi le mani congelate, ovviamente non ho messo i guanti e adesso ne pago le conseguenze. "Non me ne vado, stai tranquilla – dice prendendomi le mani per sfregarle in modo da scaldarle – il tuo amico maggiore ha troppo bisogno di me qui." Lo guardo truce, non vuole proprio smetterla. "Smettila di prendermi in giro" dico in un sussurro avvicinandomi a lui. Alexander sorride mentre si avvicina le mie mani alla bocca per scaldarle con il suo respiro. "No che non la smetto, te lo scordi. Adesso vieni qui." Mi attira a sé per darmi un lungo bacio immersi nell'oscurità che si avvicina, ci siamo solo noi due in quella stazione la notte di Natale, tutti sono dentro le proprie case al caldo festeggiando come meglio si può questa festività. E poi ci siamo noi due, mezzi congelati in una stazione deserta a baciarci come se la guerra non ci fosse. "Sei nervoso?" gli chiedo sentendolo tremare sotto le mie mani. "Non direi nervoso, emozionato sì, tanto." Gli sorrido felice dandogli un bacio sulla fronte, poi mi accoccolo su di lui chiudendo gli occhi in quel silenzio quasi sacro. Il fischio del treno mi riporta alla realtà, come una molla Alexander si alza in piedi aspettando con ansia che il treno si fermi, mi metto dietro di lui prendendogli il braccio per accarezzarlo. So quanto questo momento sia importante per lui e voglio fargli sentire la mia vicinanza. "Danke Clara, se non fosse per te non saremmo qui" sussurra stringendomi forte la mano. "Io non ho fatto nulla, ho solo spedito una lettera." Con il fiato sospeso vediamo scendere due persone dal vagone, un uomo e una donna, si guardano intorno un po' spaesati ma quando i loro occhi si posano su noi due la donna si porta la mano alla bocca, e delle lacrime cominciano a scendere dai suoi occhi. Non c'è dubbio, è la mamma del mio soldato. Alexander si fa avanti, all'inizio lentamente poi quasi correndo, quando poi si trova davanti a sua madre non dice una sola parola, le parole in questi momenti servono a ben poco. Con slancio l'abbraccia forte mentre sua madre continua a piangere fra le braccia di suo figlio, il figlio che non vedeva da due anni. Vedere mio marito così emozionato mentre stringe sua madre mi fa piangere lacrime di gioia. Intorno a noi tutto tace, il buio è calato completamente rischiarato solamente dai lampioni della stazione, la neve cade nella notte più magica dell'anno. "Il mio bambino" sento sussurrare a Caterina, sua madre. Nonostante sia un soldato davanti agli occhi di tutti, lui rimarrà sempre il bambino di sua madre, questo per lei non cambierà mai. Dopo poco si staccano e finalmente arriva il turno del papà, padre e figlio uno davanti all'altra. Mi aspettavo che si abbracciassero subito invece no, rimangono uno davanti all'altra scrutandosi a vicenda. So che il loro rapporto era un po' complicato, è stato per volere del padre che Alexander diventasse un soldato e forse questo episodio ha sancito una crepa nella relazione padre e figlio. Ma siccome che nella notte di Natale tutto può succedere, l'uomo allunga una mano verso il viso di Alexander per accarezzargli una guancia. "Hallo, mein Sohn" mormora lui per poi stringerlo a sé come faceva quando era piccolo. Alexander non aspetta un secondo prima di abbracciare sua padre. "Vergib mir." Perdonami. Ecco l'unica parola che esce dalla bocca di Klaus, suo papà, e credo che Alexander non aspettasse altro. In quell'unica parola è racchiuso tutto il rammarico e il senso di colpa verso il figlio, forse non si è mai perdonato di averlo costretto ad arruolarsi, ma questo adesso sembra non importare più. All'improvviso anche Caterina si unisce a quell'abbraccio, io invece rimango indietro per lasciare