PROLOGO

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Disclaimer | La seguente storia non è stata scritta a scopo di lucro e i personaggi realmente esistenti in essa citati non mi appartengono. Rifletteteci, se Fernando Alonso mi appartenesse sentirei il bisogno di scrivere fanfictions su di lui? Ecco, appunto.



Prologo

Life is a highway

I wanna ride it all night long.

§ Rascal Flatts - Life is a highway

Austin, Texas

Ottobre 2023


Il circuito è un posto strano, la notte che precede una gara. Fu questo il pensiero che attraversò la mente di Alba mentre a tarda sera percorreva la pit lane deserta. Silenziosa come un cimitero, sgombra come una città fantasma, la lunga striscia d'asfalto si estendeva davanti ai suoi piedi simile a un tappeto di sogni infranti. L'impianto di illuminazione ancora acceso gettava lunghe ombre sull'asfalto nuovo, aiutandola nella ricerca forsennata che l'aveva condotta così lontano dall'albergo. Aveva cercato Fernando in camera sua, in palestra, al centro benessere, nella hall, persino in un paio di sgabuzzini delle scope, fino a quando aveva avuto l'idea di poterlo trovare in un posto forse più congeniale. Avvicinandosi al box della Aston Martin scoprì di aver avuto un'ottima intuizione, pur se non si sarebbe mai aspettata di trovarsi davanti una scena simile: davanti al garage sigillato, sulla porzione d'asfalto dedicata alle soste tecniche, Fernando se ne stava seduto sopra una sedia da giardino. Sbatté le palpebre per mettere meglio a fuoco la scena: una sedia di plastica bianca, una banalissima sedia pieghevole di quelle che si portano in giardino per un barbecue con gli amici, e sopra quella sedia il fondoschiena di uno che aveva vinto per ben due volte il campionato del mondo. «Dimmi che ho battuto la testa e sto avendo le allucinazioni, ti prego» sospirò.

Fernando, che se ne stava seduto a occhi chiusi in religioso silenzio con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani giunte davanti al viso, alzò appena un dito come per chiederle di fare silenzio. Nemmeno mi parla, adesso? Alba inclinò la testa, osservando l'immagine nel suo insieme per capire che cosa diavolo stesse accadendo. Trascorso un lunghissimo minuto, Fernando raddrizzò la schiena e si voltò a guardarla, regalandole uno dei suoi sorrisi migliori. «Scusa, dovevo finire.»

«Finire... cosa? Sembrava stessi pregando.»

«Pregare... io? Non credo nemmeno in Dio, lo sai. No, io... io stavo ascoltando la macchina» aggiunse in tono tranquillo, neanche stesse commentando il tempo.

«Stavi ascoltando la macchina?» ripeté la donna, per nulla sicura di quanto aveva sentito.

Fernando piegò un angolo della bocca in un sorriso divertito, alzandosi dalla sedia con estrema lentezza. «Mi conosci da dieci anni, lo sai che sono un tipo un po' strano.» Allungò le braccia sopra la testa, stiracchiando i muscoli. «Lo faccio sempre, prima di una gara difficile. Mi fermo più tempo al circuito per sentire quello che l'auto ha da dirmi.»

«E funziona? Voglio dire, l'auto ti... ti dice qualcosa, oppure qualche volta preferisce mandarti una e-mail?»

«Non prendermi in giro, lo sai che tutto quello che faccio di solito ha un senso, no? E comunque sì, l'auto mi dice delle cose. Succede tutte le volte. Non sempre quello che ha da dire mi piace, ma non sono io a scegliere le risposte» aggiunse, piegando la sedia per appoggiarla alla serranda chiusa del garage. «Ti stai chiedendo se me la sono portata da casa, dico bene?» disse ancora, notando che non riusciva a staccare lo sguardo dall'oggetto. «I ragazzi me l'hanno regalata lo scorso mese. Una volta mi sedevo per terra, ma visto che l'età avanza...» Lasciò la frase in sospeso, spingendo a fondo le mani nelle tasche mentre si prendeva un minuto per osservarla. «Che ci fai qui, a proposito? Credevo fossi già rientrata in albergo.»

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