Clara
Rovereto, 29 Giugno 1945
Sto dormendo o sono sveglia? Sinceramente non lo so, non so più nulla ormai. Conosco solo il dolore, l'affanno, gli attacchi di panico quando mi sveglio e non lo vedo vicino a me. Mi fa male il cuore, il petto, il respiro, la testa e l'anima. Che io chiuda gli occhi o che io li tenga aperti vedo solo una cosa: sangue, lacrime, ospedale... Alexander. Chissà dov'è adesso, di certo non accanto a me. "Non dimenticarti di quei giorni di Giugno, i nostri giorni d'estate." Come un mantra questa frase mi rimbomba nella testa, cerco di tapparmi le orecchie per non dover sentire la sua voce rotta dal pianto, dalla paura e dalla morte. Ma ogni volta che respiro eccola che arriva come una pugnalata nello stomaco. Sto dormendo o sono sveglia? Il funerale si è tenuto in Germania, a Berlino, ci sono andata da sola nonostante i bombardamenti che stavano colpendo la città ormai caduta in mano all'Armata Rossa dell'Unione Sovietica, non potevo stare a casa mentre gente estranea seppelliva mio marito. Non potevo lasciarlo da solo, non l'ho mai fatto e non lo avrei fatto neanche in quel momento. Pensare che dovevamo andarci insieme a Berlino, finita la guerra. La sua Germania senza Hitler. Già, insieme, lui dentro la bara e io vicino a lui, alla fine ci siamo andati veramente insieme. Mi hanno ospitata i suoi genitori, appena me li sono ritrovata davanti alla stazione sono scoppiata a piangere, rivedevo il Natale appena trascorso, quel Natale in cui siamo stati uniti come una vera famiglia. Dopo il funerale in Germania, sono tornata a casa senza versare una lacrima, non sentivo più nulla, solo un vuoto incolmabile. I miei genitori, distrutti dal dolore anche loro, non riuscivano a guardarmi in faccia, appena entrata in camera nostra presa da una rabbia sovrumana ho cominciato a scaraventare a terra tutto quello che i miei occhi incontravano, per poi cadere a terra in preda a un pianto incessante. Aggrappata a mio papà ho buttato fuori tutta la rabbia e tutto il dolore che mi portavo dentro dal giorno del funerale. E ora eccomi qui, rannicchiata sotto le coperte nonostante sia Giugno perché il freddo che ho dentro mi fa tremare, cerco di stare il più possibile lontana dal cuscino dove dormiva lui perché sentire il suo profumo senza vederlo lì, addormentato come un bambino, mi uccide. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, ancora e ancora, ma all'improvviso sento una mano accarezzarmi i capelli dolcemente e una voce che mi chiama ad aprire gli occhi. "Clara! Clara svegliati." Apro gli occhi sussultando, allora forse stavo dormendo, la testa mi scoppia così mi siedo stropicciandomi gli occhi. La stanza è al buio, solo la flebile luce della Luna penetra nella mia camera, ora che la guerra è finita hanno tolto il coprifuoco e le finestre possiamo lasciarle aperte. La sensazione di aver sentito una voce si affievolisce, quante volte mi è parso di sentire la voce di Alexander parlarmi nella notte, ma abbassando lo sguardo noto una mano con la fede al dito poggiata sulla mia gamba. Resto a fissare quella mano grande ma comincio a scuotere la testa per togliere quell'immagine, sarà un'allucinazione, adesso comincio anche ad avere delle allucinazioni, ma due grandi mani mi afferrano il viso alzandolo e davanti a me vedo Alexander. "No, no non è possibile" sussurro mentre comincio a sentire il mio respiro mancare. Mi sveglio completamente e mi ritrovo davanti il suo bellissimo viso, i suoi occhi verdi che mi scrutano e mi guardano commossi. "Tu non sei reale, non puoi essere reale, sei morto" ripeto come una nenia mentre scuoto la testa da una parte all'altra. Non riesco ad alzare lo sguardo verso di lui, ho tanta paura, paura che possa scomparire, paura che possa essere solo un sogno, paura di vederlo morire di nuovo davanti a me. "Sono qui, guardami Clara." Eccola di nuovo, la sua voce che mi incita a guardarlo, per quanto sia difficile