a quella famiglia il tempo necessario per quell'incontro tanto atteso da tutti e tre. Mi asciugo le lacrime con le mani fredde come il ghiaccio, vorrei avvicinarmi ma non voglio interrompere questo momento bellissimo. Ma come se Alexander mi avesse letto nel pensiero, cosa che credo sia capace di fare, si gira verso di me tendendomi la mano, di colpo gli sguardi dei suoi genitori si posano su di me e nei loro volti vedo dei sorrisi di incoraggiamento. Mi dirigo verso di loro fino a quando non sono di fronte a me, il mio soldato mi avvicina a lui mettendomi un braccio intorno alla vita, per poi presentarmi a loro. "Mamma, papà, ecco mia moglie! Meine Clara" esclama orgoglioso. Timidamente allungo la mano prima verso Caterina, ma lei invece di stringerla mi abbraccia prendendomi alla sprovvista. "Tesoro! Finalmente ci conosciamo di persona, sei ancora più bella che in foto." Come sempre ringrazio il cielo del buio che nasconde il rossore delle mia guance, stringo a mia volta la madre di mio marito sentendomi subito a mio agio. "Komm schon! Verlass sie jetzt" mormora Klaus tirando per il braccio sua moglie. Lei ascolta le sue parole lasciandomi andare, successivamente mi rivolgo a lui, mi agita un po' di più rispetto a Caterina ma questa sensazione è del tutto infondata. Mi prende per le spalle e mi bacia le guance, per poi abbracciarmi anche lui. Eccolo il miracolo di Natale, io che finalmente abbraccio i miei suoceri, Alexander che finalmente rivede i suoi genitori. La guerra non può distruggere tutto, non avrà mai questo potere. "Grazie di amare mio figlio" sussurra Klaus al mio orecchio con un accento marcato. Ecco che le lacrime cominciano a uscire di nuovo, sciogliamo l'abbraccio per guardarci tutti e quattro. Alexander ha preso i lineamenti dalla madre, la quale però ha i capelli scuri, mentre il padre è biondo con gli occhi chiari. Il mio soldato è un miscuglio, e constatarlo vedendo i suoi genitori di persona è bellissimo. "È bellissimo incontrarvi, adesso vi accompagneremo alla pensione così... posso parlare in italiano?" chiedo guardando soprattutto Klaus, visto che la moglie è italiana. "Oh sì tesoro, mi manca sentire la mia lingua!" approva la donna. "Vedo che dai sempre molta parola a papà" dice ridendo Alexander guardando il padre. Lui scuote la testa facendoci ridere tutti. "Bene allora, vi accompagneremo alla pensione dove potrete sistemarvi, poi verrete a casa mia dove sarà pronta la cena e così conoscerete i miei genitori" dico tutta felice guardando Alexander. "Perfetto, grazie Clara." Iniziamo ad avviarci per sfuggire al freddo che sta diventando insopportabile, sono vicino ad Alexander mentre sua mamma è alla mia sinistra, Klaus invece è vicino a mio marito. "Wilkommen" esclamo per rompere il silenzio creatosi. Tutti e tre scoppiano a ridere, forse dal mio tedesco non propriamente perfetto, mentre Alexander mi bacia la tempia prendendomi la mano per infilarsela dentro alla tasca insieme alla sua. Sua madre mi prende a braccetto e tutti e quattro cominciamo a parlare del più e del meno, del loro viaggio, di come ci siamo conosciuti, solo un argomento non viene toccato: la guerra. Ad un tratto sento il padre sussurrare qualcosa in tedesco al figlio. "Sie ist wirklich schön, aber wo hast du es gefunden?" È davvero bella, ma dove l'hai trovata? Alexander si gira a guardarmi trovandomi ad origliare la loro conversazione, ma lui mi sorride e io ricambio lo sguardo d'amore che vela i suoi occhi. "Non sono io ad averla trovata, papà, è lei che ha trovato me."

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Ricordo che era AprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora