14. Meli

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L'imbarazzo tra Meli e Kayl era talmente denso che avrebbe potuto tagliarlo con un coltello. Era venuto a prenderla con la sua macchina sotto casa e insieme si erano diretti verso la piazza, in uno dei numerosi ristoranti dell'isola. Maui non era molto grande ma contava decine di chioschi, pizzerie e locali etnici. Il posto che aveva scelto era molto bello e elegante (probabilmente glielo aveva suggerito sua madre, Kayl era più il tipo da un kebab e una birra con gli amici) ma a Meli trasmetteva... tristezza. La sala era asettica, con pochi tavoli e scarsa illuminazione, e il menù conteneva come minimo cinque piatti diversi e tutti troppo elaborati. Kayl stava parlando del suo ultimo incontro di surf nel vano tentativo di sciogliere la tensione. In altre circostanze Meli sarebbe stata felice di ascoltarlo, dopotutto era un suo vecchio amico. Si conoscevano da quando erano nati e fu il suo primo amico. Fino alle medie lui, lei e Madison erano inseparabili poi,con il liceo,le cose si complicarono. Cominciò a uscire con dei compagni della squadra di nuoto e a passare molto tempo con loro, ritagliandosi poco tempo da passare con Meli e Madison. Per un periodo smisero di vedersi limitandosi agli SMS e a qualche breve videochat. Strano ma vero fu il bigliardino a riunirli. Quando erano più piccoli Kayl tentava sempre di insegnarle a giocare a calcio ma Meli, dopo essersi quasi rotta il naso cercando di parare un colpo, rinunciò definitivamente. - Guarda, con questo non puoi farti male - le disse Kayl un pomeriggio al chiosco quando, curiosa, si era avvicinata per osservare. Da allora non solo avevano recuperato la loro amicizia ma, con grande stupore di tutti, era diventata una giocatrice imbattibile. Ai tornei si faceva a gara per decidere in che squadra dovesse giocare. E la maggior parte delle volte era in quella di Kayl. Meli sorrise al ricordo, giocherellando distrattamente con un lembo della tovaglia elegante. - Vieni - Meli alzò il viso confusa. Non si era accorta che Kayl si era alzato facendole cenno di seguirlo fuori dal ristorante. I due uscirono sotto le occhiate di disappunto del cameriere, incamminandosi per le vie della piazza. - Che succede? - domandò Meli all'amico, accelerando per stare al suo passo. Kayl si passò una mano tra i ricci disordinati, pettinandoli all'indietro per mettere in mostra le rasature laterali. Delle onde e piccoli motivi maori erano disegnati sui capelli rasati con della tinta nera. - Mio Dio! - esclamò Meli - Sono bellissimi, quando li hai fatti? - Kayl ridacchiò - Ieri, mia madre ancora non li ha visti fortunatamente - arrotolò le maniche della camicia sopra i gomiti, un pezzo del tatuaggio sul braccio spuntò da sotto il tessuto. La maggior parte degli abitanti erano di origine maori per questo non era raro incontrare un ragazzo con vistosi tatuaggi o ragazze dai capelli lunghissimi. Era tradizione che dopo i diciotto anni i ragazzi si tatuassero il viso come passaggio all'età adulta. Ma Kayl aveva preferito farlo sul braccio, come simbolo di forza, e utilizzando l'antica tecnica moko whakairo. Erano in pochissimi i tatuatori a utilizzarla ancora, anche perché era estremamente dolorosa: la pelle veniva scalfita da scalpelli di metallo e successivamente, le ferite venivano ricoperte di pignoramento scuro. Meli aveva provato a dissuaderlo ma Kayl era testardo, ripetendo con convinzione che il suo primo tatuaggio doveva essere come quello degli antichi guerrieri. È completamente pazzo, aveva pensato Meli per tutta la durata del tatuaggio, cercando di non vomitare davanti al sangue. Kayl aveva stretto i denti e non si era lamentato nemmeno per un secondo. Questo rendeva Meli decisamente orgogliosa (anche se non gli lo dirà mai, altrimenti si monterebbe ancora di più la testa). Anche se all'inizio era scettica doveva ammettere che il tatuaggio era venuto benissimo: rappresentava un'aquila circondata da lingue di fuoco e raggi solari, un chiaro riferimento allo spirito libero e spericolato di Kayl. - Dove stiamo andando? - domandò Meli. - È una sorpresa. Aspettami qui torno subito - Kayl la fece sedere su una panchina al centro della piazza prima di scomparire in mezzo alla rada folla di gente che passeggiavano. Tra loro Meli individuò un paio di turisti e qualche gruppo di adolescenti che parlavano a gran voce. Le sembrò di intravedere le trecce di Kim uscire da un chiosco messicano prima di perdersi in uno dei gruppi. Meli sospirò tristemente: il sorriso di Kim le mancava almeno quanto le mancava Henry. Non parlava con loro da quasi una settimana, schiacciata dai sensi di colpa e dalle aspettative di sua madre, non aveva avuto il coraggio di andare a parlargli. Temeva che se avesse incrociato i bellissimi occhioni di Henry sarebbe scoppiata a piangere. Dio, le piaceva così tanto, desiderava solo stare con lui! Con la punta delle dita sfiorò la collana di conchiglie che le aveva regalato quel giorno, ripensando a l'intensità del suo sguardo mentre lei apriva il regalo. Non se la toglieva mai, lasciando che le conchiglie pendolassero sul suo cuore. Si pentiva di non averlo baciato quel giorno. La verità era che aveva avuto paura. Non era mai stata impulsiva e normalmente rifletteva per ore sullo stesso argomento. Lasciò vagare la mente tra i loro pochi ricordi: quel primo sorriso al chiosco, al bacio mancato, a quando lui le aveva ceduto il suo letto, al modo in cui le sue mani le stringevano il busto... quanto avrebbe voluto sentirle sulla pelle, decise e delicate. Quanto avrebbe voluto baciare ogni centimetro della sua pelle, passare le mani sui muscoli sentendoli contrarsi per il piacere sotto le sue dita. Meli sussultò all'improvvisa svolta pornografica. Ridacchiò davanti all'imbarazzo per i suoi stessi pensieri, scuotendo la testa cercando, invano, di scacciare l'immagine di lui sopra di lei avvinghiati in un passionale abbraccio. Anche lì i suoi occhi erano gentili. - A chi pensi?- Meli sobbalzò all'improvvisa domanda (dal tono "vagamente" malizioso) dell'amico. Non si era accorta che era tornato e che si era seduto accanto a lei. - A nessuno - rispose, accettando il cartone della pizza da asporto che Kayl le porgeva. Lui alzò un sopracciglio scettico - A meno che non volessi scoparti Ulisse stavi chiaramente pensando a qualcuno e anche di abbastanza sexy a giudicare dalla tua espressione - ridacchiò, addentando una fetta di pizza. Meli arrossì colpendolgli la spalla con il pugno - Cretino - borbottò imbarazzata. Mangiarono in silenzio per un po' prima che Meli sospirasse, decidendo di raccontargli la situazione. Chissà, magari Kayl si sarebbe rivelato più saggio di quello che dimostrava. - Si chiama Henry - quando pronunciò il suo nome sentì il suo cuore sciogliersi come burro su pane caldo. Non lo diceva ad alta voce da tanto tempo, aveva quasi dimenticato la piacevole sensazione che le procurava. - È uno di quelli nuovi, lo spilungone? - chiese Kayl, terminando di divorare la sua pizza. Meli annuì. - Credo di averlo visto in spiaggia con Madison e altre due ragazze, sai una riccia e uno Spidey Gonzalez al femminile. Dio, quella ragazzina non si ferma mai? - scherzò Kayl, un sorrisetto divertito gli adornava il viso. - Sono le sue sorelle, Claire e Kim. Kim è un piccolo tornado oltre ad essere dolcissima! - esclamò teneramente Meli prima di essere assalita dalla malinconia: Kim sembrava odiarla e, sinceramente, al suo posto avrebbe fatto lo stesso. - Bè, è abbastanza carino. Ovviamente non quanto il sottoscritto - rise Kayl flettendo i muscoli. Meli alzò gli occhi al cielo senza, però, riuscire a nascondere un sorrisetto. - Vediamo: è attraente, sembra un bravo ragazzo, sicuramente intelligente...- cominciò a elencare Kayl, tenendo il conto con le dita - Io me lo farei - concluse dopo una breve riflessione, guadagnandosi un'occhiataccia da Meli. - Non è questo il problema - sospirò Meli, tenendo gli occhi fissi su i suoi sandali preferiti. Quelli dorati che aveva indossato quando era uscita per la prima volta con Claire. Del dopo serata ricordava il viaggio in macchina e di essersi appisolata, senza riuscire ad addormentarsi. Quando fu il suo turno di essere presa in braccio da Henry era sveglia e cosciente. La sensazione di protezione che provò tra le sue braccia era marchiata a fuoco nella sua mente. - Pensi troppo - disse Kayl, riportandola alla realtà - È facile da dire per te - sbuffò Meli, gettando qualche crosta di pizza ai gabbiani che vagavano per la piazza. Si gettarono sulle croste in un turbine di garriti e piume, contendendosi l'ardito premio. - Sono un'idiota impulsivo, lo ammetto, ma ci sono delle cose che mi spaventano - ammise Kayl leggermente imbarazzato - Sai cosa faccio? Conto fino a tre - Meli alzò un sopracciglio - Conti? - domandò scettica. Kayl fece quel sorriso storto da piantagrane che lo distingueva fin da quando era piccolo - Sì, perché altrimenti comincio a pensare e alla fine rinuncio. Carpe Diem, vivi l'attimo! -
- Cogli l'attimo - lo correse Meli. Era ancora abbastanza scettica riguardo il suo consiglio ma, doveva ammetterlo, aveva un senso. - È uguale! - esclamò Kayl balzando in piedi e prendendola per mano, trascinandola per la piazza. Meli accelerò per evitare di cadere. - Cosa stai facendo idiota? - gridò Meli - L'hai detto tu, cogli l'attimo! - rispose Kayl, gli occhi blu luccicanti di divertimento. Meli non capì cosa intendeva finché non raggiunsero l'auto.

Kayl la lasciò nel vialetto della casa di Henry, dovendo poi trascinarla davanti alla porta d'ingresso. - Non posso farlo - gemette Meli guardando disperata l'amico. - Cogli l'attimo - ripetè Kayl prima di bussare alla porta e scappare via. Meli inveì silenziosamente contro di lui che, veloce con un lampo, salì in macchina e se ne andò. Meli si guardò nervosamente intorno, mentre passi lenti risuonavano da dentro la casa. La Jeep non era nel vialetto, forse Henry era uscito e Claire o Kim le avrebbero aperto. Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa ci faceva lì dopo aver massacrato il cuore del loro fratello maggiore? La porta si spalancò rivelando una figura allampanata che conosceva fin troppo bene. - Ciao - la salutò Henry, la voce appena roca, doveva essersi appena svegliato. - Ciao - ricambiò il saluto Meli, cercando di apparire sicura. Sfortunatamente davanti al suo viso triste il suo cuore era sprofondato nel senso di colpa. Meli aveva trascorso tutto il viaggio dalla piazza a lì a rimuginare su cosa avrebbe dovuto dire, si era perfino preparata un discorso. Ma le parole non avrebbero mai potuto descrivere cosa provava ora che lo aveva davanti. Henry si schiarì la gola - Com'è andato il tuo appuntamento? - balbettò tenendo il viso basso, senza osare incontrare i suoi occhi. Il tramonto si rifletteva sulle lenti degli occhiali donandogli una luce quasi eterea. - Una merda - rispose istintivamente, ridacchiando al modo in cui Henry alzò la testa di colpo. - Lui era davvero così orribile? - domandò scherzosamente. Cercò di sembrare disinteressato ma Meli lesse nei suoi occhi una scintilla di speranza. - No, era perfetto - gli occhi di Henry si oscurarono nuovamente davanti alla sua risposta. Meli gli afferrò il viso con entrambe le mani, costringendolo a guardarla negli occhi. - Ma non eri tu - sussurrò a un centimetro dal suo viso. Henry spalancò gli occhi, mille emozioni contrastanti galleggiavano nelle iridi scure. Meli contò mentalmente fino a tre e, alzandosi in punta di piedi, lo baciò. Henry le strinse la vita ricambiando il bacio. Fu meraviglioso: a tratti lento e teneramente inesperto, altri talmente passionali da farle perdere il fiato. - Sei l'unico che voglio - confessò Meli, guardandolo intensamente negli occhi. - Dillo di nuovo - mormorò Henry lasciando scorrere le mani dai fianchi lungo il resto del corpo, fino a raggiungere l'orlo della gonna a tubino. Meli ridacchiò maliziosamente, baciandogli brevemente le labbra - Sei l'unico che voglio - ripeté più lentamente, enfatizzando la frase con un sorrisetto provocatorio. Henry la baciò nuovamente, stavolta con più enfasi. Tuttavia, Meli lo sentì sorridere sulle sue labbra.

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