non posso che fare come dice lui. Lentamente alzo la testa ritrovando il mio bellissimo soldato davanti a me, bello come il sole, che mi sorride dolcemente. Anche dopo la morte il suo sorriso è sempre lì. Comincio a piangere mentre con una mano sfioro il suo viso. "Non ti abbattere amore mio, la mia anima è qui con te" mi sussurra dolcemente mentre le sue braccia mi portano la testa vicina al suo petto, sento il calore del suo corpo pervadermi ma con mio grande sgomento non sento battere il cuore. Ma il suo profumo sì che lo sento, lo stesso profumo che impregna il cuscino e il mio letto dove a stento riesco a dormire. "Alexander" mormoro con la voce incrinata dal pianto, era da dopo il funerale che non pronunciavo il suo nome, faceva troppo male. Alexander, il nome dell'amore. "Ja, non ti abbattere dobbiamo andare a Berlino insieme, ricordi?" Scuoto la testa per scacciare l'immagine della bara che ha cominciato a invadermi la mente. "No, no, basta non puoi essere reale" mormoro, con le mani mi sto aggrappando alla sua camicia e lo stringo così forte a me per cercare di tenerlo qui il più possibile, non voglio vederlo andare via un'altra volta. "Ricordi la notte del 23 Aprile, Clara?" La notte del 23 Aprile? "Ricorda come abbiamo fatto l'amore. Ricorda l'estate, ricordati di noi, non ti abbattere Clara." Inizio a sorridere fra le lacrime mentre le immagini della nostra ultima notte insieme riemergono da ricordi troppo dolorosi, troppo rumorosi. I ricordi non fanno rumore, non devono fare rumore. Mi solleva la testa in modo che io possa osservare lui e lui osservare me. Dentro di me so che questa sarà l'ultima volta in cui potrò vedere il suo viso. Fino alla prossima vita. "Baciami ancora una volta" sussurro. Le sue labbra raggiungono le mie, morbide e dolci come sempre, ma appena le sue labbra mi sfiorano ecco che all'improvviso apro gli occhi alzandomi di scatto dal letto. Allora non ero sveglia! Ed ecco che il respiro si fa corto, non respiro, i miei occhi guardano la stanza ma lui non c'è. Ma com'è possibile? Era qui davanti a me! "Non era reale, non era reale" comincio a mormorare nel pianto, mi abbraccio le ginocchia per cercare di reprimere il dolore.
Sì che sono reale, non dimenticare Clara.
La sua voce, è ancora la sua voce, viene dalla notte fuori dalla finestra aperta. Mi alzo a fatica con le gambe che non mi reggono, mi affaccio e per prendere aria ispiro l'aria fresca dell'estate.
Ricorda l'estate Clara.
Ancora la sua voce, le lacrime continuano a scorrere sulle mie guance, tremo dalla testa ai piedi. "Alexander, perché te ne sei andato, resta con me." Parlo alla Luna. Chiudo gli occhi sentendo un venticello scompigliarmi i capelli, un venticello che porta un profumo, il profumo del suo fiore preferito. È lui. Cosa mi aveva detto? Di ricordare la notte del 23 Aprile. Quella notte ci siamo amati senza staccare gli occhi l'uno dall'altra, come se l'Universo ci stesse dicendo: "Guardatevi mentre fate l'amore, è l'ultima notte che potete farlo. Fino alla prossima vita." Mi porto le mani alla testa cercando di regolare il respiro, era solo un sogno, solo un maledetto sogno. Ma in quel sogno l'ho rivisto, ho potuto toccarlo di nuovo, ho potuto baciarlo per l'ultima volta. Schlafe ich oder bin ich wach?
Sei sveglia amore mio, ma quando dormirai ti raggiungerò nei sogni, quindi chiudi gli occhi e aspettami, perché i ricordi non fanno rumore. Aspettami Clara, mio bene più prezioso, moglie mia, mia cosa bella, mio fiore più bello io ti aspetto qui, nei nostri giorni d'estate dove rimarremmo insieme per sempre.
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Ricordo che era Aprile
General FictionRovereto, 1940 La guerra è appena scoppiata in Italia, il mondo è in guerra, ma Clara, una ragazza di sedici anni, si augura che nel suo paese fra le montagne la sua quotidianità non cambi. In cuor suo spera che la vita, la vita che conosceva fino a...